Il problematico predecessore degli aerei moderni
Il Comet fu il primo aereo di linea e negli anni Cinquanta sembrava arrivare dal futuro: poi cominciò a esplodere in volo
Nel luglio del 1949, in un paese a 40 chilometri a nord di Londra, l’azienda aeronautica britannica de Havilland presentò il suo primo aereo di linea, il Comet. Sembrava arrivare dal futuro, con la sua patina lucente, i quattro motori turbogetto inseriti nelle ali e gli ampi finestrini quadrati per i passeggeri, che per l’epoca erano una novità. Il Comet fu un aereo rivoluzionario, che introdusse novità importanti nel design degli aerei, riconosciute ancora oggi. C’era un unico problema: non era fatto per reggere voli di linea.
(Topical Press Agency/Getty Images)
La storia del modello Comet è stata ricostruita recentemente da BBC in un lungo articolo della sua sezione Future. BBC spiega che le premesse con cui fu presentato lo rendevano molto diverso dagli aerei di linea di allora. Negli anni appena successivi alla Seconda guerra mondiale, i voli commerciali di linea erano ancora poco diffusi, a causa di due fattori: costavano moltissimo, ed erano fondamentalmente scomodi. I modelli usati per questi voli erano spesso bombardieri o aerei adibiti originariamente al trasporto merci, e adattati al traffico passeggeri. Gli interni erano poco curati, e il viaggio era spesso problematico perché i motori a pistone e l’assenza di un sistema di pressurizzazione della cabina impedivano di volare al di sopra delle nuvole, ed evitare così i fenomeni meteorologici come i temporali.
Il Comet si proponeva di risolvere questi problemi: i quattro motori a turbogetto consentivano di volare molto più in alto degli altri aerei, permettendo un viaggio più tranquillo. La cabina pressurizzata e progettata da esperti di design rendeva il volo persino piacevole, e molto simile all’esperienza di salire su un aereo moderno. A bordo, dove c’era posto per 36 passeggeri, si poteva pranzare, osservare fuori dal finestrino o riposare approfittando dell’ampio spazio riservato a ogni sedile.
Una hostess serve un pranzo a una passeggera su un aereo Comet, 21 aprile 1952 (PNA Rota/Getty Images)
«Sembra moderno ancora oggi», ha spiegato il direttore del de Havilland Aircraft Museum di Londra, Alistair Hodgson: «era pulito e aerodinamico, e sembrava che potesse scivolare perfettamente sull’aria. […] C’è un vecchio detto nell’industria aeronautica: se un aereo sembra a posto, volerà bene. Era il Concorde dei suoi tempi: volava più in alto, più veloce e più agilmente di ogni altro aereo commerciale, e rese tutto il resto obsoleto».
L’interno della cabina di pilotaggio del Comet(PNA Rota/Getty Images)
Dopo due anni di test, il Comet fu pronto per il suo primo volo commerciale, programmato per sabato 2 maggio 1952. In un articolo di qualche anno fa, lo Smithsonian Magazine ha raccontato come andò quel giorno.
A bordo c’erano 36 passeggeri, sei membri dell’equipaggio e 30 sacchi di posta. Ai comandi del Comet, il capitano della compagnia British Overseas Airways (BOAC) Michael Majendie indirizzò l’aereo verso Roma, la prima di cinque tappe nel viaggio di 10.821 chilometri fino a Johannesburg, in Sudafrica. Il Comet accelerò fino un’altezza di crociera di 10.000 metri a 740 chilometri orari, oltre 160 chilometri orari più veloce dell’aereo di linea più rapido di allora. Improvvisamente, il mondo era un posto più piccolo.
Meno di 24 ore dopo, migliaia di spettatori circondarono l’aeroporto di Johannesburg mentre il Comet – registrato come G-ALYP, soprannominato “Yoke Peter” per via delle scorciatoie fonetiche in uso allora nel Regno Unito (George-Able-Love-Yoke-Peter) – sfrecciò nel campo visivo. Il capitano R. C. Alabaster, che aveva preso i comandi dell’aereo da Khartoum, in Sudan, ricorda la scena in maniera molto vivida: “Fu strano vedere tutte quelle persone e quelle auto bloccare le strade, mentre giravamo intorno all’aeroporto: pensammo che fosse un giorno molto trafficato. Solo dopo che atterrammo capimmo che quelle persone erano lì per vederci arrivare”.
Anche all’interno della cabina passeggeri, il volo andò alla grande: BBC scrive che i passeggeri descrissero un viaggio «molto liscio, con un servizio eccellente e pasti presentati meravigliosamente». Durante il suo primo anno di voli, i modelli Comet volarono per 167 milioni di chilometri, trasportando 28mila passeggeri.
