Che è successo con Minzolini?
La sua decadenza da senatore è stata respinta anche grazie ai voti di 19 senatori del PD: lui ha detto che si dimetterà comunque
Il Senato ha respinto la richiesta di far decadere dalla carica di senatore Augusto Minzolini, di Forza Italia, con 137 voti contrari. La richiesta era stata approvata a maggioranza assoluta dalla Giunta per le immunità del Senato lo scorso luglio, ma per diventare definitiva avrebbe dovuto essere confermata anche dall’Aula. La ragione della richiesta era la condanna definitiva a 2 anni e sei mesi subita da Minzolini per peculato continuato: in base alla legge Severino del 2012, chi ha ricevuto condanne superiori ai due anni non può ricoprire la carica di senatore o deputato. Minzolini aveva detto che anche se il Senato avesse respinto la richiesta di decadenza lui si sarebbe dimesso lo stesso (eventuali dimissioni dovranno però essere confermate da un ulteriore voto del Senato). Il Corriere della Sera scrive che subito dopo il voto Minzolini ha detto che avrebbe firmato immediatamente la lettera di dimissioni.
La prassi, dopo il voto sulla decadenza da senatore dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel 2013, prevede che in questi casi il voto sia palese. Contro la decadenza di Minzolini hanno votato, insieme ai senatori di Forza Italia, 19 senatori del Partito Democratico, ai quali il capogruppo Luigi Zanda aveva lasciato libertà di scelta. I senatori del Movimento 5 Stelle hanno accusato il PD di avere accettato “un voto di scambio”, alludendo al respingimento della mozione di sfiducia verso il ministro dello Sport Luca Lotti, avvenuto ieri al Senato, in occasione del quale i senatori di Forza Italia sono usciti dall’aula (ma è stata una mossa ininfluente, dato che Lotti ha avuto la fiducia della maggioranza assoluta dei senatori).
Minzolini, 58 anni, ha lavorato a lungo come inviato politico per la Stampa diventando celebre per gli articoli in cui attribuiva ai politici dichiarazioni e virgolettati di frasi che avevano pronunciato in privato o ai loro stretti confidenti (questo stile venne soprannominato “minzolinismo” che all’epoca era una sorta di sinonimo di retroscenismo). Nel 2009 Minzolini venne nominato direttore del TG1 e rimase al suo posto fino al 2011, per poi essere candidato al Senato con Forza Italia nel 2013.
Durante la sua direzione del TG1, Minzolini ricevette una carta di credito aziendale come benefit aggiuntivo: secondo i giudici che lo hanno condannato, usò la sua disponibilità di denaro in maniera spregiudicata e senza rendicontare le spese in maniera corretta. In particolare, i giudici hanno sostenuto che Minzolini non fornì le giustificazioni per circa 65 mila euro spesi in pasti utilizzando la sua carta di credito aziendale. Minzolini fu inizialmente assolto in primo grado, poi condannato in secondo grado nell’ottobre del 2014. La condanna venne successivamente confermata in Cassazione lo scorso novembre.