Ora è ufficiale: l’FBI indaga sui legami tra Russia e Trump
Lo ha confermato al Congresso il capo dell'FBI, che ha detto anche che la Russia voleva favorire Trump e che non ci sono prove che Obama lo abbia fatto intercettare
Il direttore dell’FBI James Comey ha parlato di fronte alla commissione di intelligence della Camera del Congresso statunitense e ha confermato due notizie che erano circolate nelle ultime settimane, ma che non erano ancora ufficiali. Ha detto che l’indagine sulle presunte interferenze russe nelle elezioni presidenziali statunitensi «include l’analisi della natura di qualsiasi legame tra persone associate alla campagna di Trump e governo russo, e se ci sia stato o meno coordinamento tra la campagna e gli sforzi russi». Comey ha detto che l’interferenza russa aveva evidentemente l’obiettivo di indebolire la democrazia americana e la candidatura di Hillary Clinton, favorendo invece Donald Trump, il candidato preferito da Putin. Comey ha aggiunto poi che non sono state trovate le prove che confermino le accuse di Trump secondo le quali l’ex presidente Barack Obama avrebbe ordinato delle intercettazioni sui telefoni della Trump Tower in campagna elettorale.
Comey: Russia's goals in 2016 were to hurt U.S. democracy, hurt Hillary Clinton and help Trump pic.twitter.com/IF9lRnsNN1
— Axios (@axios) March 20, 2017
Comey ha detto che non è usuale che l’FBI confermi o smentisca l’esistenza di un’indagine segreta, ma ha aggiunto di avere ricevuto l’autorizzazione a parlare pubblicamente dal ministero della Giustizia statunitense. Oltre a Comey, ha parlato anche il direttore della National Security Agency (NSA), Michael Rogers, che ha ribadito che l’intelligence statunitense ha ragione di credere che la Russia abbia interferito nelle presidenziali dello scorso novembre con l’obiettivo di favorire l’elezione di Trump. Comey ha detto che la Russia ha attaccato i server del Partito Democratico e poi ha fatto avere i documenti a trafugati a Wikileaks tramite un intermediario; più volte poi si è rifiutato di rispondere sul ruolo di Roger Stone, un amico e stretto collaboratore di Trump che durante la campagna elettorale aveva dato l’impressione di essere in contatto con Wikileaks. Sia Comey che Rogers hanno escluso invece che la Russia abbia hackerato o comunque alterato il voto negli stati decisivi alle elezioni, soprattutto Michigan, Pennsylvania, Wisconsin, Florida, North Carolina o Ohio.
I rapporti tra i collaboratori di Trump e la Russia sono da tempo oggetto di polemiche e inchieste giornalistiche. Ci sono passati, tra gli altri, Paul Manafort, capo della campagna elettorale di Trump fino all’estate 2016, poi costretto a dimettersi dopo che era venuto fuori che aveva ricevuto 11,3 milioni di euro in nero da un partito ucraino molto vicino alla Russia; Michael T. Flynn, ex consigliere di Trump per la sicurezza nazionale, anch’egli costretto a dimettersi dopo che si era scoperto che aveva discusso delle sanzioni approvate da Obama contro la Russia prima di prestare giuramento come membro del governo, e lo aveva nascosto all’FBI e al vicepresidente Pence; Rex Tillerson, attuale segretario di Stato ed ex CEO di ExxonMobil (una delle più grandi compagnie petrolifere al mondo), che in passato ha intrattenuto importanti rapporti commerciali con aziende russe e ha vinto l’Ordine dell’Amicizia, un premio che viene consegnato agli stranieri che in qualche modo hanno sviluppato un legame positivo con la Russia; Jeff Sessions, ex senatore e oggi procuratore generale, che aveva nascosto al Congresso sotto giuramento due suoi incontri con l’ambasciatore russo negli Stati Uniti durante la campagna elettorale; e infine Carter Page, ex consigliere della campagna elettorale di Trump che ha ammesso di aver incontrato l’ambasciatore americano in Russia dopo averlo negato in precedenza.
Alla fine dell’audizione di Comey, Trump ha fatto un tweet dall’account ufficiale del presidente americano e ha scritto: «Il direttore dell’FBI Comey si rifiuta di negare che ha parlato con il presidente Obama delle telefonate fatte da Michael Flynn alla Russia». Non è chiaro cosa abbia voluto dire Trump con questo tweet, se non insinuare l’esistenza di una specie di complotto Democratico ai suoi danni.
FBI Director Comey refuses to deny he briefed President Obama on calls made by Michael Flynn to Russia. pic.twitter.com/cUZ5KgBSYP
— President Trump 45 Archived (@POTUS45) March 20, 2017
Trump ha anche scritto che l’FBI e la NSA hanno negato che la Russia abbia interferito con le elezioni americane, di fatto travisando quello che hanno detto Comey e Rogers, che hanno spiegato che per quanto ne sanno la Russia non ha interferito con il voto vero e proprio, lo scorso 8 novembre, ma che invece ci sono state interferenze per favorire Trump durante la campagna elettorale. Trump ha commentato le dichiarazioni di Comey anche sul suo account Twitter personale: ha detto che i Democratici hanno insistito sulla storia della Russia per mascherare il fatto che hanno condotto «una pessima campagna elettorale», ha insinuato che anche il comitato elettorale di Clinton abbia avuto contatti con la Russia e ha di nuovo accusato la rete CNN di dire notizie false, dicendo che Fox ha ascolti più alti. Il portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer, in una conferenza stampa ha comunque detto che Trump non intende ritirare le accuse contro Obama per la storia delle presunte intercettazioni. Ha anche precisato che l’indagine dell’FBI sui rapporti tra i funzionari del comitato elettorale di Trump e la Russia non significa che ci siano delle prove al riguardo.
Comey, come detto, ha confermato poi che per il momento l’FBI non ha informazioni che provino le accuse di Trump contro Obama sulle intercettazioni illegali. La storia era iniziata il 4 marzo, quando Trump aveva accusato Obama di avere fatto mettere sotto controllo illegalmente i telefoni della Trump Tower durante la campagna elettorale. Obama aveva smentito immediatamente le accuse e poi era intervenuto anche Comey, dicendo che le affermazioni di Trump erano false. Qualche giorno dopo Spicer, aveva ridimensionato l’intera questione durante una conferenza stampa con i giornalisti, mentre i leader dei Repubblicani e dei Democratici della commissione di Intelligence al Senato hanno concluso che non c’era alcuna prova per sostenere le accuse del presidente. La stessa conclusione era già stata raggiunta dalle controparti alla Camera. Infine, pochi giorni fa Spicer aveva rilanciato, accusando Obama di avere intercettato le telefonate di Trump tramite i servizi di spionaggio e controspionaggio del settore delle comunicazioni del Regno Unito, il GCHQ (Government Communications Headquarters). Il GCHQ aveva smentito le accuse, che oggi sono state smentite anche da Rogers, direttore della NSA.