Il primo video di una delle balene più rare al mondo
Sono le balene dal becco di True, che finora non erano mai state filmate in natura
di Sarah Kaplan – The Washington Post
Natacha Aguilar de Soto studia le balene dal becco da 15 anni. Ha passato mesi e mesi in mare, navigando sulle zone più profonde dell’oceano, sforzandosi con gli occhi e le orecchie di individuare quello che si muoveva sotto di lei: raramente trovava qualcosa. Le balene dal becco – una famiglia che comprende 22 specie di cetacei caratterizzati da un “naso” simile a quello dei delfini e un corpo che ricorda la forma di un missile – sono tra gli animali più sfuggenti della Terra. Nuotano più in profondità e più a lungo di qualsiasi altro mammifero marino, trascorrendo – secondo le stime – il 92 per cento del loro tempo al di sotto della superficie dell’oceano.
Una di queste specie, la balena dal becco di True, è così rara da essere stata avvistata viva solo da una manciata di persone. «Immaginate questi animali, che sono grandi come elefanti ma che non riusciamo a trovare. Sono un mistero», ha detto Aguilar de Soto, che però nel 2013 ha ricevuto da un collega un video di 46 secondi che era stato girato da alcuni studenti di scienze in gita nelle Azzorre, in cui si vedono degli animali di colore verdognolo che nuotano nel mare. Quando la telecamera mette meglio a fuoco gli animali, si vedono tre creature marine dalla forma affusolata che ondeggiano pigramente nell’acqua. Puntano le loro facce pallide verso il cielo, raggiungendo a malapena la superficie, per poi immergersi di nuovo: gli animali nuotano fino a uscire dall’inquadratura e la telecamera viene estratta dall’acqua. «Quando ho visto il video non potevo crederci», ha raccontato Aguilar de Soto, una biologa marina che lavora per la University of St. Andrews in Scozia e la University of La Laguna alle Canarie. «Ho pensato: “Mio dio, queste sono balene dal becco di True”».
Il video, il primo a riprendere delle balene dal becco di True in natura, è stato pubblicato martedì sulla rivista scientifica PeerJ, insieme a un nuovo e dettagliato studio che cerca di chiarire la natura di questi animali poco conosciuti. Unisce i dati raccolti durante spiaggiamenti e avvistamenti e analisi genetiche di singole balene da entrambi gli emisferi. Aguilar de Soto, che è l’autrice principale dello studio, lo ha descritto come una delle indagini più complete sulle conoscenze scientifiche sulle balene dal becco di True, e potrebbe diventare uno strumento fondamentale per la protezione della specie. Sappiamo poco sull’aspetto e il comportamento di queste balene e dei loro cugini, cosa che ne rende difficile l’identificazione anche per gli esperti. Senza una metodologia accurata e corroborata da dati per l’identificazione delle balene, contarle sarà impossibile. «Non conosciamo le dimensioni della popolazione delle balene dal becco di True, né di qualsiasi altra specie di balena dal becco», ha detto Aguilar de Soto, «potrebbero diminuire e noi non lo verremmo mai a sapere».
Da quando furono identificate, nel 1913, dallo scienziato dello Smithsonian Frederick William True, le balene dal becco di True (la cui denominazione scientifica è Mesoplodon mirus) sono state trovate spiaggiate sulle spiagge nel nord dell’Atlantico e nel sud del Pacifco. Nonostante di solito siano gonfie e in decomposizione, queste carcasse offrono moltissime informazioni agli scienziati che non hanno molti altri strumenti per studiare la specie.
Le ricerche condotte sugli esemplari spiaggiati hanno determinato che i maschi di balene di True hanno una distintiva serie di piccoli denti che escono dalla loro mascelle inferiori. Probabilmente non vengono usati per mangiare – come anche altre specie di balene dal becco, la balena dal becco di True si nutre risucchiando le prede all’interno della bocca – ma per lottare con altri maschi. Sia i maschi che le femmine si sono adattati in modo notevole alla loro vita nel mare profondo: hanno un corpo cilindrico che ricorda la forma di un missile e delle “tasche” sui fianchi in cui infilare le pinne, cosa che li rende ancora più idrodinamici.
Dal momento che non è mai stato possibile metter loro un dispositivo di rilevazione elettronica, gli scienziati non sanno che profondità riescano a raggiungere. Ma se le loro abitudini sono simili a quelle delle altre balene dal becco possono arrivare molto in profondità: nel 2014 alcuni scienziati dello Scripps Institute of Oceanography hanno scoperto che una balena dal becco d’oca era riuscita a raggiungere i 2991 metri di profondità sotto la superficie dell’acqua, un record tra i mammiferi marini. Queste balene possono passare ore sott’acqua dopo essere risalite in superficie per respirare una sola volta.
«La balene dal becco sono un esempio incredibile di come i mammiferi si adattino all’oceano», ha detto Aguilar de Soto, «per immergersi superano degli ostacoli fisiologici incredibili, ma questo significa che sono molto sensibili a qualsiasi cosa modifichi o metta alla prova il loro equilibrio fisiologico». Le balene dal becco come quelle di True vivono la loro vita «in un equilibrio fisiologico precario», ha aggiunto Aguilar de Soto. Per sopportare la pressione delle immersioni devono stare attente a mantenere l’equilibrio all’interno del loro corpo, che può però essere spezzato con facilità dall’inquinamento acustico e idrico, ma anche dai semplici rifiuti.
Gli scienziati hanno associato gli spiaggiamenti di massa delle balene all’utilizzo di sonar militari. Lo scorso mese una balena dal becco a oca si è spiaggiata in Norvegia, con 30 buste di plastica che le ostruivano lo stomaco. «Possiamo collegare quello che facciamo sulla terra e sulle spiagge a quello che succede a questi animali in mare”», ha detto Aguilar de Soto. Per via della loro sensibilità le balene dal becco «sono come i canarini nelle miniere»: segnalano agli esseri umani i pericoli che facciamo correre a creature che solo apparentemente vivono in un mondo diverso dal nostro.
Saranno necessarie altre ricerche e analisi genetiche per determinare se le balene dal becco di True sono in pericolo per via delle attività umane. Per Aguilar de Soto, però, lo studio di PeerJ è un primo passo importante, in quanto fornisce agli scienziati risorse migliori per identificare la specie, compresi video e analisi di due piccoli con schemi cromatici mai visti prima. Lo studio inoltre indica quali potrebbero essere i posti principali in cui esaminare più da vicino le balene: Aguilar de Soto ha detto che progetta di cercarle nella zona delle Azzorre.
Le analisi genetiche contenute nello studio suggeriscono anche che le popolazioni di balene dal becco di True che vivono nei due emisferi – e sono separate da un’immensa porzione di oceano – potrebbero in realtà essere due specie distinte. «È solo una possibilità», ha detto Aguilar de Soto, che spera di poter avviare uno studio genetico più ampio per esaminare l’ipotesi. Se le balene dal becco dell’emisfero meridionale dovessero rivelarsi una specie distinta da quelle del nord diventerebbero la quinta specie di balena dal becco scoperta negli ultimi 25 anni, ha detto la studiosa: «questo ci dice quanto poco sappiamo sul conto di questi mammiferi grandi quanto elefanti che abitano gli oceani».
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