Dieci risposte sull’attacco americano in Siria
Ad altrettante domande che in molti si stanno facendo da ieri: Trump è impazzito? Dobbiamo aspettarci altri attacchi? Assad ora è più debole?
Da ieri mattina gran parte delle attenzioni dei giornali e siti di news sono occupate dalla notizia del bombardamento americano in Siria, il primo diretto degli Stati Uniti al regime di Bashar al Assad. Ci sono state molte reazioni all’attacco, che fino a qualche giorno fa era considerato impensabile viste le passate posizioni del presidente americano Donald Trump sulla Siria. Abbiamo messo insieme dieci domande e risposte per cercare di capire qualcosa in più su quello che è successo: le ragioni statunitensi, il significato strategico e militare di una scelta di questo tipo e le possibili conseguenze, tra le altre cose.
1. Cos’è successo di preciso?
Nella notte tra giovedì e venerdì, alle 4.40 ora locale in Siria (in Italia erano le 3.40), gli Stati Uniti hanno lanciato 59 missili Tomahawk contro la base aeronautica militare siriana di Shayrat, a sud-est di Homs. L’attacco, deciso unilateralmente da Trump senza l’autorizzazione del Congresso americano, ha distrutto alcuni aerei militari del regime siriano di Bashar al Assad e ha ucciso sei persone. Il dipartimento della Difesa americano ha detto di avere avvisato in anticipo i russi, che hanno un contingente dentro la base, e secondo alcuni testimoni anche i siriani sapevano del bombardamento prima che fosse compiuto.
US strike on Syria killed four soldiers and virtually destroyed airbase, Syrian Observatory for Human Rights says https://t.co/tlgpebRVob pic.twitter.com/8OpWRlGskw
— AFP News Agency (@AFP) April 7, 2017
2. L’attacco ha sorpreso un po’ tutti, ma perché?
Il bombardamento è stato approvato da Donald Trump, che per anni si era mostrato contrario a un coinvolgimento degli Stati Uniti nel casino della guerra siriana. La posizione di Trump non era cambiata nemmeno dopo l’attacco con il gas sarin compiuto dal regime siriano contro alcuni quartieri di Damasco nell’agosto 2013, nel quale erano state uccise più di 1.400 persone, e che aveva spinto Obama a considerare un intervento militare contro Assad. Negli ultimi mesi, inoltre, Trump sembrava convinto della necessità di collaborare con Assad e con la Russia, paese alleato del regime siriano e con il quale voleva migliorare i rapporti bilaterali, deteriorati durante l’amministrazione Obama.
3. Cosa ha fatto cambiare idea a Trump?
Secondo i suoi collaboratori e portavoce, l’attacco chimico compiuto il 4 aprile nella città di Khan Shaykhun, a una settantina di chilometri a sud di Idlib, nel quale sono rimaste uccise decine di persone. Trump, così come diversi altri governi occidentali, ritiene che l’attacco sia stato compiuto dal regime di Assad, forse usando il gas sarin. Il 5 aprile ha detto: «Quell’attacco contro i bambini ha avuto un grande impatto su di me. Un grande impatto. È stato orribile. Non c’è molto di peggio. […] Quello che è successo ieri è inaccettabile per me». L’attacco contro la base aerea di Shayrat, da dove si ritiene siano partiti gli aerei di Assad che avevano compiuto il bombardamento chimico su Khan Shaykhun, è stato quindi una ritorsione, un’azione militare mirata; Trump non ha spiegato perché la sua reazione all’attacco del 4 aprile sia stata diversa da quella che lui ebbe dopo il bombardamento chimico dell’agosto 2013.
4. Chi ha appoggiato e chi ha criticato l’attacco?
Lo hanno appoggiato diversi paesi europei, tra cui Regno Unito, Francia, Germania e Italia, alcuni governi alleati degli Stati Uniti e più o meno ostili ad Assad come Turchia, Arabia Saudita e Israele, e alcuni gruppi ribelli, come l’Esercito libero siriano. Le critiche sono arrivate dal regime siriano e dai suoi due più importanti alleati, Russia e Iran. Vladimir Putin ha definito l’attacco «un atto di aggressione contro uno stato sovrano, compiuto in violazione del diritto internazionale e sulla base di falsi pretesti».
5. Ma attaccare un paese senza un mandato dell’ONU non è illegale?
È un tema enorme su cui ci si potrebbero scrivere libri interi. Sintetizzando molto, è una domanda che ha due risposte, dipende da dove la si guarda. Per il diritto internazionale, l’attacco di Trump è stato illegale, perché non rientra in nessuno dei due soli casi per i quali la carta dell’ONU, che gli Stati Uniti hanno ratificato, prevede l’uso legittimo della forza: quando si è in presenza dell’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, oppure nel caso di “legittima difesa” (va tenuto a mente comunque che nella guerra siriana c’è ben poco che si potrebbe definire rispettoso del diritto internazionale). Per la legge americana, l’attacco si può considerare di fatto legale, o quantomeno legittimo: nonostante la Costituzione americana preveda che le azioni militari fuori dai casi di legittima difesa vadano approvate dal Congresso, a differenza di quanto ha fatto Trump venerdì, la prassi degli ultimi 70 anni è andata in direzione opposta. Oggi l’interpretazione accettata e diffusa è che il presidente, in quanto comandante delle forze armate, possa decidere azioni militari unilaterali nei casi in cui c’è di mezzo l’interesse nazionale, elemento che è stato invocato proprio da Trump nel discorso che annunciava l’attacco.
