7 cose sul nuovo Mondiale di Formula 1
Le squadre e i piloti favoriti, le aspettative intorno alla Ferrari e le altre novità (macchine molto più veloci) sul campionato che comincia domenica in Australia
Domenica 26 marzo a Melbourne, in Australia, si correrà il primo dei venti Gran Premi del campionato mondiale di Formula 1 del 2017, la più importante e prestigiosa competizione annuale per macchine da corsa, a cui partecipano alcune delle aziende del settore più famose al mondo (Ferrari, Mercedes, Williams, McLaren, Renault). Durerà fino al 26 novembre, giorno del Gran Premio di Abu Dhabi, e quest’anno partecipano dieci squadre e venti piloti. Rispetto alla stagione passata c’è una squadra in meno, la britannica Manor Racing (la cui società è fallita), e un Gran Premio in meno, quello della Germania (gli organizzatori non sono riusciti a trovare un accordo con la società che gestisce i diritti commerciali della Formula 1). Il trentunenne pilota tedesco Nico Rosberg, vincitore del Mondiale dell’anno scorso, si è ritirato dalla Formula 1. La sua ex squadra – la Mercedes, che dal 2014 in poi ha vinto tutti i titoli in palio – è ancora da molti ritenuta la squadra più forte e attrezzata per affrontare questa stagione di rilevanti cambiamenti sul piano regolamentare.
Oltre ad alcune sostanziali modifiche al regolamento tecnico, ci sono una serie di altri elementi che dovrebbero rendere più avvincente e combattuto del solito – almeno teoricamente – il nuovo campionato. Per esempio: la maggiore velocità delle macchine rispetto al recente passato (tre o quattro secondi al giro più veloci della stagione scorsa); gli ottimi tempi fatti dalla Ferrari durante i test invernali; la presenza di un nuovo pilota – bravo e già sufficientemente esperto – nella squadra Mercedes; le aspettative molto alte intorno a Max Verstappen, diventato l’anno scorso, a 18 anni, il più giovane vincitore di un Gran Premio nella storia della Formula 1, e già unanimemente ritenuto uno dei piloti più sfrontati e veloci degli ultimi tempi.
1. Il primo Gran Premio: orari e cose da sapere
La partenza del Gran Premio d’Australia, al circuito Albert Park, è programmata per il primo pomeriggio di domenica 26 marzo a Melbourne, quando in Italia saranno le 07:00, secondo l’ora legale che sarà entrata in vigore proprio nella notte tra sabato e domenica. Quindi occhio: sarebbe alle 07:00, la partenza, se non fosse che dalle 02:00 gli orologi saranno già stati portati avanti di un’ora. In Italia sarà trasmesso in diretta televisiva soltanto su Sky (su Rai 1 è in differita alle 14:00). Eccetto che nel 2006 e nel 2010, il Gran Premio d’Australia è per consuetudine la prima gara di Formula 1 dell’anno fin dal 1996, cioè da quando si svolge a Melbourne (in precedenza si correva ad Adelaide, in un altro stato del sud dell’Australia).
La pista dell’Albert Park è un cosiddetto circuito “cittadino”, cioè in parte ricavato utilizzando un tracciato percorso abitualmente dai comuni veicoli da strada, intorno al lago Albert Park. È lungo 5,3 chilometri e in gara sarà percorso 58 volte, per un totale di 307,5 chilometri. Trattandosi di una pista atipica, fatta di lunghi rettilinei e frenate molto brusche, non è propriamente ritenuta una pista probante, nel senso che non è detto che chi vada forte su questa pista vada poi altrettanto forte negli altri Gran Premi, su piste più “tradizionali”, con un maggior numero di curve veloci. È comunque statisticamente rilevante che, in ventuno edizioni di questo Gran Premio disputate su questa pista, tredici volte il vincitore della corsa sia stato il pilota che poi ha vinto il titolo mondiale alla fine di quella stagione (ma dal 2010 in poi è accaduto soltanto tre volte su sette).
