Quand’è che gli uomini hanno smesso di portare i tacchi?
Perché li portavano eccome, soprattutto per ostentare una vita agiata; poi arrivò l'Illuminismo, più o meno
Il parlamento britannico ha discusso lunedì 6 marzo il contenuto di una petizione che ha raccolto oltre 150mila firme e che chiede di rendere illegale per le aziende del Regno Unito obbligare le dipendenti donne a indossare scarpe con il tacco. La petizione era partita da una protesta di Nicola Thorp, una receptionist di Londra che due anni fa si era rifiutata di portare i tacchi sul lavoro, e che per questo era stata licenziata. Thorp aveva denunciato quello che era successo e ne era nata una campagna online che si è conclusa con la raccolta firme che ha vincolato il parlamento a discutere la possibilità di fare una legge apposita. Per ora non è stato deciso niente di significativo, ma diversi parlamentari britannici hanno sostenuto la petizione. La ministra per le Donne e per l’uguaglianza, Caroline Dinenage, ha chiesto ai datori di lavoro di rivedere i propri dress code, e che vengano rinnovati in quei casi in cui corrispondano ancora a «dubbi obblighi lavorativi da anni Settanta».
Sono solo le donne a essere obbligate a indossare i tacchi sul posto di lavoro, ma in realtà fino a un po’ di tempo fa i tacchi erano un accessorio anche e soprattutto maschile: tanto che tra il 2015 e il 2016 il Bata Shoe Museum di Toronto, in Canada, ha dedicato ai tacchi nelle scarpe per uomini la mostra “Standing Tall”. Tra le prime testimonianze che ci sono arrivate riguardo all’utilizzo dei tacchi c’è quella degli attori di teatro greci o romani, che li usavano quando volevano apparire più alti. In quel caso i tacchi erano però praticamente dei costumi: tra i primi che sappiamo con certezza che li usarono per motivi pratici ci furono i cavalieri persiani, che sfruttavano una protuberanza sulla parte posteriore delle proprie calzature per potersi reggere stabilmente sulle staffe, e rimanere fermi mentre tiravano le frecce dai propri archi. Alla fine del Cinquecento, lo scià persiano Abbas il Grande, che disponeva della più grande cavalleria al mondo, inviò dei suoi emissari in Russia, in Germania e in Spagna per cercare di stringere un’alleanza contro l’impero ottomano. Tra le aristocrazie europee ci fu un periodo di forte fascinazione verso gli oggetti, l’arte e la cultura persiani, e fu probabilmente in questo momento che i tacchi vennero adottati fuori dal Medio Oriente. A facilitare la diffusione dello stile persiano contribuirono anche i commerci con l’Asia, che nel Seicento furono attivi come mai prima.
Una calzatura persiana con il tacco.
(Images © 2017 Bata Shoe Museum, Toronto, Canada. Photo: Ron Wood)
Chiunque li abbia indossati una volta nella vita sa che i tacchi sono molto, molto scomodi, e che non sono pratici per fare sostanzialmente nessuna attività. Originariamente fu proprio questo il motivo della loro diffusione tra l’aristocrazia, che rivendicava una posizione sociale che consentiva loro di non dover fare niente di pratico. Portare i tacchi voleva dire dimostrare di potersi permettere di indossare una calzatura scomoda. Più i tacchi erano alti, meno erano pratici, maggiore era lo status sociale rivendicato. La maggiore altezza era un modo per distinguersi dagli strati socialmente inferiori della popolazione, tra i quali i tacchi cominciavano a diffondersi. Luigi XIV, il Re Sole, vissuto tra il 1638 e il 1715, fu uno dei più famosi indossatori di tacchi della storia, con i quali aumentava la sua statura, di soli 1,63 metri. Arrivò perfino a emanare una legge per limitare l’uso dei tacchi rossi – il colore associato alla ricchezza, per il costo del pigmento – ai membri della sua corte.
