L’uomo che ha scritto – e vissuto – “Ricomincio da capo”
A Danny Rubin nella vita è riuscita una sola cosa, formidabile, e ora l'ha rifatta
Danny Rubin ha 60 anni e fa lo sceneggiatore: 24 anni fa scrisse il testo di Groundhog Day, il film che in Italia divenne Ricomincio da capo e in cui Bill Murray interpreta un meteorologo che, il 2 febbraio, va a a Punxsutawney, in Pennsylvania, per seguire il Giorno della marmotta e finisce per rivivere più e più volte quel giorno. Esistono moltissime storie e film il cui protagonista rivive sempre la stessa giornata, ma Ricomincio da capo è uno dei più famosi e di certo il più apprezzato al Post. Ora che Groundhog Day è diventato anche un musical – scritto sempre da Rubin – il giornalista S. I. Rosenbaum ha raccontato la sua storia: quella di uno che «scrisse l’apprezzato film e, 24 anni dopo, il musical. E, nel frattempo, li ha vissuti». Perché in effetti, a parte scrivere Groundhog Day, Rubin non è famoso per altre cose.
Per ripassare, innanzitutto, questo è quello che succede nel film.
Rosenbaum ha scritto che Rubin – che il musical l’ha visto almeno 20 volte – ha «ciuffi selvaggi di capelli, occhiali tondi, e un orecchino con il sole Hopi», un simbolo dei nativi americani. Rubin ha scritto la prima sceneggiatura di Ricomincio da capo, una versione rivista insieme al regista Harold Ramis e a Murray, e poi il testo per il musical. Rubin, tra l’altro, ha anche collaborato alla scrittura di È già ieri, la versione italiana di Ricomincio da capo: uscì nel 2004, ambientato alle isole Canarie, con Antonio Albanese protagonista.
Per il resto, Rubin ha fatto ben poco: nel 1993 scrisse la sceneggiatura del dimenticato thriller Hear No Evil e nel 1994 quella di S.F.W. – So Fucking What, un film il cui voto medio su IMDb è 5,9 su 10. Di lui, Rosenbaum ha scritto: «Ricomincio da capo è ancora il film per cui è ricordato; anzi, è tuttora l’unico film per cui è conosciuto». Di se stesso, Rubin dice: «Sono quello che ha scritto Ricomincio da capo. Non sono un fenomeno della sceneggiatura con una lunga e importante carriera. Non sono Tom Stoppard» (lo sceneggiatore di Brazil, L’impero del sole e Shakespeare in love, e poi scrittore, drammaturgo e regista). Rosenbaum ha scritto: «È insolito che un artista finisca per passare così tanto tempo nell’ombra di una singola opera, soprattutto di un’opera che riguarda proprio i limiti e le ripetizioni. È ancora più insolito che un artista ritorni a raccontare quella storia per un altro medium, quasi tre decenni dopo».
A fine anni Ottanta, Rubin viveva a Chicago e girava video per le aziende: passò per esempio un paio di giorni lavorando in un McDonald’s per poi scrivere i testi di un video che mostrasse ai dipendenti come guadagnare secondi nelle cose che facevano. «Non era granché ma almeno lo pagavano per scrivere», ha detto. Rubin però voleva scrivere altre cose e un giorno buttò giù una lista di dieci idee che gli sembravano buone: non ricorda bene però quando o perché lo fece. La seconda idea era un thriller alla Hitchcock su un omicidio in una comunità di persone sorde, intitolato Silencer. È quello che poi divenne Hear No Evil e permise a Rubin di fare un po’ di soldi e trasferirsi a Los Angeles con la famiglia.
Dopo essersi fatto notare con quel film Rubin riguardò la lista delle 10 idee. La decima era: “Un uomo continua a rivivere lo stesso giorno”. Non la più originale delle idee. Rubin ha detto di non aver mai letto nessuna storia di quel tipo e che scelse il 2 febbraio come giorno in cui far rimanere intrappolato il protagonista, nella speranza che il film diventasse uno di quelli che passano sempre in TV nel periodo di Natale. Le prime bozze di quello che sarebbe poi diventato Ricomincio da capo le scrisse su un portatile Toshiba, a 32 anni. Le mandò al suo agente e l’agente le fece avere a Ramis, che decise di dirigere il film e chiamò Murray per interpretarlo. Rubin riguardò e modificò la sceneggiatura prima con Ramis e poi con Murray (a Punxsutawney); la sceneggiatura tornò a Ramis che riuscì a evitare le proposte della casa di produzione (volevano per esempio mettere una scena in cui una zingara fa una specie di maledizione a Phil Connors, il protagonista). Rubin ha parlato molto bene di Ramis e Murray e dell’esperienza per Ricomincio da capo: «Era come se finalmente mi sentissi riconosciuto, mi trovavo dove dovevo essere».