Uno dei punti della pista più complicati da affrontare per i piloti è la prima curva, a destra, dopo il rettilineo di partenza. La difficoltà è determinata dalla forte decelerazione rispetto alle velocità raggiunte alla fine del rettilineo, e dal restringimento della carreggiata, che – in caso di sorpasso – spesso costringe uno dei piloti ad “allargare” la traiettoria e finire leggermente fuori pista. Altre volte questi stessi motivi hanno causato grossi incidenti, con molte macchine coinvolte, come nell’edizione del 2002.
2. Le nuove regole
Per soddisfare una richiesta proveniente dai piloti e dalle squadre, e per rendere più avvincente il campionato di Formula 1 del 2017, la FIA – la Federazione Internazionale dell’Automobile, organizzatrice del Mondiale di F1 e di altre competizioni motoristiche – ha introdotto una serie di modifiche al regolamento tecnico, definite e note alle squadre fin dalla passata stagione, che hanno significativamente alterato i criteri di costruzione e l’aerodinamica delle macchine. Per le caratteristiche stesse di queste modifiche, e per l’influenza che dovrebbero esercitare sulle prestazioni generali delle macchine, diversi commentatori hanno sinteticamente definito questo campionato di Formula 1 “l’inizio di una nuova era”.
Prima di tutto, le macchine di quest’anno sono molto più veloci di quelle della stagione passata. Durante i test invernali svolti dalle squadre tra febbraio e marzo a Montmeló, vicino Barcellona, il tempo più veloce in assoluto – fatto dalla Ferrari guidata da Raikkonen – è risultato migliore di 3,3 secondi rispetto al tempo con cui la Mercedes guidata da Hamilton aveva ottenuto la pole position nell’edizione del Gran Premio di Spagna del 2016, su questo stesso circuito. Secondo le stime che circolano tra gli addetti, in alcune piste la differenza tra il miglior tempo di quest’anno e il migliore dell’anno scorso potrebbe arrivare a cinque secondi: è quindi molto probabile che, in diversi Gran Premi, il 2017 sia destinato a diventare l’anno dei tempi record sul giro.
La prima sostanziale e più evidente differenza rispetto all’anno scorso è che le macchine sono più larghe: due metri invece che 1,80. Anche le misure dell’alettone anteriore, come conseguenza, sono state modificate (da 1,65 a 1,80 metri di larghezza), così come quelle del “muso” anteriore (più lungo) e di altre parti in prossimità delle fiancate posteriori e del fondo della macchina (le “pance” e i “diffusori”), una zona molto rilevante per il controllo e il deflusso delle correnti d’aria generate mentre la macchina è in movimento. Anche l’ala posteriore è più larga (0,95 invece che 0,75 metri) e più bassa (0,80 invece che 0,95 metri). Sebbene le macchine siano comprensibilmente più pesanti (il limite ora è di 722 chili e non 702), tutti questi “allargamenti” determinano una maggiore aderenza delle macchine sull’asfalto, rendendole più veloci nelle curve larghe da percorrere ad alte velocità.
Questa caratteristica aerodinamica è nettamente favorita da un’altra modifica, altrettanto evidente ma rilevante anche sul piano della trazione (la forza esercitata dalle ruote per far muovere la macchina) in uscita dalle curve strette: le gomme hanno un diametro maggiore e, soprattutto, sono più larghe del 25 per cento, e di conseguenza è molto più ampia la superficie complessiva di aderenza all’asfalto. Inoltre, secondo il fornitore (Pirelli), quelle del 2017 saranno generalmente più solide e resistenti, e potrebbero più spesso che in passato permettere ai piloti di andare forte – senza badare troppo al deterioramento del battistrada – e alle squadre di concludere la gara con una unica sosta per la sostituzione delle gomme.