Luigi XIV e famiglia (Wikimedia)
All’inizio, furono gli uomini a adottare i tacchi, cercando di imitare l’aspetto virile dei cavalieri persiani. Ma nella prima metà del Seicento tra le donne dell’aristocrazia europea nacque la moda di adottare elementi dell’abbigliamento maschile, e i tacchi iniziarono a essere portati anche da donne e bambini. A Venezia si diffusero le “chopine”, un tipo di scarpe con una zeppa molto alta, che servivano anche a proteggere dall’acqua alta, e che venivano indossate sia dalle donne nobili sia – in questo caso con zeppe molto più alte – da donne di strati sociali più bassi. Le chopine avevano quindi una qualche finalità pratica, ma servivano anche a testimoniare il proprio status sociale, nel caso di quelle alla moda e più basse. Per circa un secolo, ha spiegato a BBC Helen Persson del Victoria and Albert Museum di Londra, la moda per quanto riguarda le calzature fu molto simile per uomini e donne. Alla fine del Seicento, però, i tacchi degli uomini cominciarono a diventare più robusti, bassi e squadrati, mentre quelli delle donne diventarono più fini e aggraziati.
Una scarpa da bambino, realizzata in Francia o in Inghilterra a metà del Seicento.
(Images © 2017 Bata Shoe Museum, Toronto, Canada. Photo: Ron Wood)
Se gli uomini hanno smesso di portare i tacchi, tornando a calzature più comode, lo devono all’Illuminismo, il movimento filosofico nato in Francia nel Settecento. La razionalità e la praticità diventarono più importanti dell’apparenza e dell’esibizione dei privilegi, e questo si tradusse, nella moda, nella cosiddetta “Grande rinuncia maschile”: gli uomini abbandonarono progressivamente accessori e orpelli superflui come i gioielli e i capi dai colori sgargianti, adottando indumenti sempre più sobri che non servivano più a sbandierare la propria ricchezza. Molti capi d’abbigliamento e accessori, in questo modo, diventarono una prerogativa delle donne, e le diversità tra gli indumenti maschili e quelli femminili si accentuarono moltissimo. Elizabeth Semmelhack del Bata Shoe Museum di Toronto ha spiegato che «cominciò una discussione su come gli uomini, indipendentemente dall’estrazione sociale, potessero diventare cittadini se propriamente educati. Le donne, al contrario, erano viste come emotive, sentimentali e non educabili. La desiderabilità femminile cominciò a essere costruita in termini di irrazionalità nella moda e i tacchi alti – separati dalla loro funzione originale per andare a cavallo – diventarono uno dei principali esempi di abbigliamento scomodo». Entro la metà del Settecento, gli uomini avevano smesso di portare i tacchi, che erano diventati un accessorio da donne. Ci sono comunque anche ragioni meno progressiste dietro la progressiva scomparsa dei tacchi nelle scarpe da uomo: nel Settecento, chi continuava a portarli veniva spesso considerato effemminato, o accusato di voler aumentare la propria altezza per gareggiare con Dio.
Una scarpa inglese del Settecento, con un tacco molto basso ma evidenziato dal colore rosa.
(Images © 2017 Bata Shoe Museum, Toronto, Canada. Photo: Ron Wood)
Con la Rivoluzione francese cominciò un periodo in cui scomparvero anche dalla moda femminile, per ritornare poi a metà dell’Ottocento. Tra i primi ad adottarli ci furono i fotografi di nudi femminili, che cominciarono a ritrarre donne senza vestiti, solo con i tacchi, per farne immagini pornografiche. Secondo Semmelhack è per questo che ancora oggi i tacchi hanno una connotazione erotica accentuata. Tra l’Ottocento e il Novecento, i tacchi si sono diffusi in tutto il mondo tra le donne, mentre poche categorie di uomini hanno continuato a portarli. Tra le eccezioni principali, ci sono stati i cowboy e le rockstar, con i loro stivali in pelle con il tacco rialzato: secondo Quartz, questo ha in qualche modo a vedere con il fatto che sono due gruppi di uomini molto sicuri riguardo alla propria sessualità. Per gli stivali da cowboy, poi, c’erano in origine praticità legate all’andare a cavallo, come già succedeva con i persiani secoli prima. Tra i più famosi cantanti che portarono scarpe con i tacchi ci furono Bob Dylan e John Lennon. In molti casi i tacchi furono usati esattamente per sovvertire i concetti di sessualità e di diversità di genere occidentali: David Bowie (e in generale tutti i musicisti di glam rock), Elton John o Prince, per fare degli esempi.
Il chitarrista glam Mick Ronson, durante un concerto con David Bowie all’Hammersmith Odeon di Londra nel 1973. (Steve Wood/Daily Express/Hulton Archive/Getty Images)
Un cosiddetto “stivaletto Chelsea”, indossato da John Lennon negli anni Sessanta.
(Images © 2017 Bata Shoe Museum, Toronto, Canada. Photo: Ron Wood)