Il film andò bene e Rubin – che intanto era diventato qualcuno – iniziò a ricevere telefonate e proposte. Molti gli proponevano di rifare cose simili a quanto già aveva fatto, ma lui – che nel frattempo era andato a vivere nel New Mexico, quindi lontano da Hollywood – si rifiutò, anche perché, come ha detto a Rosenbaum, non voleva rifare la stessa cosa: voleva cambiare. Rubin ha detto di essere pian piano uscito dal giro che contava anche perché si rifiutava di fare film canonici «con una struttura in tre atti e un finale convenzionale».
Rubin continuò a scrivere le sue cose, e alcune riuscì anche a venderle, ma alla fine nessuna delle sue sceneggiature divenne un film: gli studi cinematografici comprano molte storie – perché costano poco, giusto per averle lì e non farle avere agli altri – ma solo alcune diventano poi film. Rosenbaum ha scritto: «Scriveva un film su una donna, e gli chiedevano di farlo diventare un film su un uomo. Scriveva un film muto, e gli dicevano di metterci dei dialoghi». Rubin ha detto: «Non usavano le mie storie per farci dei film, opzionavano le storie ma veniva fuori sempre la stessa questione: provavano a trasformarlo nel film che avevo espressamente detto che non avrei mai voluto fare». Tim Minchin, autore delle canzoni del musical su Ricomincio da capo, l’ha messa giù in modo più diretto: «Si rifiutava di stare alle loro fottute regole».
Intanto Ricomincio da capo – che era andato bene ma non era ancora diventato parte della cultura popolare americana come è ora: dal famoso critico Roger Ebert aveva preso solo tre stelle su quattro – iniziò a depositarsi nel ricordo e nei discorsi delle persone, l’idea del loop temporale divenne molto di moda e “giorno della marmotta” divenne un’espressione inglese per parlare di qualcosa che sembra ripetersi all’infinito. Rubin riceveva anche molte lettere: da un monaco che nel film vide un’allegoria del cristianesimo, da un esperto di cabala che interpretò i significati numerici del film, da uno studente di filosofia che aveva fatto una tesi su Nietzsche, l’eterno ritorno e Ricomincio da capo. Un economista scrisse che il film «illustrava l’importanza del paradigma Mises-Hayek come un’alternativa all’equilibrio economico, mostrando la natura irreale delle teorie dell’equilibrio». Più semplicemente, molte persone dissero a Rubin che il film era loro piaciuto molto, e le aveva aiutate a cambiare qualcosa nella loro vita. Ovviamente, più il 2 febbraio si avvicinava, più le lettere aumentavano.
Rubin però ha anche spiegato di aver passato un po’ di anni sperando di non essere «uno che ha indovinato un film, e basta», ma di essersi poi detto «anche se lo sono, ok, ci sono molti che non arrivano nemmeno a questo». Intanto il film veniva tra l’altro rivalutato – Ebert pubblicò nel 2005 una nuova recensione, dandogli quattro stelle su quattro – e nel 2007 Rubin aprì il blog Blogus Groundhogus, dedicato al film (ci sono anche discorsi immaginari tra lui e Phil Connors). Rubin ha anche insegnato per cinque anni in un corso di sceneggiatura di Harvard e ha pubblicato l’ebook How to Write “Groundhog Day”. Ogni anno, il 2 febbraio, lui e sua moglie danno una festa a casa. «È come se fosse il mio compleanno», ha detto Rubin.
Sarebbe un buon finale, ma c’è l’ultimo pezzo della storia, che inizia quando nel 2012 Rubin – che da qualche tempo stava pensando di fare un musical di Ricomincio da capo (un po’ perché voleva, un po’ perché era uno dei pochi diritti che non aveva venduto alla Columbia Pictures) – incontrò il compositore Tim Minchin e il regista di musical Matthew Warchus, che avevano da poco collaborato per il musical Matilda. I tre si piacquero e hanno detto di aver fatto tutti i necessari accordi preliminari con la classica stretta di mano, senza nessun contratto.
A pochi minuti dall’inizio di una delle prime rappresentazioni del musical a Broadway – con Rubin seduto in terza fila – Warchus è salito sul palco per dire che a causa di un problema tecnico le scenografie non funzionavano, e gli attori si sarebbero limitati a recitare su un palco vuoto (gli spettatori avrebbero avuto comunque la possibilità di tornare per una seconda rappresentazione). È finita con una standing ovation.