Spot the difference!At the front the tyres grow from 245 to 305mm this year.At the back they grow from 325 to 405mm pic.twitter.com/M4oHT5xctp
— Pirelli Motorsport (@pirellisport) February 28, 2017
Steve Nielsen, direttore sportivo della Williams, la squadra che l’anno scorso ha compiuto il più veloce pit-stop di sempre (1,92 secondi) in Formula 1, ha ammesso che il maggior peso e la maggiore ampiezza delle gomme del 2017 potrebbero effettivamente rallentare le soste ai box. «Alla Williams un pit-stop comprende trentaquattro operazioni, da compiere nello spazio di due secondi, e di queste trentaquattro operazioni dodici sono condizionate dalla maggiore grandezza e dal maggior peso delle gomme», ha detto Nielsen.
3. Cosa cambia per i piloti
Stando a quanto dichiarato da molte squadre, una delle conseguenze di queste modifiche, nella guida, è che le macchine sono più veloci sì ma anche molto più difficili da controllare, e guidarle richiede al pilota un impegno e uno sforzo fisico maggiori. «La macchina è molto più veloce in curva, e la spinta che avverti sul corpo e sul collo è decisamente maggiore, ho lividi e gonfiori in parti del corpo in cui mai ne avevo avuti», ha detto Lewis Hamilton, pilota della Mercedes, al termine di una giornata dei recenti test invernali. Stando così le cose, l’abituale indicazione di non mettere su troppo peso, data dagli ingegneri ai piloti, da quest’anno sarà molto probabilmente controbilanciata dalla necessità di mantenere una maggiore, adeguata massa muscolare necessaria a sostenere le maggiori forze laterali esercitate dalla macchina sul corpo dei piloti nelle curve veloci.
Un’altra conseguenza riferita da alcuni piloti – meno favorevole per lo spettacolo e forse un po’ sottovalutata – è che compiere sorpassi è meno semplice di prima, sia perché le macchine sono più larghe di prima (e le piste no), sia perché il loro funzionamento aerodinamico sembra essere più marcatamente alterato dall’eventuale presenza ravvicinata di un’altra macchina davanti. Seguire una macchina molto da vicino, in altre parole, potrebbe rendere la guida molto più instabile e imprevedibile di quanto già lo fosse in passato, in questo tipo di situazione.
Altre modifiche importanti riguardano gli articoli che regolano il numero e il tipo di interventi delle squadre sui motori: ci saranno limiti meno stringenti per lo sviluppo nel corso della stagione, purché ciascuna squadra rispetti il limite massimo di quattro motori per pilota, da gestire nel corso delle venti gare. Una modifica molto attesa nel regolamento sportivo, infine, riguarda l’utilizzo della safety car (la macchina sportiva che si vede entrare in pista quando c’è una situazione di pericolo): in caso di pioggia o di pista bagnata al momento della partenza, dopo aver compiuto qualche giro di prova dietro la safety car, da quest’anno i piloti dovranno risistemarsi sulla griglia e fare una partenza normale. Finora, generalmente, la safety car usciva dalla pista e i piloti riprendevano a gareggiare con una partenza “lanciata”, cioè senza fermare le macchine (una situazione comunque non ancora del tutto esclusa dal regolamento).
4. Chi sono i favoriti
Avendo vinto tutti i titoli in palio dal 2014 in poi, con un consistente vantaggio sui suoi principali avversari, la Mercedes è ancora ritenuta la squadra favorita per la vittoria del Mondiale del 2017. Sono emersi tuttavia nelle settimane scorse diversi elementi sufficienti per credere che la competizione di quest’anno potrebbe quantomeno essere più avvincente e aperta ad altre due squadre: Ferrari e Red Bull.
Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, le squadre di Formula 1 hanno avuto otto giornate per provare le nuove macchine a Montmeló, sul circuito di Catalogna, sede abituale del Gran Premio di Spagna. Al contrario di quella di Melbourne, per caratteristiche dell’asfalto, delle curve e dei rettilinei, si tratta di una pista molto utile ai progettisti e agli ingegneri per comprendere e prevedere in modo relativamente attendibile il funzionamento generale delle macchine anche su altre piste utilizzate per il campionato mondiale. A Montmeló la Mercedes è stata la squadra che ha percorso il maggior numero di chilometri, ossia l’unica ad averne fatti oltre 5 mila, peraltro senza guasti tecnici rilevanti.
È stata però la Ferrari guidata dal pilota finlandese Kimi Raikkonen, nella giornata conclusiva, a compiere il giro più veloce in assoluto considerando i tempi di tutti i piloti in entrambe le sessioni di test invernali. Il miglior tempo di Raikkonen (1 mnuto e 18,634 secondi) è stato più veloce di circa sette decimi di secondo rispetto al miglior tempo del britannico Lewis Hamilton (1 minuto e 19,352), il pilota della Mercedes con maggiori probabilità di vincere il Mondiale. E, in generale, la Ferrari – sia con Raikkonen che con l’altro pilota, il tedesco Sebastian Vettel – è andata più forte delle altre squadre anche misurando i tempi complessivi di più giri percorsi consecutivamente. A differenza di Hamilton, tra l’altro, Raikkonen non ha segnato il suo miglior tempo utilizzando il tipo di gomme – tra i quattro messi a disposizione da Pirelli – teoricamente più adatto a fare giri molto veloci, dando quindi motivo di credere che quel tempo avrebbe potuto essere persino migliore. Lo stesso Hamilton ha detto di ritenere la Ferrari la squadra favorita per la vittoria in Australia.
Senza mettere in dubbio gli evidenti progressi mostrati nei test invernali dalla Ferrari – che non vince un titolo dal 2007 (l’ultimo a vincerlo è stato proprio Kimi Raikkonen) – secondo i più sgamati la differenza tra il miglior tempo di Raikkonen e quello di Hamilton è fin troppo ampia per essere realistica. L’ipotesi più accreditata tra gli addetti è che la Mercedes abbia girato con maggiori carichi di carburante e senza sfruttare a pieno i giri del motore, preferendo concentrare l’attenzione su altri aspetti dello sviluppo della macchina, diversi dalla ricerca della migliore prestazione sul giro. Ad avvalorare questa ipotesi c’è, tra l’altro, la considerazione del fatto che già altre volte in passato la Ferrari è andata molto bene nei test invernali, salvo poi ritrovarsi – come accaduto l’anno scorso – a competere per cercare di mantenere lo status di seconda squadra più forte del campionato, e neanche riuscirci.
La Red Bull – arrivata seconda nella classifica dei costruttori della scorsa edizione del Mondiale – è andata un po’ meno bene del previsto, nei test invernali, ma è da molti ritenuta la squadra con i più ampi margini di miglioramento, considerando che il suo principale punto di forza in anni recenti è stata la capacità di sviluppare la macchina più rapidamente e meglio degli avversari. Quest’anno, fin dalla prima gara, la Red Bull – nota per aver vinto, con il pilota Vettel, tutti i titoli in palio dal 2010 al 2013 – avrà inoltre la coppia di piloti più apprezzata in circolazione: l’australiano Daniel Ricciardo, in Red Bull dal 2014, e l’olandese Max Verstappen, assunto l’anno scorso dalla Red Bull a partire dal quinto Gran Premio, vinto proprio da lui a poco più di diciotto anni e mezzo (è così diventato il più giovane pilota di sempre ad aver vinto un Gran Premio nella storia della Formula 1).
Oltre che per una certa irriverenza e sfrontatezza, qualità generalmente molto apprezzate dagli appassionati di Formula 1, l’anno scorso Verstappen si è fatto notare per la sorprendente capacità di sorpassare (e, soprattutto, di difendersi dai sorpassi degli altri piloti) e per alcune manovre difficili e molto spettacolari.
