Perché molti bambini sono schizzinosi con il cibo
Ci sono ragioni genetiche che dipendono dall'evoluzione umana (quando mangiavamo quello che raccoglievamo) e altre dovute allo stile di vita contemporaneo
Non si sa ancora esattamente perché molti bambini siano schizzinosi con il cibo o non vogliano assaggiare verdure che non hanno mai provato prima, ma una serie di studi sull’argomento suggeriscono che non sia necessariamente perché sono viziati o educati male. Ci sono ragioni genetiche ed evoluzionistiche: alcune ricerche mostrano che lo stesso comportamento esiste in molte specie di animali, non solo tra i primati, gli animali più simili agli esseri umani, ma anche tra uccelli e pesci. Un articolo pubblicato nella sezione scientifica del sito di BBC riassume tutte le ricerche fatte finora su questo tema, e soprattutto i punti ancora poco chiari.
Quando i bambini si rifiutano di mangiare, gli esperti distinguono due diversi tipi di comportamenti: da un lato ci sono i bambini più chiaramente schizzinosi, cioè quelli che accettano solo alcuni tipi di cibo e rifiutano gli altri, dall’altro quelli che rifiutano qualsiasi alimento che non hanno mai visto prima, un comportamento definito “neofobia alimentare”. Ovviamente i due atteggiamenti possono coesistere, ma gli scienziati non hanno ancora stabilito se ci sia una connessione tra i due. Apparentemente non sembra: la neofobia alimentare è un comportamento comune alla maggior parte dei bambini, mentre la “schizzinosità” ce l’hanno solo alcuni bambini.
BBC ha intervistato alcune delle ricercatrici di Gemini, un progetto di ricerca inglese e gallese sulle abitudini alimentari dei bambini in cui sono state coinvolte 2.400 famiglie in cui nel 2007 è nata una coppia di gemelli (sia omozigoti, cioè con lo stesso DNA, che dizigoti): da allora i genitori di questi bambini compilano regolarmente dei questionari su cosa mangiano i loro figli. Lo scopo è capire se il modo in cui i bambini mangiano dipenda dai loro geni o dall’ambiente in cui crescono: se una caratteristica come la neofobia alimentare è più presente nei gemelli omozigoti che in quelli dizigoti, significa che dipende più dal codice genetico che dall’educazione ricevuta dai genitori. In un articolo pubblicato lo scorso ottobre sulla rivista The Journal of Child Psychology and Psychiatry i ricercatori di Gemini hanno illustrato alcuni dei loro risultati: hanno affermato che entrambe le forme di schizzinosità sono almeno parzialmente dovute ai geni, e anche che sono legate tra loro e potrebbero spiegarsi con le stesse ragioni evoluzionistiche.
Per quanto riguarda l’ereditabilità – cioè una percentuale che esprime quanto un carattere sia dovuto ai geni, da non confondere con l’ereditarietà – quella della semplice schizzinosità è maggiore di quella della neofobia: 46 per cento contro 58 per cento. Questo significa che un bambino che ha i geni della schizzinosità non è per forza un bambino schizzinoso, e può comportarsi in modo del tutto diverso a seconda di come viene cresciuto: ambiente e geni hanno più o meno lo stesso peso. Tuttavia in altri studi sono stati ottenuti risultati diversi da quelli di Gemini, che suggeriscono che l’ereditabilità sia diversa in bambini di età diverse. L’articolo di Gemini, pubblicato nel 2016, presenta i dati sui comportamenti di bambini di 16 mesi: un articolo sulla neofobia alimentare pubblicato nel 2013 e realizzato studiando i bambini tra i quattro e i sette anni ha trovato un’ereditabilità del 72 per cento. Sembra quindi che i geni all’origine della neofobia abbiano un’influenza maggiore man mano che i bambini crescono.
Gli scienziati hanno un’ipotesi di spiegazione per questo fenomeno. Sarebbe dovuto al cosiddetto “dilemma dell’onnivoro”, cioè al fatto che gli animali onnivori come gli esseri umani devono sia cercare di mangiare il maggior numero possibile di tipi di piante per avere più cibo a disposizione, sia avere una certa cautela quando provano nuove piante, perché potrebbero rivelarsi tossiche. I bambini (e gli animali) molto giovani ovviamente non hanno bisogno di questa cautela, dato che mangiano solo ciò che viene fornito loro dai genitori, mentre quando crescono e diventano più autonomi, dai due anni in poi, è utile dal punto di vista evoluzionistico che facciano attenzione a ciò che mettono in bocca. Le verdure in particolare sembrano essere l’oggetto della schizzinosità dei bambini: è comprensibile se si considera che quando ancora gli esseri umani erano cacciatori e raccoglitori, gli antenati delle verdure moderne tendevano a essere molto meno nutrienti e molto più indigeste, soprattutto per gli stomachi più sensibili dei bambini.
