Uber chiude in Danimarca
Per via di nuove regole molto restrittive: approvate, anche lì, per salvaguardare gli affari dei taxi tradizionali
Uber, il popolare e discusso servizio di trasporto con autista basato sull’uso dell’omonima app, ha detto che il prossimo 18 aprile sospenderà le operazioni in Danimarca, dopo l’introduzione di una nuova legge che tra le altre cose obbliga tutti i servizi di taxi o simili ad avere sedili con sensori per rilevare la presenza di passeggeri e tassametri. La decisione è stata annunciata martedì 28 marzo dal portavoce della società Kristian Agerbo, che ha spiegato che le nuove regole non permettono più a Uber di operare e che ha comunque aggiunto che la società continuerà a lavorare con il governo per trovare un compromesso “che permetta a tutti i danesi di godere dei benefici delle tecnologie moderne come Uber”.
La decisione di chiudere in Danimarca è l’ultima conseguenza dei molti attacchi che Uber sta ricevendo in Europa, a livello legislativo e giudiziario. Diversi governi – tra cui quello italiano – hanno imposto regole piuttosto severe per limitare la diffusione del servizio e successive sentenze in molti paesi hanno molto limitato i servizi che Uber può offrire. In Italia, per esempio, è stato chiuso Uber Pop, il servizio che permetteva a chiunque di lavorare come autista per Uber con la propria macchina e per un numero variabile di ore ogni giorno, ma decisioni simili sono state prese anche in Spagna, Germania, Francia, Belgio e Paesi Bassi. Gran parte delle nuove regole e delle sentenze sono arrivate per le pressanti richieste dei tassisti tradizionali, per cui Uber è un agguerrito concorrente ma – secondo loro – un concorrente sleale poiché non soggetto agli stessi regolamenti e tassazioni.
In Danimarca, Uber opera da meno di tre anni ma ha già 300.000 clienti e 20.000 autisti, ed è stato molto criticato dalle società di taxi tradizionali per gli stessi motivi per cui è successo in altri paesi. Per aiutare i suoi autisti durante la chiusura del servizio, Uber ha detto di aver previsto un fondo che permetta di dare sostegno economico, mentre ha specificato che non chiuderà la sua divisione di sviluppo software che si trova ad Aarhus, nel nord del paese.
Nonostante la Commissione europea abbia chiesto ai suoi stati membri di evitare regole per vietare Uber, il futuro del servizio in Europa – dove opera dal 2011 – potrebbe dipendere da quello che deciderà la Corte di giustizia europea in un caso portato avanti dall’associazione dei tassisti di Barcellona e che ha avuto udienza lo scorso novembre in Lussemburgo, dove si trova il tribunale. La sentenza arriverà nel corso di quest’anno e stabilirà se Uber sia da considerare una “società di trasporti” o una “piattaforma digitale”: nel primo caso dovrebbe adeguarsi a tutte le regole per società simili nei vari stati dell’Unione, nel secondo potrebbe probabilmente continuare ad operare con il suo tradizionale modello di business.