Il G20 non è più contro «ogni forma di protezionismo»
I ministri dell'Economia dei paesi più industrializzati hanno faticato a mettersi d'accordo su economia globale e clima, soprattutto perché era la prima volta con l'amministrazione Trump
Il 17 e il 18 marzo i ministri dell’Economia del G20, cioè i diciannove dei paesi più industrializzati del mondo più l’Unione Europa, si sono riuniti a Baden-Baden, in Germania: è stato il primo incontro del gruppo a cui abbia partecipato un membro dell’amministrazione del nuovo presidente americano Donald Trump, e ci sono state le prime conseguenze. Il ministro del Tesoro americano Steve Mnuchin si è opposto all’impegno a «resistere a ogni forma di protezionismo» che faceva parte degli intenti proclamati dal G20 l’anno scorso. Inoltre nella dichiarazione finale firmata dai ministri non ci sono riferimenti all’accordo sul clima di Parigi, né impegni a finanziare gli sforzi per contrastare il riscaldamento globale. Queste inversioni di tendenza dipendono dalla linea del nuovo governo americano: Trump ha promesso di introdurre politiche protezioniste – sebbene nel suo primo incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel abbia detto di non credere nell’isolazionismo – e più volte nella sua campagna elettorale ha detto di considerare il cambiamento climatico «una balla».
Secondo Bloomberg, Mnuchin non è stato molto chiaro su come lo slogan di Trump “America First”, cioè “l’America per prima”, si concretizzerà per quanto riguarda le misure economiche, ma ha comunque fatto eliminare l’impegno contro il protezionismo. Il passaggio è stato sostituito con la frase «rafforzare il contributo del commercio». Mnuchin ha detto che la nuova amministrazione americana vuole riesaminare alcuni accordi presi in precedenza e che non si sente legata a quanto stabilito nei precedenti incontri del G20, nei quali gli Stati Uniti erano stati rappresentati dall’amministrazione Obama. Il documento finale uscito dall’incontro contiene anche un impegno a contrastare l’evasione fiscale e il finanziamento dei gruppi terroristici, e a rafforzare gli investimenti privati nei paesi africani.
La decisione di non citare l’accordo sul clima di Parigi nel documento uscito dall’incontro del G20 è stata dovuta all’opposizione degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita. È una posizione che si allinea con le altre sul tema prese dall’amministrazione Trump: il 16 marzo è stata presentata la bozza del primo budget promosso dalla Casa Bianca, che prevede un taglio alle spese dell’agenzia dell’ambiente del 31 per cento. Il direttore dell’Ufficio per la gestione e il bilancio Mick Mulvaney ha detto che l’amministrazione considera le spese per contrastare il cambiamento climatico «uno spreco di soldi».
Il ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan ha commentato il risultato del G20 dicendo che c’è stata «una discussione fino all’ultimo su quale linguaggio adottare. La parola “commercio” è menzionata, e non è banale alla luce degli scambi sviluppati al vertice». Molti ministri dell’Economia europei non sono usciti soddisfatti dall’incontro: il tedesco Wolfgang Schaeuble ha detto che il compromesso raggiunto «non porta molto lontano», il russo Anton Siluanov ha detto che «serviranno altre discussioni» e il francese Michel Sapin si è detto rammaricato che la riunione non sia «finita in maniera soddisfacente». Schaeuble ha anche detto che è chiaro che tutti i ministri sono contrari al protezionismo, ma che non è chiaro cosa ciascuno di essi intenda come tale.
Il prossimo incontro del G20 sarà ad Amburgo, sempre in Germania, il 7 e l’8 luglio: in quell’occasione saranno i capi di stato e di governo a riunirsi. Finora le dichiarazioni politiche di Trump non hanno avuto grosse conseguenze sui mercati, che però potrebbero avvenire nel momento in cui la nuova amministrazione americana dovesse mettere in pratica alcune delle promesse elettorali del nuovo presidente in qualche modo.