• Mondo
  • Domenica 2 aprile 2017

Aleksandar Vučić ha vinto le presidenziali in Serbia

L'attuale primo ministro, da settimane considerato il favorito, ha preso più del 50 per cento dei voti ed eviterà così il ballottaggio

( ANDREJ ISAKOVIC/AFP/Getty Images)
( ANDREJ ISAKOVIC/AFP/Getty Images)

L’attuale primo ministro serbo Aleksandar Vučić ha vinto le elezioni presidenziali che si sono tenute oggi. Vučić, candidato col Partito Progressista serbo di centrodestra, era considerato il netto favorito da diverse settimane. Secondo le ultime proiezioni ha ottenuto il 55 per cento dei voti, cosa che gli permetterà di evitare il ballottaggio. Il secondo candidato più votato al momento è Saša Janković, che è stimato attorno al 16 per cento.

***

Domenica 2 aprile in Serbia si vota per eleggere un nuovo presidente. I candidati sono 11 ma il favorito è l’attuale primo ministro, Aleksandar Vučić del Partito Progressista serbo, che è di centrodestra e spera di vincere già al primo turno, evitando il ballottaggio. Se Vučić, che è un personaggio molto controverso, non otterrà la maggioranza assoluta dei voti, il secondo turno si terrà il 16 aprile; i risultati, in quel caso, potrebbero essere meno prevedibili. La situazione è piuttosto complicata: diversi giornalisti hanno denunciato intimidazioni, i media danno visibilità solo all’attuale primo ministro e c’è chi si è inventato un candidato paradossale che è comunque al secondo posto nei sondaggi.

A differenza di altri paesi balcanici, la Serbia ha una storia politica recente piuttosto stabile. Dopo diversi anni di governo guidati dal centrosinistra, le elezioni parlamentari del 2012 furono vinte dal Partito Progressista di centrodestra, che però non riuscì a ottenere numeri sufficienti per governare. Il Partito Progressista si accordò allora per formare un governo di coalizione con il Partito Socialista e altri partiti più piccoli: mantenne la maggior parte dei ministeri ma lasciò la carica di primo ministro al Partito Socialista. Nel 2014, dietro la pressione del Partito Progressista, furono indette delle elezioni anticipate: il Partito Progressista stravinse ottenendo circa il 48 per cento dei voti e da allora è al governo con Vučić primo ministro. Il governo Vučić ha portato avanti una politica economica europeista e di austerità, che ha spinto lo stesso primo ministro a indire nuove elezioni parlamentari nel 2016, come una sorta di referendum sul suo operato e sul gradimento dei negoziati di accesso all’Unione Europea, iniziati nel dicembre del 2015. Il Partito Progressista serbo era stato riconfermato al governo e il Partito Socialista era arrivato al secondo posto. Terzo partito del paese era risultato il Partito Radicale, di estrema destra, antieuropeista e filorusso, di cui in passato faceva parte lo stesso Vučić.

Il primo incarico di rilievo Vučić lo ottenne proprio con il Partito Radicale: alla fine degli anni Novanta venne eletto ministro dell’Informazione e durante il suo mandato, anche a causa dell’entrata della Serbia nella guerra del Kosovo, venne approvata una controversa legge sull’informazione che di fatto sanzionava tutti i media opposti al regime di Milošević, che allora era presidente, e limitava fortemente la libertà di stampa. Dopo aver fondato il Partito Progressista, nel 2012 Vučić divenne vice primo ministro e ministro della Difesa e poi primo ministro dal 2014, basando la sua campagna elettorale sulla promessa di condurre la Serbia verso un futuro democratico, europeista e abbandonando le sue posizioni estremiste e nazionaliste, così come il suo passato. Vučić è ben visto sia dai leader occidentali – che lo considerano un alleato nel mantenere una situazione stabile all’interno delle minoranze serbe in Kosovo e in Bosnia – sia dal presidente della Russia Vladimir Putin.

