Gabriele Del Grande incontrerà alcuni rappresentanti diplomatici italiani
Per la prima volta dopo essere stato fermato nel sud-est della Turchia, dieci giorni fa, non si sa ancora per quale reato
Venerdì Gabriele Del Grande, 35enne giornalista e documentarista italiano attualmente in stato di fermo in Turchia, potrà incontrare alcuni rappresentanti diplomatici italiani. Del Grande era stato fermato dalla polizia turca lo scorso 10 aprile ad Hatay, una provincia sud-orientale al confine con la Siria, e da allora gli era stato impedito di ricevere anche solo una visita consolare, nonostante le ripetute richieste della diplomazia italiana. Secondo Luigi Manconi, presidente della Commissione per i diritti umani del Senato, le autorità turche hanno impedito la visita in carcere al vice-console italiano ad Ankara e al legale turco di Del Grande. Manconi ha anche aggiunto che le procedure per il rilascio di Del Grande «potrebbero essere non brevi», perché sembra siano emerse nuove accuse riguardanti la sicurezza nazionale turca che però non sono state specificate alla stampa.
Dopo quasi dieci giorni senza poter contattare nessuno, ieri Del Grande aveva chiamato al telefono la compagna, che vive ad Atene, raccontando di stare bene ma di non possedere più i suoi effetti personali. La conversazione tra i due è stata trascritta e pubblicata; tra le altre cose Del Grande ha detto:
«Mi hanno fermato al confine, e dopo avermi tenuto nel centro di identificazione e di espulsione di Hatay, sono stato trasferito a Mugla, sempre in un centro di identificazione ed espulsione, in isolamento. I miei documenti sono in regola, ma non mi è permesso di nominare un avvocato, né mi è dato sapere quando finirà questo fermo. Sto bene, non mi è stato torto un capello ma non posso telefonare, hanno sequestrato il mio telefono e le mie cose, sebbene non mi venga contestato nessun reato. La ragione del fermo è legata al contenuto del mio lavoro.»
Del Grande era in Turchia dal 7 aprile per fare delle interviste ad alcuni profughi siriani per il suo ultimo libro, Un partigiano mi disse, un’opera sulla guerra in Siria e sulla nascita dello Stato Islamico, come aveva spiegato lui stesso quando ne aveva lanciato il finanziamento attraverso il crowdfunding. Non è ancora chiaro che reato secondo le autorità turche abbia commesso Del Grande, visto che formalmente non è stata presentata alcuna accusa. Nel frattempo stanno aumentando anche le pressioni del governo italiano su quello turco, ma non si sa esattamente quanto margine di azione abbia la diplomazia italiana nel caso che coinvolge Del Grande. Questa mattina il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha detto che sta sfruttando un suo contatto personale e diretto con il governo turco «per fargli capire chiaramente quel è il livello di attenzione del nostro paese su questa vicenda».
La situazione per Del Grande non sembra essere semplice, viste soprattutto le ampie restrizioni alla libertà di stampa adottate dal governo turco, in particolare dopo il fallito colpo di stato dello scorso luglio. Il presidente Recep Tayyip Erdoğan e il suo governo sono stati accusati di voler trasformare la Turchia in uno stato autoritario: negli ultimi mesi in Turchia sono stati arrestati più di 100 giornalisti e sono stati chiusi o trasformati radicalmente giornali e televisioni critici nei confronti di Erdoğan.