Cose che forse non sapete sul cordone ombelicale
Tagliarlo almeno 30 secondi dopo la nascita del bambino lo fa crescere meglio: presto potrebbe diventare una regola condivisa, anche in Italia
Una delle prime cose che bisogna fare quando nasce un bambino, è tagliare il funicolo ombelicale, il cordone che collega il feto alla placenta della propria madre e gli consente di ricevere il nutrimento nei mesi della gravidanza. Il termine tecnico usato da medici e ostetrici per indicare la procedura è “clampaggio”, dall’inglese “clamp” che significa “morsetto”. Anche se è una delle prime cose da fare, il taglio del cordone non va eseguito immediatamente dopo la nascita, in modo da lasciar defluire il sangue in esso contenuto nel corpo del neonato, aumentando così le sue riserve di ferro e rafforzandolo in altri modi. In passato si pensava che tagliare subito il cordone ombelicale potesse diminuire il rischio di emorragie nella madre e per questo non si faceva il cosiddetto “clampaggio ritardato”, ma ricerche successive hanno dimostrato che non c’è una correlazione tra le due cose. Non esistono ancora regole precise e condivise da tutta la comunità medica internazionale sui tempi del clampaggio, ma le cose potrebbero presto cambiare, anche in Italia.
Il cordone è un tubo gelatinoso che contiene una vena e due arterie: la vena porta sangue ossigenato e ricco di nutrienti al feto dalla placenta (un organo temporaneo della madre che produce le sostanze necessarie a far crescere il bambino), mentre le arterie trasportano le sostanze di scarto del feto alla placenta. Quando viene tagliato, un piccolo pezzo rimane attaccato alla pancia del bambino per un po’ di tempo: una volta che si è seccato e staccato anche questo pezzo, si vede l’ombelico del bambino, che non è altro che una cicatrice.
Già dal 2014 le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sulla questione dicono che «il clampaggio ritardato del funicolo ombelicale (cioè quello fatto non prima di un minuto dalla nascita) è raccomandato per favorire migliori condizioni di salute e di nutrizione della madre e del bambino», ma solo ultimamente si sta valutando di trasformare queste raccomandazioni in linee guida. La raccomandazione dell’OMS è stata pensata in modo particolare per i paesi in via di sviluppo, dove i tassi di mortalità infantile sono più alti come il numero di bambini malnutriti (e quindi potenzialmente anemici) ed è molto importante che non si sprechi quella che di fatto è una risorsa immediatamente accessibile per fare stare meglio i neonati. La raccomandazione ha comunque avuto ripercussioni anche nei paesi occidentali. Negli Stati Uniti, per esempio, le principali organizzazioni di medici hanno cominciato a farle proprie: l’American College of Obstetricians and Gynecologists lo ha fatto a gennaio, consigliando di aspettare almeno trenta secondi o un minuto dalla nascita prima di effettuare il taglio.
In Italia presto sarà presentato un documento di raccomandazioni sull’argomento realizzato da un gruppo di studio a cui hanno partecipato rappresentanti della Società Italiana di Neonatologia (SIN), della Società Italiana di Medicina Perinatale (SIMP) e della Federazione Nazionale Collegi Ostetriche (FNCO): sarà un testo importante, sia perché realizzato da neonatologi, ginecologi e ostetrici insieme, sia perché darà indicazioni dettagliate sia per i parti prematuri che per quelli a termine, cioè dopo i classici nove mesi di gravidanza.
Il neonatologo dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano Stefano Ghirardello, che è segretario del Gruppo di Studio Ematologia ed Immunologia Neonatale della Società Italiana di Neonatologia e che ha coordinato il gruppo di lavoro per realizzare queste raccomandazioni, ha detto al Post che secondo un sondaggio di SIN a cui ha risposto l’86 per cento dei reparti di terapia intensiva neonatale italiani, quasi nel 70 per cento dei parti a termine si fa il clampaggio ritardato di 60 secondi o più. Nel caso dei parti prematuri, tra il 30 e il 40 per cento delle volte si fa il clampaggio ritardato di 30 secondi, con differenze significative tra un centro e l’altro. Ghirardello ha spiegato che la prima assistenza al neonato prematuro, quella che è compito del medico neonatologo, può essere effettuata anche quando il bambino è ancora attaccato al cordone, se non c’è bisogno di rianimazione immediata: in caso sia di parto naturale che di parto cesareo, il bambino può essere asciugato, stimolato e tenuto al caldo restando attaccato al cordone ombelicale e quindi ricevendo ancora sangue dalla placenta.
