Cosa prevederebbe la nuova legge di cittadinanza

Sostituirà la regola in vigore dello "ius sanguinis" con qualcos'altro, è già stata approvata dalla Camera ed è in discussione al Senato

Uno striscione esposto in Piazza Montecitorio a Roma durante una manifestazione organizzata dal Partito Democratico nel 2012
(ANSA/ GUIDO MONTANI)
Uno striscione esposto in Piazza Montecitorio a Roma durante una manifestazione organizzata dal Partito Democratico nel 2012 (ANSA/ GUIDO MONTANI)

La riforma della legge sulla cittadinanza italiana è stata approvata dalla Camera dei Deputati alla fine del 2015, ma non è ancora stata approvata dal Senato. Questa fase di stallo sembrava dovesse finire a gennaio 2017, invece il disegno di legge si trova ancora in commissione Affari costituzionali, che dovrebbe discutere dei circa ottomila emendamenti presentati dalla Lega, per poi permettere il passaggio al Senato. Le cose però continuano ad andare per le lunghe: a gennaio sembrava che i tentennamenti fossero legati alla legge elettorale e a un possibile accordo tra il Partito Democratico e la Lega, affinché il primo rinunciasse alla riforma sulla cittadinanza per avere l’appoggio della seconda in materia elettorale. Poi di accordi non si è più parlato, mentre il tema della cittadinanza è stato risollevato a febbraio dal presidente del PD Matteo Orfini, che in un’intervista alla Stampa ha parlato di stallo incomprensibile dello ius soli al Senato e della possibilità per il governo di aiutare l’approvazione ponendo la fiducia.

Se approvata, la nuova legge sulla cittadinanza sarebbe comunque una legge moderata e considerata anzi carente da parte delle associazioni che si occupano della materia, come l’associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) e quelle riunite nel comitato “L’Italia sono anch’io”. La riforma infatti non andrebbe a sconvolgere il sistema attuale, introducendo soltanto alcune novità rispetto alle modalità classiche di acquisizione della cittadinanza. Le stesse associazioni, critiche su alcuni aspetti della riforma, la considerano comunque un importante passo avanti e stanno facendo una campagna massiccia perché venga approvata in tempi brevi.

Salvo particolarità di alcuni ordinamenti, la cittadinanza di uno stato si determina usualmente con due diverse modalità: per nascita all’interno dei suoi confini (il cosiddetto ius soli) o ereditando la cittadinanza dei propri genitori, indipendentemente dallo stato di nascita (lo ius sanguinis). In Italia, la legge sulla cittadinanza del 1992 prevede la modalità dello ius sanguinis: un bambino nato da genitori italiani è italiano. Il disegno di legge approvato dal parlamento nel 2015 dovrebbe invece introdurre due modalità innovative: lo ius soli temperato e una nuova tipologia chiamata da più parti ius culturae.

In base alla modalità dello ius soli temperato, i minori nati in Italia da genitori stranieri possono acquisire la cittadinanza italiana a condizione che almeno uno dei genitori sia titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure – se non è cittadino europeo – di permesso di soggiorno dell’Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo.
La seconda modalità, quella dello ius culturae, riguarda i minori stranieri arrivati in Italia entro il dodicesimo anno di età, che potranno diventare italiani dimostrando di aver frequentato regolarmente dei percorsi di formazione, come cinque anni di frequenza di un normale ciclo scolastico (che nel caso si tratti delle scuole elementari deve essersi concluso positivamente) sia aver terminato un corso professionale di tre o quattro anni.

Rientrando in uno di questi due casi, ius soli temperato o ius culturae, il minore acquista la cittadinanza se una domanda è presentata da uno dei due genitori all’ufficio di stato civile del Comune di residenza entro il compimento della maggiore età del figlio; altrimenti potrà essere presentata dal diretto interessato diventato maggiorenne, che avrà due anni di tempo per farlo. Anche questa è una novità: prima il richiedente maggiorenne aveva tempo solo fino al compimento dei diciannove anni per presentare la richiesta.

Restano fuori dai casi considerati quelli di chi abbia più vent’anni e di chi sia arrivato in Italia dopo i dodici anni.
Per i primi che rientrano anche nei requisiti previsti dallo ius culturae, sarà possibile acquistare la cittadinanza dimostrando di essere residenti sul territorio italiano in modo legale e continuato negli ultimi cinque anni. Chi rientra in queste caratteristiche avrebbe un anno di tempo dall’entrata in vigore della nuova legge per presentare domanda al comune di residenza. Dovrà però aspettare il nulla osta del Ministero dell’Interno che provvede alla verifica dell’inesistenza di provvedimenti di espulsione o di allontanamento per motivi di sicurezza. Il nulla osta del Ministero deve arrivare entro sei mesi dalla richiesta.

C’è poi la casistica dei figli di stranieri, nati fuori dall’Italia e arrivati in Italia dopo aver compiuto 12 anni. Loro possono acquistare la cittadinanza dimostrando di essere residenti in Italia da almeno sei anni e di rientrare nei casi previsti dallo ius culturae. La domanda può essere presentata in qualunque momento, ma deve essere rivolta al prefetto, e il Ministero dell’Interno ha alcuni spazi di discrezionalità per decidere se concedere o meno la cittadinanza. Questi spazi sono regolati dalla legge 91 del 1992 (quella attualmente in vigore) e riguardano i tempi entro i quali ottenere una risposta (oggi fino a tre anni) e le ulteriori condizioni richieste, come dimostrare di essere incensurati, di non essere un pericolo per la sicurezza nazionale e, nel caso dei maggiorenni, di aver regolarmente pagato le tasse e disporre di un reddito stabilito.

Infine, il disegno di legge si occupa anche delle persone con disabilità psichiche che siano accompagnate da un tutore o da un amministratore di sostegno. In questo caso, tutte le procedure per l’acquisizione della cittadinanza potranno essere svolte da una di queste due figure senza che sia necessario il giuramento del diretto interessato. Questo punto inserito nella legge è rilevante perché metterebbe fine a un lungo periodo di discriminazione nei confronti di questi soggetti.

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