Il 26 ottobre 1952 Peter Duffey, un pilota della BOAC, stava bevendo del vino nel terminal dell’aeroporto di Roma; aveva appena guidato un aereo Comet da Beirut, in Libano. Parlando con BBC, ha raccontato di aver guardato fuori dalla finestra per osservare l’aereo ripartire per Londra. Qualcosa andò storto: «vedemmo che aveva oltrepassato la pista di decollo, e ci precipitammo sul posto con una jeep. L’aereo era fermo e sibilava: il serbatoio era squarciato, e c’era carburante ovunque». Tutti i 35 passeggeri e gli otto membri dell’equipaggio riuscirono a sopravvivere, e non ci fu nemmeno un ferito. La colpa dell’incidente fu data al pilota. Il 13 marzo 1953, qualche mese dopo, ci fu un incidente simile a Karachi, in Pakistan: l’aereo provò a decollare ma si schiantò contro una roccia. Morirono 11 persone. In giugno accadde un altro incidente simile a Dakar, in Senegal. A quel punto «noi piloti diventammo molto preoccupati», ha raccontato Duffey.
Due mesi dopo, un Comet della BOAC con 43 persone fra passeggeri e membri dell’equipaggio si distrusse a tremila metri di altezza quando incontrò un temporale, poco dopo essere decollato da Calcutta, in India. Ai piloti furono consegnate nuove istruzioni per il decollo, e furono leggermente modificate le ali dell’aereo. Il 10 gennaio 1954 ci fu un nuovo incidente: pochi minuti dopo essere decollato dall’aeroporto di Roma, un Comet esplose in aria e secondo alcuni testimoni precipitò in mare. Morirono 29 passeggeri e 6 membri dell’equipaggio. Scrive BBC: «tutti i Comet della BOAC e di Air France vennero immediatamente tenuti a terra, mentre i rottami venivano recuperati ed esaminati. Furono ordinate più di 50 modifiche ai modelli esistenti, ma nessuno fra gli investigatori riuscì a individuare la ragione degli incidenti».
La BOAC tenne una serie di incontri per decidere se far tornare in servizio i Comet una volta applicate le modifiche. Nell’ultimo incontro, i dirigenti di BOAC organizzarono una votazione finale per decidere se tornare a utilizzarli o meno: Duffey racconta di aver votato contro, perché preoccupato che le modifiche non avrebbero eliminato definitivamente i problemi tecnici che causavano gli incidenti. La mozione per far tornare in servizio i Comet vinse per un voto.
Tre mesi dopo l’incidente di Roma, successe di nuovo: un Comet della BOAC appena partito da Roma si disintegrò pochi minuti dopo il decollo mentre attraversava l’isola di Stromboli, in Sicilia, in direzione di Johannesburg. Morirono 14 passeggeri e 7 membri dell’equipaggio. «Per l’industria dell’epoca dovette essere un terremoto: tutti guardavano a de Havilland e al Regno Unito come a dei pionieri dei voli rapidi e confortevoli», ha raccontato Hodgston. Dopo il secondo incidente a Roma, tutti gli aerei Comet vennero nuovamente tenuti a terra in attesa di capire quale fosse il problema.
La Royal Aircraft Establishment (RAE), un centro studi del governo britannico, fu incaricato di studiare gli incidenti. Dato che era impossibile riprodurre gli effetti del volo ad alta quota in una normale simulazione, gli scienziati della RAE misero un Comet in un’enorme vasca d’acqua, in cui la pressione veniva artificialmente aumentata o ridotta per simulare le condizioni in volo. Dopo l’equivalente di novemila ore di volo, scrive BBC, «si ruppe il metallo vicino a una delle finestre, e la fusoliera venne squarciata». Il guasto avvenuto nella vasca riguardava i due principali errori di progettazione del Comet, come ha spiegato Hodgson: «Il primo aveva a che fare col modo in cui era costruito: la superficie di metallo, la “pelle” dell’aereo, fu costruita quanto più sottile possibile per risparmiare peso. Il problema è che il Comet viaggiava ad altissima quota, cosa che rendeva necessario che la cabina fosse pressurizzata affinché i passeggeri potessero respirare. Il Comet era come un palloncino: se continui a gonfiarlo e poi a sgonfiarlo, prima o poi scoppia». Il secondo errore fu quello di includere così tanti oblò, che interrompendo il tessuto di metallo rendevano più facile la formazione di crepe. In seguito all’indagine della RAE, divenne chiaro che il Comet avesse dei difetti strutturali, e che andasse completamente riprogettato.
Dopo i due incidenti di Roma, nessun aereo Comet fece altri voli per passeggeri. Il guaio si rifletté soprattutto sulla de Havilland: sviluppò altri due modelli, Comet 2 e Comet 3, che però non furono mai commercializzati. Quando uscì il Comet 4, il primo Comet a trasportare passeggeri dopo i disastri della prima serie, l’industria aeronautica era già stata conquistata da un altro modello di aereo di linea a turbogetto, molto più sicuro e capiente: il celebre Boeing 707.
BOAC usò alcuni modelli di Comet 4 fino al 1965; altri li usarono fino al 1997, a testimonianza del fatto che erano molto più sicuri del loro predecessore. De Havilland non si riprese mai dal fallimento del Comet 1: oggi non produce più aerei e si è fusa con la BAE Systems, un’importante società britannica che si occupa di sistemi di difesa e sicurezza. Nel mondo è rimasto un unico esemplare di Comet 1, ed è conservato al de Havilland Aircraft Museum: al momento però è in riparazione.