L’orripilante cibo degli anni Settanta

Fotografie di polpettoni, gelatine e improbabili torte salate, ritagliate da vecchi ricettari e riviste e raccolte in un libro appena uscito

Mousse di frutti di mare
70 Dinner Party, Anna Pallai
(Penguin Random House)
Mousse di frutti di mare 70 Dinner Party, Anna Pallai (Penguin Random House)

«C’è stato un tempo in cui il cibo era cibo. Lo cucinavi, lo sbattevi sul piatto e lo ricoprivi con uova sminuzzate e olive. Poi lo mangiavi e cercavi di metterti alle spalle quell’esperienza orribile».

Quel tempo, per la londinese Anna Pallai, erano gli anni Settanta: lei era piccola, i pranzi di famiglia e le cene delle grandi occasioni erano fatti di cibo pesante, tradizionale e davvero brutto da vedere, niente a che vedere con i piatti colorati, raffinati, esteticamente studiati oltre che leggeri e salutari con cui ingombriamo i nostri profili Instagram oggi. Bisogna anche tenere conto che si tratta di esperienze, ricettari e riviste perlopiù inglesi, che come quelli americani si rifanno a una cucina poco appetitosa o comunque lontana dai piatti che in Italia riteniamo prelibati e invitanti. Ma in questo noi italiani siamo l’eccezione, non la regola.

«Sono cresciuta in una casa dove i peperoni ripieni e il polpettone erano all’ordine del giorno, e dove una festa non era una festa senza un piatto di uova sode farcite con la maionese. Le posate erano pesanti e scure e l’aria era sempre appesantita dal fumo delle sigarette. Immagino che questo quadro sia comune a molte persone cresciute negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta»

Questi ricordi sono la molla del progetto 70’s Dinner Party, in cui Pallai raccoglie fotografie di piatti tipici e considerati all’epoca molto succulenti, tratte da riviste e libri di ricette degli anni Settanta e Ottanta: sono malloppi unti, brutti da vedere e respingenti. Polpettoni e salse strabordanti, colori improbabili, gelatine di qualsiasi cosa, torte salate con fagioli in scatola, composizioni a forma di porcospino e altri animaletti, cespi di lattuga farciti di carne e torte che colano glassa.

Pallai ha iniziato condividendo le immagini su Tumblr e Twitter, e le ha poi raccolte in un libro, 70′ Dinner Party appunto, pubblicato da Penguin Random House: un ricettario suddiviso per portate, a metà strada tra l’orrore e la nostalgia.

Bisogna dire che l’infanzia gastronomica di Pallai è stata più intensa della norma, dato che suo padre era ungherese e abituato a una cucina piuttosto impegnativa: «Avete presente le persone eleganti, che concludono i loro pasti con un espresso e un biscottino? A casa mia lo finivano alla maniera ungherese: una fetta di speck, un piatto di cipolle crude e un bicchiere di palinka, la nostra bevanda nazionale». Per salvarsi da tutto questo Pallai diventò vegetariana, a 12 anni. Non è ancora prevista una pubblicazione di 70 Dinner’s Party in Italia, ma ci si può tenere aggiornati seguendo Pallai su Instagram e Tumblr.