Gli americani che assistono alle esecuzioni delle condanne a morte
In alcuni stati è obbligatorio che ci siano dei testimoni, e in molti si prestano con convinzione
In molti stati degli Stati Uniti, quando si esegue una condanna a morte servono delle persone che si offrano volontariamente di fare da pubblico. Se ne è parlato nelle scorse settimane perché l’Arkansas aveva programmato di eseguire le condanne a morte di otto uomini in dieci giorni questo mese: per ora soltanto una condanna a morte è stata eseguita, quella di Ledell Lee, condannato per uno stupro e un omicidio avvenuti più di vent’anni fa. Lee è stato ucciso quando in Italia era venerdì mattina, nella prima condanna a morte eseguita dal 2005 nello stato dell’Arkansas.
Le altre condanne per ora sono state sospese per via di una serie di controversie legali, alcune riguardo ai singoli condannati, ma soprattutto sui farmaci da usare per l’iniezione letale, che secondo la casa farmaceutica produttrice non sono stati venduti per essere usati nelle esecuzioni. In ogni caso le persone che assistessero volontariamente alle esecuzioni erano state trovate. La direttrice del dipartimento dei penitenziari dello stato Wendy Kelley si era anche rivolta ai membri di un Rotary Club per trovarli. In Arkansas una legge stabilisce che a ogni esecuzione debbano assistere almeno sei persone senza rapporti di parentela con il condannato a morte o con le persone da lui uccise: devono testimoniare che tutto si svolga nel modo previsto dalla legge. Alla fine Kelley è riuscita a trovare i volontari per assistere alle esecuzioni, perché i giornali americani hanno scritto della faccenda.
I requisiti per assistere alle esecuzioni in veste di testimoni sono di avere più di 21 anni, nessun precedente penale e di essere «cittadini rispettabili» residenti in Arkansas. Per candidarsi bisognava scrivere una lettera a Kelley in cui si dice per quali ragioni si vuole assistere. Beth Viele, una donna di 39 anni residente a Jacksonville, in Arkansas, ha scritto a Kelley: «Mi piacerebbe molto avere un ruolo nell’aiutare le famiglie delle vittime a ottenere la GIUSTIZIA che aspettano da tempo».
Gli stati degli Stati Uniti in cui è prevista la pena di morte sono 38 e quelli in cui è necessaria la presenza di testimoni volontari, giornalisti esclusi, alle esecuzioni sono più di una dozzina. In media i testimoni devono essere almeno sei; nel Missouri dovevano essere dodici per ogni esecuzione, ma poi il numero è stato abbassato a otto perché le autorità non riuscivano a trovare abbastanza volontari. A differenza di altri stati, come l’Arizona, la Florida e la Pennsylvania, l’Arkansas non aveva una lunga lista di potenziali testimoni da chiamare per assistere alle esecuzioni delle condanne perché è dal 2005 che non ne viene eseguita una. Solitamente a candidarsi per queste liste sono poliziotti oppure studenti di criminologia. La maggior parte degli stati che chiedono la presenza di testimoni alle esecuzioni non sono particolarmente esigenti sulle motivazioni per cui le persone vogliono assistere: è raro che la richiesta di una persona che si offre come volontaria venga respinta.
Alcune persone, come Teresa Clark e suo marito Larry, intervistati da BBC, hanno assistito più volte a esecuzioni: la legge dell’Arkansas, come quella della Virginia, lo stato dove vivono i Clark, non pone un limite di esecuzioni a cui si possa assistere. Un’altra persona intervistata da BBC, il settantasettenne della Virginia Frank Weiland, che ha assistito a quattro diverse esecuzioni, ha spiegato di farlo come modo per esprimere il suo sostegno alle forze dell’ordine. Weiland ha anche raccontato che assistere a un’esecuzione è un’esperienza che lascia un forte impatto: «Ho rivisto la scena molte volte nella mia mente, non so davvero perché ma è così». Teresa Clark invece ha detto che la notte dopo aver assistito alla sua prima esecuzione le sembrò di vedere l’uomo che aveva visto morire nello specchietto retrovisore della sua automobile. Comunque Clark continuerà ad assistere a esecuzioni se ce ne sarà bisogno e ha spiegato perché dicendo: «Queste persone sanno di stare per morire, mentre le persone che loro hanno ucciso non lo sapevano. I condannati hanno avuto un’occasione per dire i loro addii, quindi non posso davvero dispiacermi per loro».