Uber ha un sistema per evitare i controlli delle forze dell’ordine
Lo ha scoperto un'inchiesta del New York Times: si chiama Greyball e nasconde le vere posizioni degli autisti a chi prenota le corse per investigare sul servizio
Uber, il servizio di trasporto privato a metà tra il taxi e il noleggio di auto con autista, ha usato per anni e continua a usare, in diversi paesi del mondo, un sistema per nascondere i suoi autisti ai controlli delle forze dell’ordine. Uber ha usato un programma chiamato Greyball che, usando dati raccolti dall’app per prenotare le corse, individuava chi stava indagando sulla società e lo faceva accedere a una versione finta dell’app. Lo ha scoperto il New York Times parlando con quattro persone che hanno chiesto di rimanere anonime, alcune delle quali lavorano tuttora per Uber e altre lo hanno fatto in passato. La prima versione dell’articolo pubblicato dal New York Times diceva che tra i paesi in cui Uber ha usato Greyball, oltre ad Australia, Cina, Corea del Sud e Francia, c’era anche l’Italia; questa precisazione, ripresa dai maggiori quotidiani italiani, è stata poi tolta dall’articolo, non è chiaro perché.
Greyball fa parte di un programma di Uber chiamato VTOS, sigla che sta per “violazione dei termini di servizio”, iniziato nel 2014 e tuttora in uso in molti posti, soprattutto fuori dagli Stati Uniti. Lo scopo di VTOS è di impedire l’utilizzo di Uber alle persone che usano l’app con fini diversi da quello di spostarsi da un posto all’altro. Secondo quanto riferito dalle fonti del New York Times, che hanno chiesto di restare anonime per paura di ritorsioni da parte di Uber, la squadra legale della società ha approvato l’uso di Greyball. Secondo alcuni esperti legali intervistati dal New York Times, l’uso di Greyball potrebbe essere contrario ad alcune leggi, oltre a essere discutibile dal punto di vista etico.
Una dimostrazione del funzionamento di Greyball la si può vedere in un video risalente alla fine del 2014 e girato a Portland, in Oregon; all’epoca nella città era in corso un’indagine su Uber, che aveva introdotto il suo servizio senza chiedere permessi. Nel video il poliziotto Erich England spiegava che stava cercando di fare una corsa con Uber e vedeva due auto libere sulla app che però poi avevano rifiutato le sue richieste. Il New York Times ha ricostruito ciò che è successo a England: grazie ai dati sulle loro corse raccolti da Greyball, Uber era riuscita a capire che lui e i suoi colleghi erano poliziotti e per questo mostrava loro una versione finta della app, che indicava auto inesistenti. Con lo stesso sistema Uber segnala agli autisti che accidentalmente accettano una richiesta da parte di un investigatore di cancellare la corsa.
Per individuare i membri delle forze dell’ordine Uber ha usato diverse tecniche, tre delle quali sono state descritte dal New York Times. La prima è controllare le zone della città in cui sono presenti degli uffici amministrativi e rilevare le persone che in queste aree aprono e chiudono frequentemente la app di Uber. La seconda tecnica consiste nel verificare le informazioni sulle carte di credito di alcuni utenti per cercare eventuali legami con un istituto di credito in qualche modo legato alla polizia. La terza, pensata per risolvere il problema dei poliziotti che usavano diversi account su diversi telefoni, è mandare dipendenti di Uber nei negozi di elettronica per scoprire quali siano i telefoni più economici in vendita. Per assicurarsi definitivamente che un utente sia un poliziotto, i dipendenti di Uber cercano il suo nome sui social network per cercare collegamenti con le forze dell’ordine.
Uber ha parlato di Greyball in un comunicato: «Questo programma rifiuta le richieste di noleggio agli utenti che stanno violando i termini di servizio — che si tratti di persone che vogliono fare fisicamente del male agli autisti, di concorrenti intenzionati a sabotare le nostre operazioni o persone d’accordo con le autorità in operazioni sotto copertura pensate per incastrare gli autisti». Le indagini della polizia di Portland e di molte altre città riguardavano in particolare il servizio più criticato di Uber, cioè UberPop, che in diversi paesi tra cui gli Stati Uniti si chiama UberX: gli autisti di UberPop non hanno una licenza professionale, ma sono persone comuni con un’auto che vogliono guadagnare portando in giro per la propria città la gente. La polizia, nei paesi in cui UberPop è attivo, ha spesso indagato su questo servizio sia per ragioni di sicurezza sia per questioni relative alla tassazione del servizio. Uber ha dovuto pagare multe e gestire i sequestri di veicoli imposti agli autisti, e per questo ha cominciato a usare Greyball per evitare problemi con la polizia, secondo l’inchiesta del New York Times.
Inizialmente lo strumento era stato sviluppato per le prime due ragioni spiegate da Uber nel comunicato: proteggere gli autisti da potenziali aggressioni, dato che se ne sono verificate in India, in Francia e in Kenya, ed evitare che i concorrenti come le società di noleggio di auto di lusso con autisti localizzassero gli autisti di Uber. Non sarebbe il primo sistema eticamente discutibile usato da Uber per proteggere la sua posizione sul mercato: nel 2014 per esempio 177 persone incaricate da Uber fecero 5.560 false prenotazioni di auto Lyft – uno dei concorrenti di Uber che offre un servizio simile – per poi annullarle pochi secondi dopo, di fatto bloccando l’intero servizio per ore.
UberPop, i cui prezzi sono più bassi rispetto all’Uber “normale”, era stato introdotto anche in Italia, a Milano, ma era stato poi ritirato dopo una sentenza del tribunale di Milano che lo aveva dichiarato illegale. Era stato molto contestato dai tassisti, così come era successo in altri paesi europei. In seguito alle proteste dei tassisti e al divieto per Uber di operare in alcuni paesi, lo scorso novembre la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, il massimo tribunale per gli affari europei, ha avviato un processo per stabilire se Uber sia una compagnia di trasporti o una piattaforma digitale. Il 3 marzo l’europarlamentare olandese Marietje Schaake ha detto di aver scritto alla Commissione Europea per chiedere un’indagine sulla legalità di Greyball.
Quella di Greyball e VTOS è solo l’ultima faccenda controversa che riguarda Uber. Ultimamente si è parlato molto del suo modello di business che in breve consiste nel tenere i prezzi artificialmente bassi per eliminare la concorrenza usando grandi finanziamenti che le consentono di operare in perdita. Negli Stati Uniti in particolare ci sono state varie polemiche legate ad alcune dichiarazioni e scelte di Travis Kalanick, fondatore e amministratore delegato di Uber: l’ultima è avvenuta dopo che un autista di Uber ha filmato gli insulti ricevuti da Kalanick per essersi lamentato dell’abbassamento delle tariffe di Uber e dei compensi dei suoi autisti. Kalanick si è poi scusato.