5. Chi ha smesso e chi ha cambiato squadra
L’inatteso ritiro di Rosberg dalla Formula 1, annunciato al termine della stagione scorsa, ha costretto la Mercedes a cercare piloti alternativi in un momento dell’anno in cui le coppie di piloti delle squadre più forti per la stagione successiva sono di solito già definite da mesi. I dirigenti della Mercedes hanno comunque mostrato interesse per il pilota finlandese Valtteri Bottas, il cui contratto con la Williams – la squadra per cui corre fin dal suo esordio in Formula 1, nel 2013 – è stato risolto alla fine del 2016 per permettergli di correre quest’anno con la Mercedes, con un contratto di un solo anno. Trovandosi improvvisamente con un posto libero in squadra, la Williams ha quindi richiamato il brasiliano Felipe Massa, ex pilota Ferrari che ha corso per la Williams nelle ultime tre stagioni e aveva annunciato il suo ritiro dalla Formula 1 proprio nel 2016. Massa ha accettato di correre per un altro anno.
Bottas ha ventisette anni e corre in Formula 1 dal 2013. Per qualche tempo, tra il 2014 e il 2015, il suo nome era circolato parecchio sui media sportivi come possibile alternativa a Raikkonen in Ferrari. Non ha mai guidato una macchina abbastanza veloce da permettergli di vincere una gara, ma ciononostante è riuscito a costruirsi una reputazione di pilota veloce, molto costante e poco incline a commettere errori. Tra quelli che non hanno mai vinto una gara, è il pilota che ha ottenuto il maggior numero di punti, e in quattro stagioni con la Williams – una squadra fortissima negli anni Novanta e ora non più – nove volte è riuscito a concludere la gara tra i primi tre classificati, e molto spesso ha battuto il suo più esperto compagno di squadra, Felipe Massa. Per la prima volta guiderà una macchina in grado di vincere: la sua compatibilità professionale e umana con Hamilton in Mercedes, la sua disposizione ad adattarsi alla nuova macchina e la sua capacità di soddisfare aspettative molto più elevate che in passato, secondo molti, rappresentano alcuni dei più validi motivi di interesse di questo nuovo campionato.
Un altro che aveva annunciato il proprio ritiro dalla Formula 1 già l’anno scorso – e che, a differenza di Massa, non ha ritirato l’annuncio – è il trentasettenne britannico Jenson Button, ex pilota della McLaren, vincitore del titolo mondiale nel 2009 con la squadra Brawn GP. È opinione diffusa che per la maggior parte della sua carriera, se si esclude il campionato del 2009, Button abbia gareggiato per squadre non abbastanza veloci e non all’altezza del suo riconosciuto e apprezzato talento. Più che un ritiro, il suo è stato definito un anno sabbatico, per quanto un suo ritorno sia ritenuto piuttosto improbabile. Una clausola presente nel contratto con la McLaren, ad ogni modo, permetterebbe alla squadra di richiamarlo nel 2018, un’eventualità ritenuta possibile solo nel caso in cui l’altro pilota della McLaren, lo spagnolo Fernando Alonso, dovesse cambiare squadra o ritirarsi alla fine del 2017.
6. Le facce nuove
Al posto di Jenson Button la McLaren ha assunto il ventiquattrenne belga Stoffel Vandoorne, già pilota collaudatore dal 2014. In un Gran Premio di Formula 1 Vandoorne si era già visto l’anno scorso, quando alla seconda gara del campionato, in Bahrain, aveva dovuto sostituire con urgenza Fernando Alonso (che per via di un incidente piuttosto serio avuto nel Gran Premio precedente, in Australia, in Bahrain non aveva superato i test di idoneità fisica per affrontare la corsa). Fece una gran bella figura, Vandoorne: in qualifica ottenne il dodicesimo posto, andando più forte del compagno di squadra Button, e in gara riuscì a finire in decima posizione e permettere così alla McLaren di ottenere il suo primo punto del Mondiale 2016. Con Alonso e Vandoorne la McLaren conta di replicare uno schema piuttosto diffuso tra le squadre di Formula 1: un pilota esperto e un pilota emergente, molto più giovane.
