Le accuse contro le persone indagate per il suicidio di Tiziana Cantone sono state archiviate
Il giudice per le indagini preliminari ha accolto la richiesta della procura e ha stabilito che vengano fatte nuove indagini per verificare eventuali responsabilità di Facebook
Il giudice per le indagini preliminari di Napoli, Tommaso Perrella, ha deciso di archiviare le indagini nei confronti di cinque persone denunciate per diffamazione da Tiziana Catone, trentunenne che lo scorso 13 settembre si era suicidata apparentemente per via della diffusione online di alcuni video privati che aveva girato durante dei rapporti sessuali con un uomo. La richiesta di archiviazione era stata fatta nel novembre del 2016 dal pubblico ministero Alessandro Milita e dal procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli: secondo loro non c’erano i presupposti per proseguire. Il giudice per le indagini preliminari ha dunque accolto l’istanza della procura, ma ha disposto ulteriori indagini per verificare eventuali responsabilità di Facebook Italia.
L’indagine era partita dopo che Tiziana Cantone aveva presentato un esposto contro quattro persone per diffamazione: a questi quattro uomini la stessa Cantone, tra dicembre 2014 e gennaio 2015, aveva mandato via Whatsapp delle fotografie in cui appariva in costume da bagno o a seno nudo e dei video di atti sessuali. Anche se durante gli atti ripresi nei video Cantone era consenziente, non aveva acconsentito alla loro diffusione online. Durante l’indagine, ai quattro uomini denunciati da Cantone si era aggiunto il padre di uno di loro: a lui era infatti intestata l’utenza telefonica alla quale erano arrivate le immagini.
Nel frattempo, la procura di Napoli ha aperto un altro fascicolo per calunnia a carico dell’ex fidanzato di Tiziana Cantone, Sergio Di Palo, ipotizzando che sia stato lui a convincere la donna a denunciare i quattro uomini e a indicarli come i responsabili della diffusione on-line dei video. Resta aperta anche l’inchiesta della procura di Napoli Nord senza indagati, per istigazione al suicidio.
La madre di Tiziana Cantone ha detto di essere molto amareggiata dalla decisione del gip. E il suo legale, Giuseppe Marazzita ha detto: «Davanti al giudice ho sostenuto la necessità di accertare eventuali responsabilità di Facebook, anche perché il calvario di Tiziana è iniziato proprio quando ha visto il suo nome sul social associato ai suoi video pubblicati su siti porno soprattutto americani. Se quei video fossero stati immessi solo su questi siti, senza alcun collegamento con una piattaforma così diffusa come Facebook, probabilmente lei non ne avrebbe saputo nulla. E in ogni caso Facebook fu diffidato ma non fece nulla». Lo scorso novembre, il tribunale di Aversa aveva richiamato Facebook per non aver rimosso le pagine che rinviavano ai video di Cantone, dopo che lei stessa aveva presentato una diffida. Per i giudici, la diffida era vincolante, mentre la società si era difesa spiegando di non aver rimosso le pagine perché non aveva ricevuto alcun ordine del giudice o del garante per la privacy. Per Facebook, dunque, la diffida di Cantone non aveva alcun valore giuridico.