La neofobia alimentare e la schizzinosità, come dicevamo, si trovano anche in altre specie di onnivori, a prova del fatto che ci sono probabilmente delle ragioni evoluzionistiche dietro questi comportamenti. Secondo uno studio del 1985 i cuccioli di gorilla più giovani tendono a provare qualsiasi tipo di cibo, mentre quelli un po’ più vecchi sono più timorosi nei confronti delle novità; lo stesso comportamento è stato rilevato nei ratti. Per la zoologa del Trinity College di Dublino Nicola Marples però la schizzinosità e la neofobia alimentare non caratterizzano solo gli onnivori, ma anche altri tipi di animali, e si dovrebbe piuttosto parlare di “conservatorismo alimentare”. Da un lato perché alcuni giovani animali e alcuni bambini, anche dopo aver visto numerose volte lo stesso nuovo tipo di cibo, non diventano meno riluttanti a mangiarlo; dall’altro perché l’espressione “neofobia alimentare” è fuorviante, dato che non è che i bambini abbiano paura dei cavoletti di Bruxelles, anzi spesso ci giocano, pur non mangiandoli.
Già nel 1995 Marples e i suoi colleghi avevano dimostrato che il conservatorismo alimentare è ereditabile, attraverso un processo di selezione artificiale su una popolazione di quaglie: dopo aver selezionato quelle che sembravano più riluttanti a mangiare un certo tipo di coccinelle, rilevarono che i discendenti di queste quaglie erano ancora più riluttanti nei confronti di quelle coccinelle. Nel corso degli anni Marples ha analizzato tante specie diverse, anche di pesci, e ha sempre osservato il conservatorismo alimentare in parte delle popolazioni studiate, anche se mai in tutti gli individui che le formavano. Secondo le sue ricerche in ogni popolazione di animali, due terzi degli individui sono avventurosi quando si tratta di provare nuovi cibi, mentre il terzo restante segue il conservatorismo alimentare.
Qualche consiglio per i genitori di bambini schizzinosi
Studiando il comportamento degli animali è possibile dare un consiglio ai genitori di bambini schizzinosi che vorrebbero convincere i propri figli a mangiare anche cibi diversi da quelli a cui sono abituati. Il consiglio è trovare il tempo e il modo per mangiare con i propri figli e mangiare le stesse cose che si vogliono far mangiare a loro: come in molti altri casi, l’esempio è fondamentale. Tra i primati è molto frequente che i cuccioli mangino le cose che vedono mangiare ai genitori, come è frequente che i genitori non provino nuovi tipi di cibo (potenzialmente velenosi) quando i cuccioli li osservano.
Purtroppo il fatto che nelle società sviluppate, in cui entrambi i genitori lavorano, i bambini spesso mangino a orari diversi rispetto ai genitori potrebbe essere una delle ragioni per cui – come spesso si lamentano i nonni – i bambini di oggi tendono a essere più schizzinosi che in passato. Un’altra possibile ragione per cui i bambini di oggi sembrano più schizzinosi potrebbe essere legata all’allattamento: i bambini che vengono allattati con il latte artificiale non percepiscono gusti diversi da un pasto all’altro perché il latte artificiale è sempre uguale, a differenza di quello materno, il cui gusto cambia a seconda dell’alimentazione materna.
Clare Llewellyn dell’University College di Londra, una delle ricercatrici di Gemini, ha alcuni altri consigli per i genitori di bambini schizzinosi. Il primo è non promettere una ricompensa alimentare (una fetta di torta, un gelato o una caramella) per convincere i bambini a mangiare le verdure: in questo modo si rischia di far apparire la verdura ancora meno interessante, perché viene associata a una prova da superare; allo stesso tempo rende i dolci, il cui consumo andrebbe moderato, ancora più desiderabili. Un’alternativa a quelle alimentari, suggerisce Llewellyn, può essere una ricompensa in adesivi o altri piccoli oggetti. L’altro consiglio è non demordere anche se il proprio bambino sembra molto testardo e insistere per fargli provare il nuovo cibo: secondo le ricerche di Llewellyn bisogna mostrare un nuovo cibo a un bambino per 15 volte in giorni consecutivi per convincerlo a mangiarlo.