Il posto dove si combatte contro la puzza
In un tratto della Interstate tra il New Jersey e la Pennsylvania ci sono alcune delle aziende più innovative del settore dei deodoranti, e c'è un motivo se sono tutte vicine
L’Interstate 95 è una delle strade più importanti degli Stati Uniti: parte dal confine tra il Maine e il Canada e arriva fino alla Florida (o viceversa, dipende da che parte arrivate). In un breve tratto della strada, tra Philadelphia e Newark, nell’arco di qualche decina di chilometri ci sono alcune delle più importanti aziende americane che si occupano di deodoranti e altri modi per eliminare la puzza dalle cose, che siano corpi umani, bidoni dell’immondizia o automobili.
Adam Davidson del New Yorker ha visitato alcune di queste aziende, spiegando quali direzioni sta prendendo il settore dei deodoranti. La vera, ultima rivoluzione, per quanto riguarda l’eliminazione del body odor, cioè l’odore del sudore, è arrivata nel 1990, quando il ricercatore George Preti del Monell Chemical Senses Center di Philadelphia riuscì a isolare la molecola principalmente responsabile del cattivo odore delle ascelle sudate: si chiama acido 3 metil 2 esenoico. Della molecola parla perfino David Foster Wallace in Infinite Jest, con un riferimento alla vecchia ed errata credenza che la sua presenza fosse collegata alla schizofrenia.
Prima della scoperta di Preti, per contrastare l’odore di sudore si applicava semplicemente un profumo forte abbastanza da coprirlo. Oggi invece i deodoranti sono studiati in modo da agire con il loro profumo sulle terminazioni nervose del naso più sensibili all’acido 3 metil 2 esenoico, sostituendosi quindi al cattivo odore nel momento in cui qualcuno annusa l’aria intorno a noi: non è che non puzziamo, è solo che non ce ne accorgiamo. Questi deodoranti, con il tempo, sono stati perfezionati e oggi è possibile sintetizzarli anche in modo che non abbiano nessun odore distinguibile dal naso umano. Le frontiere del settore dei deodoranti sono ancora più ambiziose: i ricercatori stanno provando a intervenire sui cattivi odori prima ancora che si sviluppino, per esempio con dei probiotici che se assunti dalle persone sostituiscano i batteri che causano i cattivi odori con altri che ne provochino di più piacevoli.
Non è infatti il sudore, di per sé, a puzzare, ma i batteri che se ne nutrono e che vivono sulla nostra pelle. Questi batteri producono un cattivo odore, ma convivono con altri che ne combattono l’effetto. Lavandosi spesso con sapone e bagnoschiuma, si eliminano dalla pelle questi batteri: le colonie si formano nuovamente, ma con tempi diversi, e quelle che producono i cattivi odori sono le prime a tornare. Per ovviare questo problema, qualcuno sostiene che sia meglio lavarsi meno, per lasciare che i batteri si gestiscano allo stato brado e regolino da soli il nostro odore. Può anche funzionare, ma non è esattamente la soluzione più percorribile nel Ventunesimo secolo. L’altra soluzione per puzzare meno senza eliminare i preziosi batteri che ci abitano è quella di aggiungere artificialmente quelli “buoni”, che contrastano i cattivi odori: sul mercato ci sono già alcuni prodotti probiotici di questo tipo, ma chi li ha provati dice che non funzionano ancora molto bene. La composizione della flora batterica cambia da persona a persona, e c’è chi reagisce meglio e chi peggio a questi prodotti: senza contare che sapere di non avere le ascelle pulite, ma piene di batteri, può portare a qualche imbarazzo e ansia sociale, soprattutto perché non è sempre facile capire autonomamente quando si emana un cattivo odore.
La maggior parte delle scoperte e delle innovazioni nel campo dei deodoranti avvengono in pochi chilometri sulla Interstate 95. Davidson ha visitato una società che produce deodoranti di fascia economica, i Power Stick, venduti nei discount. Sarebbe normale che una fabbrica simile si trovasse in Cina o in Messico, ha pensato Davidson, perché è una produzione che non richiede un altissimo livello di specializzazione dei lavoratori in un settore che tenta sempre di limare moltissimo i costi. Il CEO della società Fred Horowitz, però, gli ha spiegato di non volersi spostare: «Sono al centro di tutta l’innovazione. Succede tutto qui in New Jersey». È il sistema dei “cluster”, teorizzato dal docente della Harvard Business School Michael Porter nel 1990: aziende di un settore in evoluzione che trovano conveniente stare una vicina all’altra, come nella Silicon Valley, a Wall Street o a Hollywood.