6. Che conseguenze ha avuto l’attacco sui rapporti Stati Uniti-Russia?
Non buone, ma per il momento nemmeno catastrofiche. La Russia ha chiesto e ottenuto una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e ha annunciato di avere sospeso la sua linea di comunicazione con gli americani istituita per evitare incidenti tra i due paesi nello spazio aereo siriano. La stessa amministrazione Trump si è mossa per non fare arrabbiare troppo la Russia, avvisando in anticipo il governo russo dell’attacco e sottolineando come il bombardamento di venerdì sia stato esclusivamente un atto punitivo contro il regime di Assad. Le cose potrebbero peggiorare, ma per il momento non sembra che i due paesi abbiano intenzione di arrivare a uno scontro aperto.
7. Oggi Assad è più debole di una settimana fa?
Non proprio: l’attacco aereo ha avuto conseguenze limitate. La base aerea di Shayrat, per quanto importante, non è di certo l’unica in tutta la Siria. L’attacco non ha eliminato la capacità di Assad di compiere altri attacchi aerei, né convenzionali né con armi chimiche, e non ha colpito la leadership del paese. È stato un monito, un’azione con un messaggio chiaro: gli Stati Uniti non saranno più disposti ad accettare bombardamenti chimici del regime di Assad contro la popolazione civile. In altre parole, Trump ha reso la sua minaccia credibile, perché ora esiste un precedente; una cosa che l’amministrazione Obama aveva deciso di non fare, per molti motivi (su tutti, evitare una possibile escalation con la Russia).
8. Quindi Trump ha cambiato idea sulla Siria?
È difficile rispondere a questa domanda, perché non era chiara nemmeno prima l’idea-di-Trump sulla Siria. Negli ultimi anni Trump ha parlato più volte della necessità per gli Stati Uniti di concentrarsi sui problemi interni, soprattutto economici, e lasciare perdere gli interventi militari in giro per il mondo. Da quando è diventato presidente, ha mostrato però di non volersi tirare indietro più di tanto; anzi, è stato accusato di avere ordinato delle operazioni militari e degli attacchi aerei senza usare troppa prudenza (in Yemen e in Iraq, per esempio). L’attacco in Siria è incompatibile con quello che diceva prima, ma non è poi così estraneo a quello che ha fatto vedere dopo. Trump comunque non sembra intenzionato a stravolgere la posizione degli Stati Uniti nella guerra siriana, quella ereditata dall’amministrazione Obama e che si basa quasi esclusivamente sulla guerra contro lo Stato Islamico.
9. Ci saranno altri attacchi di questo tipo?
Il dipartimento della Difesa statunitense e il segretario di Stato Rex Tillerson hanno detto di no. L’amministrazione americana ha legato l’attacco americano di venerdì al bombardamento chimico nella provincia di Idlib, senza tirare in mezzo altre motivazioni. Non si è parlato di “regime change”, cioè di un’azione militare per destituire il regime di Assad, e nemmeno di un coinvolgimento maggiore degli Stati Uniti nella guerra che Assad sta combattendo contro i ribelli siriani. Per Trump, nella migliore delle ipotesi, l’attacco potrebbe essere stato un mezzo per guadagnare un po’ di margine nei futuri negoziati sulla Siria con il governo russo, che a sua volta potrebbe fare pressioni sul regime siriano per moderare alcune sue politiche.
10. Inizierà la Terza guerra mondiale?
Probabilmente no. La complessità della guerra in Siria e l’elevato numero di stati coinvolti fa spesso pensare che il rischio esista, che un’azione militare imprudente di qualcuno possa provocare conseguenze catastrofiche. Questa è stata anche la linea di Obama, e uno dei principali motivi per cui la sua amministrazione non ha mai approvato un intervento militare in Siria contro Assad. Trump, ma anche la Russia prima di lui, ha mostrato che esistono degli spazi in cui muoversi. Ciò non significa che l’attacco americano non avrà alcuna conseguenza. Come hanno scritto alcuni analisti, tra cui Mark Lynch, esistono dei rischi, anche molto seri: per esempio l’Iran – alleato di Assad molto meno disposto al dialogo rispetto alla Russia – potrebbe decidere di fare delle ritorsioni contro i soldati americani che stanno partecipando alla guerra contro lo Stato Islamico in Siria e in Iraq; oppure qualche alleato degli americani nella regione potrebbe decidere di forzare la mano a Trump, avviando una escalation militare che a quel punto costringerebbe gli Stati Uniti a stare da una parte o dall’altra.