Il primo vaccino per la malaria in Africa
Dal 2018 sarà avviata la sperimentazione in Ghana, Kenya e Malawi: secondo l'OMS potrebbe salvare migliaia di vite, ma ci sono diverse complicazioni
Il primo vaccino contro la malaria sarà utilizzato a partire dal prossimo anno in Ghana, Kenya e Malawi. L’iniziativa è la prima su larga scala in cui è previsto l’utilizzo dell’RTS,S, un vaccino contro la malaria realizzato dall’azienda farmaceutica britannica GlaxoSmithKline (GSK) e che ha richiesto più di 25 anni di sviluppo, reso possibile in parte grazie ai finanziamenti della Bill and Melinda Gates Foundation, l’organizzazione messa in piedi dal cofondatore di Microsoft insieme con la moglie. L’RTS,S ha la capacità di rendere il sistema immunitario più reattivo al parassita che causa la malaria, malattia diffusa dal morso di alcune specie di zanzare.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che ogni anno circa 200 milioni di persone siano contagiate ed entrino in contatto con la malaria. Se trattato subito, un paziente riesce a guarire senza particolari problemi, evitandosi le complicazioni causate dalla malattia, ma in molte aree rurali dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina (dove la malattia è più diffusa) è spesso impossibile ricevere cure adeguate. Solo nel 2015 a causa della malaria si stima che siano morte circa 430mila persone in tutto il mondo. La prima forma di prevenzione passa attraverso il controllo delle popolazioni di zanzare, per ridurre sensibilmente il loro numero in prossimità delle zone più popolate. Un vaccino davvero efficace somministrato su ampia scala potrebbe contribuire a far diminuire i casi di malaria, ma finora il suo sviluppo è stato complesso nonostante l’interesse e gli enormi investimenti di molte aziende farmaceutiche e centri di ricerca, pubblici e privati.
Secondo l’OMS, l’RTS,S ha le potenzialità per salvare decine di migliaia di vite ogni anno, ma ci sono dubbi sul fatto che possa essere utilizzato efficacemente in alcune delle parti più povere del mondo. Per essere efficace e offrire una copertura sufficiente, il vaccino deve essere somministrato quattro volte: una al mese per tre mesi e una quarta dopo 18 mesi. In un ambiente controllato. come una clinica, la somministrazione può essere effettuata con i giusti intervalli di tempo senza particolari problemi, ma le cose cambiano notevolmente in contesti più difficili da tenere sotto controllo, come quelli dei remoti villaggi africani. Monitorare i pazienti, assicurarsi che si presentino per tutte e quattro le somministrazioni e che seguano le indicazioni dei medici è molto difficile, sia per motivi pratici sia culturali. Le popolazioni spesso non hanno idea di quali siano le effettive cause della malaria, né i sistemi più appropriati per trattarla.
Sono proprio queste incertezze ad avere spinto l’OMS ad avviare tre progetti pilota negli stati africani del Ghana, del Kenya e del Malawi. Medici e ricercatori cercheranno, per quanto possibile, di mantenere un ambiente controllato sul campo e di verificare l’efficacia dei vaccini, valutando eventuali reazioni avverse al farmaco. Il progetto interesserà circa 750mila bambini tra i 5 e i 17 mesi: metà di loro riceverà il vaccino per verificarne l’efficacia, mentre il resto farà da gruppo di controllo.
L’RTS,S è un passo avanti importante, ma non definitivo: nei test clinici condotti finora ha consentito di prevenire circa 4 su 10 contagi da malaria. È una media piuttosto bassa se confrontata con vaccini per altre malattie, che arrivano a offrire una copertura di oltre il 98 per cento. In compenso, l’RTS,S rende di un terzo meno probabili i casi di malaria più gravi, riducendo le necessità di ricovero per i bambini che contraggono la malattia e che soffrono di complicazioni, talvolta letali. Il problema è che per ottenere questi risultati è essenziale che ogni paziente riceva tutte e quattro le dosi e con gli intervalli di tempo previsti dai ricercatori.
I governi di Kenya, Ghana e Malawi decideranno autonomamente come gestire i tre progetti pilota per le vaccinazioni, ma ci sarà comunque un coordinamento da parte dell’OMS e di altre organizzazioni sanitarie.
Altre aziende farmaceutiche sono al lavoro per produrre un loro vaccino, ma per ora non hanno ottenuto risultati così incoraggianti. Molto dipende dall’approccio che viene seguito per debellare i parassiti: alcuni ricercatori si concentrano sulle proteine che si trovano sulla superficie di ogni parassita, e che potrebbero dare la chiave per fermarlo, altri cercano di innescare particolari reazioni nel nostro sistema immunitario per rendere innocui i parassiti. Altre tecniche passano attraverso sistemi per far diminuire la popolazione di zanzare, il vettore della malattia. Nei prossimi anni nel Burkina Faso sarà condotto un esperimento su larga scala, e con pochi precedenti, per introdurre zanzare geneticamente modificate allo scopo di ridurre la popolazione di questi insetti.