La prima adozione riconosciuta in Italia a una coppia di uomini gay
L'adozione era stata permessa nel Regno Unito a due cittadini italiani residenti lì, il Tribunale dei minorenni di Firenze l'ha resa valida anche in Italia
Ieri il Tribunale dei minorenni di Firenze ha accolto la richiesta di riconoscimento dell’adozione di due bambini, tra loro fratelli, già decisa da un tribunale britannico a favore di una coppia di due uomini. I due uomini sono entrambi cittadini italiani residenti nel Regno Unito da diversi anni e non hanno legami biologici con i bambini adottati. Tempo fa si erano rivolti all’organizzazione “Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford” per ottenere in Italia la trascrizione dei provvedimenti emessi all’estero: in altre parole per permettere ai loro figli di ottenere la cittadinanza italiana e di vedersi riconosciuti gli stessi diritti garantiti loro nel Regno Unito. Il tribunale ha accolto le richieste di Susanna Lollini, avvocato di Rete Lenford che rappresentava nella causa i due uomini: è la prima volta che viene riconosciuta in Italia l’adozione di minori all’estero da parte di una coppia di uomini.
La decisione del Tribunale dei minorenni di Firenze ha riguardato un tipo di situazioni diverso rispetto alla cosiddetta stepchild adoption – “l’adozione del figliastro”, la sua traduzione letterale dall’inglese – cioè la possibilità che il genitore non biologico della coppia adotti il figlio, naturale o adottivo, del partner. La stepchild adoption era stata oggetto di grandi discussioni durante il dibattito sulla legge sulle unioni civili (il ddl Cirinnà), anche se poi era stata esclusa dal testo definitivo approvato dal parlamento (ma di fatto è già possibile in Italia per le coppie gay, anche se con un percorso molto tortuoso). Il caso trattato dal tribunale di Firenze, inoltre, è diverso da quello di cui si è occupato il tribunale di Trento a fine febbraio. Con quella sentenza, per la prima volta in Italia era stato riconosciuto legalmente come genitore di due bambini nati con la gestazione per altri il partner che non ha alcun legame genetico con i bambini: era quindi un caso che riguardava la gestazione per altri, e non l’adozione di un bambino senza legami biologici con entrambi i genitori.
Il tribunale di Firenze ha ritenuto che il caso della coppia di cittadini italiani che avevano ottenuto l’adozione di due bambini nel Regno Unito rientrasse nei casi previsti dall’articolo 36 comma 4 della legge n. 284 del 1983 in materia di adozioni. Questa norma dice che i cittadini italiani residenti in un paese estero da almeno due anni possono adottare un minore straniero secondo le procedure del paese di residenza, in questo caso il Regno Unito, chiedendo successivamente il riconoscimento in Italia del provvedimento di adozione straniero. Un’altra condizione è che il provvedimento straniero sia conforme ai principi della Convezione dell’Aja del 29 maggio 1993, che si occupa di tutela dei minori e di cooperazione in materia di adozione internazionale. Il tribunale dei minorenni di Firenze ha confermato anche la soddisfazione di altri parametri richiesti per procedere al riconoscimento, tra cui “l’interesse superiore del minore”: leggendo la sentenza, il tribunale ha detto che deve essere salvaguardato il diritto dei minore a conservare lo status di figlio già riconosciuto da un atto valido in un altro paese dell’Unione Europea. Rinunciare a questo riconoscimento in Italia significherebbe creare una “incertezza giuridica” che potrebbe essere negativa nella definizione dell’identità personale del minore, ha sostenuto il tribunale.
La presidente di Rete Lenford, l’avvocata Maria Grazia Sangalli, ha detto di essere molto soddisfatta dalla sentenza del tribunale di Firenze, ma allo stesso tempo ha sottolineato come questa sentenza crei in qualche maniera una situazione di disuguaglianza tra famiglie italiane che risiedono all’estero e quelle che risiedono in Italia: «La giurisprudenza ha stabilito che l’ordine pubblico internazionale non frappone ostacoli al riconoscimento della continuità dei rapporti che si costituiscono all’estero, per realizzare il preminente interesse dei bambini. È ancora più evidente, a questo punto, l’inammissibile situazione di disuguaglianza in cui versano tutte quelle famiglie che non prestano questi tratti di transnazionalità, alle quali il legislatore nega in modo ideologico qualsiasi forma di riconoscimento e tutela». Sangalli si riferisce al fatto che la legge in Italia non permette l’adozione di bambini da parte di coppie gay.