Come coppia di piloti titolari la squadra Force India avrà invece il ventisettenne Sergio Perez – un messicano molto promettente ma il cui suo esordio in Formula 1, nel 2011, non è stato seguito da progressi commisurati alle attese – e il ventenne francese Esteban Ocon. Ocon non è proprio una faccia nuova: nel 2016 ha cominciato da pilota collaudatore della squadra Renault, ma le ultime nove gare le ha corse, senza mai ottenere punti, come pilota titolare della squadra britannica Manor, poi fallita. Quei Gran Premi della stagione scorsa potrebbero tornargli molto utili come esperienza in Formula 1: è andato abbastanza bene soprattutto nella penultima gara, in Brasile, in cui ha mostrato anche un certo talento nella guida sul bagnato.
L’unico vero esordiente del campionato del 2017 è il pilota che affiancherà Felipe Massa alla Williams, il diciottenne canadese Lance Stroll, il più giovane di tutti, figlio del miliardario canadese Lawrence Stroll. Nel 2016 ha vinto il campionato europeo di Formula 3, una categoria di molto inferiore alla Formula 1 e alla GP2, e a cui in passato hanno partecipato, tra gli altri, anche piloti come Max Verstappen e Ocon. Finora Stroll ha mostrato buone doti da pilota e ampi margini di miglioramento, ma non ancora qualità di guida da fuoriclasse paragonabili, per esempio, a quelle che già venivano diffusamente attribuite a Verstappen prima ancora che in Formula 1 Verstappen ci arrivasse.
Durante le due settimane di test invernali in Spagna, inoltre, Stroll ha mostrato molte difficoltà nella guida ed è uscito fuori pista tre volte, danneggiando seriamente la sua macchina. Considerando però che ha soltanto diciotto anni e che le macchine di quest’anno sono considerate estremamente difficili da guidare anche da piloti delle generazioni precedenti alla sua, la reputazione di sfasciamacchine che già comincia a circolare sul suo conto è probabilmente prematura e inappropriata.
7. E la McLaren? E Alonso?
Per la terza stagione consecutiva la squadra inglese McLaren, una delle più famose e vincenti nella storia della Formula 1, avrà motori costruiti e forniti dal produttore giapponese Honda. Per quanto si sperasse che le radicali modifiche al regolamento tecnico potessero – dopo due stagioni disastrose – agevolare il lavoro della McLaren, la preoccupante fragilità di molte parti della macchina e i numerosi guasti meccanici capitati durante i pochi giorni di test invernali lasciano intuire che anche quest’anno i piloti della McLaren, Alonso e Vandoorne, almeno inizialmente faranno molta fatica già solo a concluderle, le gare.
A detta di molti, il problema principale della squadra continua a essere il motore, sia sul piano delle prestazioni che, soprattutto, su quello della resistenza. Per tutta la durata dei test, a causa di imprevisti e guasti vari (sette dei quali relativi al motore), la McLaren non è mai stata in grado di girare per più di undici giri consecutivi, che corrispondono a malapena a un sesto della distanza da percorrere per finire un Gran Premio. Sui rettilinei, inoltre, raggiungeva a stento velocità di punta comunque inferiori di quasi trenta chilometri orari rispetto a quelle raggiunte dalle squadre più forti.
La frustrazione di trovarsi per la terza stagione consecutiva a dover sperare di finire le gare, prima ancora di pensare di vincerne una, potrebbe secondo alcuni portare il trentacinquenne spagnolo Fernando Alonso – ex pilota della Ferrari e campione del mondo nel 2005 e nel 2006, con la Renault – a valutare la possibilità di cambiare squadra al termine di questa stagione, qualora la McLaren non dovesse mostrare un livello di competitività sufficiente a permettergli di competere per la vittoria.