Cosa sappiamo sulla storia della Juventus e della ‘ndrangheta
Fulvio Paglialunga ha fatto un po' d'ordine sull'Ultimo Uomo, distinguendo tra le ipotesi e i fatti e contestualizzando la vicenda
Fulvio Paglialunga ha messo in ordine sull’Ultimo Uomo le cose che sappiamo sull’indagine sportiva della procura federale della FIGC sui rapporti tra alcuni dirigenti della Juventus – compreso il presidente Andrea Agnelli – e alcuni esponenti della ‘ndrangheta in Piemonte. La tesi dell’accusa è che la Juventus abbia venduto blocchi di biglietti ad alcuni esponenti della criminalità organizzata, che poi li hanno rivenduti con pratiche di bagarinaggio. Ma è una storia più complicata di così: perché ci sono gradi di responsabilità diversi e da dimostrare, da Agnelli in giù; perché riguarda questioni delicate e oscure come le infiltrazioni mafiose nelle curve degli stadi italiani (non solo tra gli ultras della Juventus); perché coinvolge lo sport più seguito in Italia e la squadra contemporaneamente più tifata e odiata, portandosi dietro le prevedibili storture e partigianerie, in un senso e nell’altro; perché è un’indagine sportiva, che ha regole e funzionamenti diversi da quelli della giustizia ordinaria, che ha condotto un’inchiesta precedente sulla ‘ndrangheta in Piemonte ritenendo di non indagare nessun dirigente della Juventus.
È una storia di intrecci e di calcio, di rapporti al limite e di contaminazioni. Parla della Juve, potrebbe parlare di altre. Ma in questo momento parla della Juve ed è già un problema, perché la Juve fa rumore e divide come nessuno: di qua gli juventini, di là tutti gli altri, diventa il momento in cui ogni ragionamento finisce soppiantato dal tifo o dal tifo contro. Anche quando l’argomento è estremamente serio, anche quando si parla di possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo del pallone. Un caso, quindi, in cui andrebbero posate le bandiere. Non è una questione da partigiani.
Da dove comincia la storia
Qui si parla di ‘ndrangheta, della possibile attività di una cellula della cosca Pesce-Bellocco nell’Alto Piemonte, di un’inchiesta della Procura di Torino che coinvolge persone accusate di 84 reati, dall’associazione mafiosa alla detenzione d’armi, dall’estorsione al tentato omicidio. E di un padre e un figlio, Saverio e Rocco Dominello, ritenuti appartenenti alla cosca; ai quali è contestato il 416 bis e, tra le altre cose, il tentativo di infiltrarsi nella curva dei tifosi della Juventus per avere contatti con la dirigenza, ottenere biglietti da rivendere a prezzo maggiorato. Fare soldi.
Un sospetto sistema di controllo e guadagni illeciti che coinvolge la Juve non sul piano penale (non ci sono dirigenti indagati e la società non figura nemmeno come parte offesa), ma su quello sportivo, motivo per cui tutti i documenti sono stati poi inviati alla Procura Federale per le sue indagini.
Ma la contaminazione del mondo del calcio e in questo caso di quello intorno alla Juve è un argomento da affrontare seriamente: i Dominello sarebbero tra i fondatori de “I Gobbi”, gruppo che si fa strada nella curva juventina nel 2013, ma Rocco, secondo la Procura, sarà già visto prima (dal 2009) come «uomo di mediazione» e «dai toni equilibrati e mai evidentemente minacciosi» in un momento in cui la Curva juventina è parecchio divisa.