Cosa vuol dire “esimere”
Non significa né dare né pretendere, come pensano certi: significa liberare qualcuno da un obbligo o una responsabilità
di Massimo Arcangeli
Esimere qualcuno dal fare qualcosa può voler dire liberarlo da un obbligo, un’imposizione, un vincolo, un dovere; sottrarlo a un compito, una mansione, un pericolo; risparmiargli una fatica o un fastidio; sgravarlo del peso di una responsabilità.
Tre pronti sinonimi di esimere sono dispensare, esonerare, esentare. Quest’ultimo è legato a esimere da un rapporto più stretto: è un derivato di esente, la cui origine è il latino exemptus (“tratto fuori”), participio passato del verbo (eximere) da cui si è sviluppato esimere. Il latino eximere, composto di ex (“da, fuori”) ed emere (“trarre, prendere”), è da intendere, in senso proprio o letterale, come “prendere da”, “prendere da parte (o in disparte)”; la gamma dei suoi significati comprendeva “estrarre”, “separare”, “rimuovere”, “cancellare”, e la sua ampiezza di senso era dunque notevole: procedeva dalla positività di una liberazione (da un tributo, un assedio, una condizione di prigionia, ecc.) alla negatività di un’esclusione.
La radice di eximere è la stessa di eximius, evolutosi dal significato di “preso da parte” a quello di “insigne, egregio, eccellente”. Qui il processo di trasformazione semantica è del tutto trasparente: prendere da parte una persona, e dunque separarla da una massa indistinta di altre persone, la fa risaltare, la fa ritenere fuori dell’ordinario e, alla fine, può farla brillare o eccellere. Quella massa, in egregio, diventa un gruppo di ovini. Chi è egregius, se guardiamo anche qui all’etimologia – la parola è un composto di e (“fuori”) e grex, gregis (“gregge’) – svetta sul branco dei “pecoroni” che non alzano mai la testa, non reagiscono ai soprusi, accettano supini le opinioni dominanti e si sottomettono al potere del più forte.
Ben 126 su 196 matricole universitarie non hanno saputo fornire nessun sinonimo di esimere. Sono riusciti a far peggio solo quelli che non hanno saputo indicarne per pusillanime (133), indigente (140), nugolo (146), morigerato (153), abulico (158), coacervo (172), ondivago (186). Le voci sottoposte agli studenti erano in numero di trenta, e fra i sinonimi di esimere c’erano pretendere (tre casi): «Io esimo spiegazioni»; dedurre (due casi): «Devi esimerlo da quel testo»; dare (un caso): «Vorrei esimere le dimissioni».
Alla vigilia del Festival “Parole in cammino” che si è tenuto ad aprile a Siena, il suo direttore Massimo Arcangeli – linguista e critico letterario – ha raccontato pubblicamente le difficoltà che hanno i suoi studenti dell’università di Cagliari con molte parole della lingua italiana appena un po’ più rare ed elaborate, riflettendo su come queste difficoltà si estendano oggi a molti, in un impoverimento generale della capacità di uso della lingua. Il Post ha quindi proposto ad Arcangeli di prendere quella lista di parole usata nei suoi corsi, e spiegarne in breve il significato e più estesamente la storia e le implicazioni: una al giorno.