Cosa sappiamo di nuovo sull’omicidio di Alatri
Ci sono 7 indagati e due fratellastri arrestati, ma le ricostruzioni sono confuse: per ora però c'è una sola persona albanese coinvolta, contrariamente a quanto si diceva all'inizio
Da giorni il caso di cronaca più raccontato sui giornali italiani è l’omicidio di Emanuele Morganti, un ventenne ucciso fuori dal circolo Arci Mirò ad Alatri, in provincia di Frosinone. Morganti è stato picchiato molto violentemente dopo un futile litigio da un gruppo di persone nella notte tra venerdì e sabato, ed è morto poi domenica in ospedale. Inizialmente, la maggior parte dei giornali riportava la partecipazione di diverse persone albanesi nella rissa: le prime ricostruzioni sostenevano che fosse albanese il ragazzo con cui Morganti aveva litigato e alcune delle persone che poi lo avevano picchiato, compreso un buttafuori. Libero ha parlato di “branco di albanesi” in un titolo poi corretto, mentre La Stampa ha raccontato di un non meglio precisato “patto tra italiani e albanesi per massacrare Emanuele”. Nei giorni successivi, però, la procura di Frosinone, che sta conducendo le indagini, ha ridimensionato di molto il coinvolgimento di albanesi nella rissa: secondo le ultime notizie riportate dai giornali, l’unico dei sette indagati a essere di origine albanese è uno dei buttafuori del locale, le cui responsabilità non sono ancora state ancora chiarite. Due persone sono in stato di fermo: Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, di 27 e 20 anni e tra loro fratellastri, accusati di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Sabato pomeriggio si sono svolti i funerali di Morganti, nella chiesa di Tecchiena, la frazione di Alatri dove viveva.
Quello che si sa è che Morganti era dentro al locale, al bancone, e aveva ordinato alcuni drink. La barista che stava lavorando in quel momento ha raccontato che un altro ragazzo, Domenico Paniccia, si è avvicinato e le ha chiesto una consumazione, pur avendo con sé soltanto due euro. Morganti stava aspettando al bancone con la sua fidanzata, quando ha iniziato a discutere e strattonarsi con Paniccia, forse perché lo aveva superato nella fila. I giornali hanno inizialmente identificato Paniccia come albanese, informazione smentita dalla procura, che ha detto che era italiano. Repubblica scrive che i magistrati hanno spiegato che l’errore è nato dal fatto che Paniccia «è solito aggregarsi ad un gruppo di albanesi particolarmente noti per essere stati implicati in disordini scoppiati nei locali pubblici frequentati».
Uno o più buttafuori – che i giornali identificano come amico del ragazzo che stava litigando con Morganti – è intervenuto, ha iniziato a prendere a calci e pugni Morganti, chiamando anche altri tre suoi colleghi e portandolo poi fuori, ha raccontato la ragazza di Morganti. È fuori dal locale che Morganti è stato violentemente e ripetutamente picchiato: oltre a Castagnacci e Palmisani, sono indagati quattro buttafuori del locale e Franco Castagnacci, padre di Mario, che secondo diversi testimoni avrebbe impedito agli amici di Morganti di soccorrerlo. Dopo un interrogatorio al carcere di Regina Coeli, dicono i giornali, Mario Castagnacci ha sostenuto di essere estraneo alla rissa, e addirittura di non essere stato sul posto quando è avvenuta, contraddicendo quello che hanno però riportato molti testimoni.
Castagnacci faceva il cuoco e aveva precedenti di droga, mentre Palmisani era stato occupato come muratore. I giornali mercoledì hanno scritto che Castagnacci era stato fermato assieme ad altre tre persone dalla polizia giovedì scorso, il giorno prima dell’omicidio di Morganti, perché durante una perquisizione erano stati trovati in possesso di centinaia di dosi di cocaina, crack e hashish: il gip aveva però riconosciuto la versione secondo la quale erano destinate all’uso di gruppo, e Castagnacci era quindi stato scarcerato la mattina di venerdì, poche ore prima dell’omicidio.
Quello che è successo fuori dal circolo Arci è ancora in buona parte da chiarire, e le ricostruzioni si basano soprattutto su varie testimonianze in molti casi contraddittorie. Dopo essere stato portato di peso fuori dal locale, Morganti avrebbe chiesto spiegazioni ai buttafuori sul motivo per cui era stato allontanato: secondo le testimonianze Morganti ha poi iniziato a discutere anche con Palmisani, che lo avrebbe preso inizialmente a schiaffi, insieme a Castagnacci. Non è chiara esattamente la dinamica, ma ne è nata una rissa che ha coinvolto Morganti, i buttafuori, Palmisani, Castagnacci, il padre di Palmisani e altre persone, forse in misura minore. Le ricostruzioni suggeriscono che Morganti a un certo punto si sia allontanato dalla zona del locale, forse subito dopo essere stato sbattuto fuori, per poi tornare, forse perché la sua fidanzata era rimasta lì.
Ci sono testimonianze contrastanti sulla possibilità che nel pestaggio siano stati usati un manganello, da un buttafuori, e un attrezzo di metallo (una chiave per svitare i bulloni delle ruote delle auto), da Palmisani. Il medico legale che ha esaminato il corpo dice che ci sono ferite “non naturali”, cioè inflitte non a mani nude, ma alcune persone dicono di avere visto usare il manganello e la chiave durante il pestaggio, mentre altre dicono di no. Il manganello è stato ritrovato nell’auto di uno dei buttafuori, dice Repubblica, e sopra ha lo slogan fascista “Boia chi molla”. La chiave non è invece ancora stata recuperata.
Giuseppe De Falco, procuratore capo della Repubblica di Frosinone, ha detto che l’aggressione è stata compiuta da persone diverse e con modalità diverse, e che per questo «almeno allo stato delle indagini, non è possibile semplificare il tutto con affermazioni come “pestaggio di gruppo”». De Falco ha aggiunto che «le persone fermate sono riconducibili ad ambienti delinquenziali e non escludiamo che volessero dare un segno del loro controllo della piazza. (…) Dobbiamo verificare se questa esplosione di violenza gratuita è stata dettata dall’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, come verosimile, e approfondire il movente. Accertamenti sono in corso anche sul ruolo dei buttafuori del locale, quella sera strapieno, oltre i limiti, per una festa privata». Tony Ceccarelli, che era avvocato difensore di Castagnacci, ha rinunciato al suo incarico, spiegando: «È stata una decisione autonoma, presa senza alcuna pressione. Lo dico perché in questi giorni sono stati molti i colleghi, anche di indagati più marginali, che sono stati minacciati e malmenati».