Una ricerca svedese del 2011 ha mostrato che solo lo 0,6 per cento dei bambini nati non prematuri per cui il taglio del cordone era stato eseguito dopo tre minuti dalla nascita aveva carenze di ferro a quattro mesi di età; nel caso dei bambini per cui il clampaggio era stato fatto immediatamente, la percentuale arrivava al 5,7 per cento. Secondo la stessa ricerca, a quattro anni d’età i bambini per cui era stato fatto il clampaggio ritardato avevano in media risultati un po’ migliori quanto a capacità motorie e sociali, soprattutto tra i maschi, che potrebbero essere più sensibili alle carenze di ferro. Risultati simili sono stati ottenuti dallo stesso gruppo di ricerca in uno studio del 2016 fatto su bambini del Nepal.
Altri benefici del clampaggio ritardato sono più immediati: tra questi c’è una miglior stabilizzazione dell’apparato cardio-circolatorio del bambino, che permette una più efficace entrata in funzione dei suoi organi. Ghirardello ha spiegato che grazie al clampaggio ritardato le trasfusioni ai neonati sono meno necessarie: tra il 2015 e il 2016 il numero di trasfusioni di globuli rossi che sono state fatte all’Unità Operativa di Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlino di Milano è diminuito del 12 per cento.
Per i neonati prematuri il clampaggio ritardato ha anche altri vantaggi, come una minor probabilità di emorragie cerebrali intraventricolari e di enterocolite necrotizzante (una patologia che provoca la necrosi dell’intestino), complicanze comuni in questi bambini. Dato che spesso i bambini nati prematuri hanno bisogno di attenzioni particolari il clampaggio del cordone ombelicale viene fatto prima rispetto ai casi di bambini nati a termine; una tecnica in parte alternativa al clampaggio ritardato è la cosiddetta “spremitura del cordone”, grazie alla quale le ostetriche fanno arrivare il sangue cordonale al bambino più velocemente, in circa 15-20 secondi. In alcuni casi poi il clampaggio deve essere fatto subito: tra questi, Ghirardello ha citato i casi in cui il neonato è asfittico, cioè non riesce a respirare da solo dopo la nascita per alcuni problemi avuti nel corso della gravidanza e perciò deve essere subito rianimato; i casi in cui la madre ha un’emorragia o altri problemi ginecologici e alcuni parti gemellari in cui la placenta è una sola per entrambi i neonati.
Un’altra questione legata al clampaggio ritardato – ma fino a un certo punto – è quella delle donazioni di sangue cordonale: infatti ogni donna che partorisce può scegliere se donare il cordone ombelicale e il sangue che esso contiene alle apposite banche nazionali, che rendono possibili le infusioni ai malati di patologie come le leucemie. Infatti il sangue cordonale contiene cellule staminali che possono sostituire le cellule del midollo osseo malate ed eliminate dai trattamenti radio e chemioterapici, creando meno problemi di rigetto rispetto alll’infusione di cellule staminali prelevate dal midollo osseo di donatori adulti. I genitori dei neonati possono anche decidere di conservare per il proprio figlio il cordone ombelicale, tenendolo in una apposita banca privata: questa pratica non è prevista in Italia, ma numerose agenzie private offrono il servizio conservando il sangue cordonale in banche all’estero. È considerata dai genitori una sorta di misura preventiva, nel caso che il bambino crescendo sviluppi una patologia tale per cui potrebbe beneficiare della trasfusione di cellule staminali da sangue cordonale. Ghirardello spiega come la pratica della donazione a scopo privatistico sia però sconsigliata da numerose società scientifiche internazionali, a causa della bassissima probabilità del suo utilizzo e per la differenza nei criteri per la conservazione del sangue cordonale rispetto a quelli stabiliti per la donazione cosiddetta solidale. Le stesse società sostengono la donazione del sangue cordonale a scopo solidale.
Ghirardello ha spiegato che anche con il clampaggio ritardato si può donare il cordone ombelicale: infatti il sangue cordonale può essere raccolto per poi essere donato fino a due minuti dalla nascita del neonato, dunque è compatibile con il taglio del cordone dopo un minuto. Le stesse Linee guida per l’accreditamento delle Banche di sangue da cordone ombelicale stabilite con l’accordo Stato-Regioni del 20 aprile 2011 dicono che al fine della raccolta del sangue il cordone «non deve essere clampato prima dei 60 secondi dalla nascita». Per quanto riguarda la conservazione del cordone in forma privata, Ghirardello raccomanda che i genitori dei neonati siano bene informati sulla questione: evitare il clampaggio ritardato per raccogliere una quantità maggiore di sangue da conservare può svantaggiare il bambino nel breve periodo, vista l’importanza del sangue per rafforzarlo nei primi mesi e evitare il rischio di anemia, cioè di carenza di ferro.