Il parlamento del Paraguay è stato incendiato
Dai manifestanti che stanno protestando contro una modifica della Costituzione che se approvata definitivamente permetterà al presidente del paese di candidarsi per un secondo mandato
Ad Asunción, la capitale del Paraguay, centinaia di manifestanti hanno protestato contro un emendamento alla Costituzione che se approvato definitivamente consentirà di essere eletto presidente per un secondo mandato: nel corso delle proteste alcune persone hanno incendiato il palazzo del parlamento. In precedenza i manifestanti si erano scontrati con la polizia fuori dall’edificio. Alcune persone sono riuscite a superare le barriere della polizia e a entrare nel palazzo del parlamento, al primo piano, dove hanno saccheggiato gli uffici dei parlamentari della maggioranza e hanno dato fuoco a documenti e parte dell’arredamento, innescando l’incendio. La polizia ha cercato di allontanare dal palazzo in fiamme le persone che stavano manifestando usando idranti e sparando proiettili di gomma; nel frattempo sono arrivati i vigili del fuoco, che dopo più di due ore sono riusciti a spegnere l’incendio. Secondo i media locali, decine di persone sono rimaste ferite, tra cui manifestanti, politici, giornalisti e poliziotti. Secondo i vigili del fuoco i feriti sarebbero circa trenta.
Il Paraguay ha quasi 7 milioni di abitanti ed è una repubblica presidenziale. I mandati presidenziali durano cinque anni e non si può essere presidenti più di una volta nella vita. L’attuale Costituzione entrò in vigore nel 1992, dopo 35 anni di dittatura.
L’emendamento alla Costituzione è stato votato il 31 marzo da 25 dei 45 senatori del paese. Sia il Partito Colorato, di centrodestra e di cui fa parte il presidente Horacio Cartes, sia alcuni gruppi all’opposizione hanno votato a favore dell’emendamento, che secondo i manifestanti darà troppo potere al presidente. Ci sono però anche alcuni membri del Partito Colorato contrari alla modifica della Costituzione, e altri membri dei partiti di opposizione che sono favorevoli perché sperano di far rieleggere loro rappresentanti che sono già stati presidenti in passato. Il maggiore tra i partiti di opposizione, il Partito Liberale Radicale Autentico (PLRA), si è opposto all’emendamento, e il presidente del Senato Roberto Acevedo, che fa parte del PLRA, ha sostenuto che il modo in cui si è arrivati a votare l’emendamento in Senato ha violato alcune regole procedurali: per questo ha chiesto alla Corte Suprema del paese di cancellare la votazione. Alcuni politici dell’opposizione dicono che l’emendamento rappresenta un tentativo di golpe.
Dopo il voto al Senato la proposta di emendamento è passata alla Camera dei deputati, dove il Partito Colorato controlla 44 degli 80 seggi. Il voto alla Camera era in programma per oggi, ma è stato rimandato a causa delle proteste e dell’incendio. Dopo la probabile approvazione dei deputati, dovrà essere sottoposto al voto popolare con un referendum entro tre mesi. Se sarà approvato dai cittadini del Paraguay, l’emendamento permetterà a Cartes e ai precedenti presidenti del paese (compreso Fernando Lugo, l’ex presidente sfiduciato con una procedura di impeachment nel 2012) di ricandidarsi alle elezioni presidenziali previste nel 2018. In seguito agli scontri e all’incendio, Cartes ha pubblicato su Twitter un comunicato per invitare i cittadini a mantenere la calma e ha detto che «la democrazia non si conquista né si difende con la violenza». Cartes è anche il proprietario di una grossa società, il Grupo Cartes, che tra le altre cose controlla diversi media.
A todos los paraguayos en representación del Gobierno Nacional expreso cuanto sigue pic.twitter.com/SZIw0sKGc9
— Horacio Cartes (@Horacio_Cartes) April 1, 2017
Nelle ultime ore la polizia ha fatto irruzione nella sede del PLRA di Asunción, dove, secondo le testimonianze raccolte dal giornalista Laurence Blair, un uomo è stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco alla testa. Era un giovane di 25 anni, membro del partito, e originario della città di Colmena; si trovava nella capitale per partecipare alla protesta contro l’emendamento della Costituzione.