Tuttavia diversi giornalisti serbi e politici di opposizione sostengono che la situazione non sia molto cambiata rispetto agli anni Novanta. Vučić continua a mantenere un forte controllo sui media, sia attraverso l’apparato statale sia attraverso il controllo delle proprietà in mano ai suoi alleati oligarchi.
Stevan Dojcinovic, che ha 31 anni ed è direttore di un’organizzazione no-profit che fa giornalismo investigativo occupandosi soprattutto di criminalità e corruzione, è stato intervistato dal New York Times questa settimana: ha raccontato che un anno fa stava indagando sui beni non dichiarati della famiglia Vučić quando la sua foto venne pubblicata cinque volte in un mese sulla prima pagina di un popolare tabloid locale filo governativo accompagnata da una serie di informazioni personali che solo grazie a una sorveglianza del governo si sarebbero potute ottenere. Altri articoli hanno accusato Dojcinovic di lavorare contemporaneamente per la criminalità organizzata, per l’uomo d’affari e filantropo George Soros e per le agenzie di intelligence occidentali. «Non si possono tenere elezioni democratiche in un ambiente non democratico», ha detto Dojcinovic. Un altro giornalista sempre citato dal New York Times ha raccontato che in questa campagna elettorale non c’è dibattito da nessuna parte e che la gamma dei commenti sui media va dall’essere “pro-Vučić” all’essere “estremamente pro-Vučić”.

Altri esperti hanno posizioni simili: dicono che da un recente sondaggio condotto da un gruppo indipendente risulta che Vučić abbia ricevuto una copertura di notizie enormemente superiore rispetto a quella dei suoi tre maggiori avversari e che nell’ultimo mese circa il 10 per cento delle prime pagine dei giornali abbiano parlato in modo almeno vagamente critico di Vučić, mentre le quote degli altri principali candidati di opposizione sono pari al 53 e al 61 per cento. Gli esperti dicono anche che siano stati usati metodi intimidatori contro gli attivisti dell’opposizione, che le autorità fiscali del governo siano state strumentalizzate per fare indagini mirate e screditanti, e anche che il primo ministro e suo fratello Andrej, imprenditore sospettato di avere dei legami con varie organizzazioni criminali, abbiano usato le rispettive posizioni per fare affari, pressioni e influenzare i settori non solo pubblici, ma anche privati dell’energia, delle telecomunicazioni e delle infrastrutture in Serbia.

Se Vučić dovesse essere eletto presidente, ha detto che si dimetterà dalla carica di primo ministro. Il presidente in Serbia ha poteri soprattutto formali: è il rappresentante della nazione, il capo delle forze armate, ha il compito di promulgare le leggi, di nominare il capo del governo designato dal Parlamento e gli ambasciatori serbi all’estero, tra le altre cose. L’attuale presidente della Repubblica di Serbia è Tomislav Nikolić, del Partito Radicale, che è stato eletto nel 2012 per un mandato di cinque anni. Il timore è che vincendo le presidenziali Vučić possa consolidare il proprio potere su tutte le istituzioni della Serbia: il partito di governo, il Parlamento, il governo e naturalmente la presidenza, che dovrebbe essere al di sopra delle parti.

Uno dei principali oppositori di Vučić al primo turno delle presidenziali del 2 aprile è Vuk Jeremić, ex ministro degli Esteri nel governo precedente e ex presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dal 2012 al 2013: è considerato un moderato e un democratico e si presenta come indipendente. Anche Jeremić sostiene che la campagna elettorale sia stata completamente occupata dall’attuale primo ministro, anche con campagne diffamatorie contro gli oppositori. Jeremić ha anche spiegato che per questi motivi ha utilizzato quasi esclusivamente i social media per raggiungere gli elettori: «In questa situazione, non si può nemmeno cominciare a parlare di libertà di espressione».

Gli ultimi sondaggi dicono che Vučić vincerà al primo turno con il 54-56 per cento. Uno dei suoi principali oppositori è Luka Maksimovic, che è dato a poco meno del 10 per cento. Maksimovic è uno studente di 25 anni, rappresenta un movimento anti-establishment e la sua candidatura è nata da una provocazione: impersona un personaggio di fantasia che si fa chiamare Ljubisa Beli Preletacevic. “Beli” significa bianco mentre “Ljubisa Preletacevic” indica qualcuno che cambia partito politico per tornaconto personale. Maksimovic non ha intenzione di farsi eleggere, ma di screditare le elezioni e di denunciare la corruzione della classe politica. Nelle elezioni locali di Mladenovac, nel dipartimento di Belgrado, il suo partito ha comunque ottenuto il 20 per cento dei voti e 12 seggi sui 50 che erano disponibili. Maksimovic sta portando avanti una campagna elettorale assurda e divertente: «Riceverete 16 salari, costruiremo delle case a tre piani e non ci sarà più la guerra», promette. Su YouTube i suoi video sono stati visti quasi un milione di volte.