Un altro guaio per Marine Le Pen
Un tribunale francese ha chiesto al Parlamento Europeo di revocarle l’immunità, affinché possa essere interrogata per la storia degli assistenti parlamentari fittizi del Front National
Un tribunale francese ha chiesto al Parlamento Europeo di revocare l’immunità a Marine Le Pen, coinvolta in un’indagine sull’assunzione fittizia di alcuni dipendenti del suo partito con fondi dell’Unione Europea. La stessa richiesta è stata avanzata per Marie-Christine Boutonnet, eurodeputata del Front National. Marine Le Pen è la leader del Front National ed è candidata alla presidenza della Francia alle elezioni del prossimo 23 aprile, con buone possibilità di arrivare al secondo turno.
La notizia sulla richiesta della revoca dell’immunità è stata data dalla radio francese Europe 1 e da Agence France-Presse (AFP): l’agenzia di stampa dice che le istanze sono state inviate a fine marzo al procuratore di Parigi e al procuratore generale che ha il compito, in base alle procedure, di inoltrare la richiesta al Parlamento Europeo. Fino ad ora Marine Le Pen e Marie-Christine Boutonnet hanno utilizzato l’immunità da cui sono protette per rifiutare le convocazioni inviate loro dai giudici francesi a febbraio e a marzo. Le Pen ha però promesso di onorare le richieste giudiziarie dopo le elezioni e ha commentato le notizie sulla richiesta di revoca dicendo che si tratta di una «procedura normale».
L’esame della revoca dell’immunità potrebbe comunque richiedere diversi mesi e non ci saranno novità significative prima delle presidenziali: prevede un dibattito del Parlamento Europeo in seduta plenaria e un voto sempre a seduta plenaria in cui ciascun deputato voterà singolarmente. Nel sito del Parlamento Europeo si dice che gli eurodeputati, anche se perdono l’immunità, mantengono il loro seggio e si ricorda che la revoca non equivale a una condanna, ma «permette a un’autorità nazionale di indagare e citare in giudizio» la persona coinvolta. All’inizio di marzo a Marine Le Pen era già stata revocata l’immunità, perché nel 2015 aveva twittato immagini di violenze commesse dall’ISIS. Quella revoca valeva però solo per quel preciso procedimento giudiziario, non in generale.
L’ultima richiesta ha invece a che fare con un’indagine aperta nel dicembre del 2016 dalla procura di Parigi a seguito di un’indagine preliminare avviata nel 2015. Gli assistenti parlamentari coinvolti sono in totale 29: erano stati assunti per occuparsi dell’attività al Parlamento Europeo di alcuni esponenti del Front National e in realtà facevano altro per il loro partito. Su due di loro – Catherine Griset e Thierry Légier – sono circolati molti particolari. Entrambi avevano sottoscritto due contratti con il Parlamento Europeo, nell’ambito dei benefit di cui godono gli europarlamentari. Griset era stata stipendiata dal 2010 ai primi mesi del 2016 in qualità di “assistente accreditata”, cioè di supporto al lavoro da europarlamentare di Le Pen. Nello stesso momento Griset era anche segretaria della presidenza del Front National e capo dello staff di Le Pen: aveva anche un ufficio presso la sede della campagna presidenziale di Le Pen di Parigi. Thierry Légier, storica guardia del corpo di Le Pen e di suo padre Jean-Marie, venne pagato dal Parlamento Europeo come “assistente locale” per alcuni mesi. L’incarico prevede di «assistere il deputato nel suo Stato membro di elezione»: un compito difficilmente compatibile con il lavoro da guardia del corpo, che in teoria prevede che segua Le Pen un po’ ovunque. Lo scorso febbraio, durante una perquisizione nella sede del Front National, gli investigatori avevano sequestrato un documento che suggeriva che il sistema “fraudolento” fosse in vigore dal 2012 e che Marine Le Pen ne fosse a conoscenza.
L’accusa a Le Pen e agli altri eurodeputati del FN era stata segnalata inizialmente al Parlamento dalla OLAF, l’autorità anticorruzione della Commissione Europea che indaga sprechi e truffe all’interno degli organi europei. Il Parlamento era stato informato delle accuse e aveva stabilito che gli eurodeputati del Front National che avevano violato le regole dovessero rimborsare il Parlamento stesso. Nel frattempo, la procura di Parigi aveva aperto un’inchiesta per abuso, occultamento, frode organizzata e falsificazione: in questo procedimento il Parlamento Europeo si è costituito parte civile.