“Casablanca” è invecchiato male?
Lo consideriamo da decenni come uno dei migliori film di sempre: ora però non ne siamo più così sicuri
Casablanca uscì negli Stati Uniti nel 1942 e in Italia nel 1946, perché c’era di mezzo quella guerra di cui il film parlava. Durante la produzione, nessuno pensò che sarebbe diventato uno dei più popolari film della storia, così come nessuno lo recensì parlandone in questo modo subito dopo averlo visto. Una recensione del New Yorker lo definì «pretty tolerable», cioè piacevole quanto basta ma niente di che. Casablanca in genere piacque – e vinse tre Oscar, compreso quello per il Miglior film – ma non così tanto come iniziò a piacere nei decenni successivi, quando in effetti iniziò a essere considerato uno dei migliori film della storia: nel 1998 l’American Film Institute lo mise al secondo posto della classifica dei 100 migliori film americani di sempre, dietro a Quarto potere, e gli attori e certe scene del film sono diventati stranoti, anche per chi il film non l’ha visto.
Laura Miller di Slate sostiene che da qualche tempo le cose siano cambiate e che questa sia «la fine di una bella amicizia» (una mezza citazione del film) tra Casablanca e il pubblico. Miller ha i suoi argomenti, ma ce ne sono anche per sostenere il contrario: è però interessante capire come e perché «mentre il tempo passa» (altra citazione) Casablanca forse abbia perso un po’ dell’aura che aveva acquisito.
Casablanca quando uscì
Per cominciare: Casablanca è una storia romantica e drammatica diretta da Michael Curtiz (che vinse l’Oscar per la Miglior regia) ambientata a Casablanca, in Marocco, nel 1941. Humphrey Bogart interpreta Rick Blaine e Ingrid Bergman interpreta Ilsa Lund Laszlo. C’è la Seconda guerra mondiale e Rick, che dopo un passato piuttosto turbolento vuole solo starne fuori, gestisce, cercando di non dar fastidio a nessuno (soprattutto agli stranieri coinvolti nella guerra) il Rick’s Café Américain. A un certo punto al suo locale arriva Ilsa, una donna con cui tempo prima aveva avuto una storia d’amore a Parigi. Solo che lei è con suo marito Victor, che ai tempi della storia con Rick credeva morto. Rick ama ancora Ilsa, lei non si capisce bene chi ami. In una delle frasi più note del film lui dice, di lei: «Con tanti ritrovi nel mondo, doveva venire proprio nel mio».
Victor è un leader della resistenza cecoslovacca ai nazisti: di conseguenza a Casablanca è in pericolo, dato che il Marocco è controllato dalla Francia alleata della Germania nazista. Victor e Ilsa chiedono allora a Rick di aiutarli a scappare: lui ci pensa molto su ma alla fine li aiuta, e Victor e Ilsa scappano insieme. Si disse per anni che Bergman avesse raccontato che fino alla fine non le era stato detto con quale dei due uomini sarebbe scappata da Casablanca. Pare invece che lo sapesse e che disse solo che, mentre girava il film, non sapeva di quale dei due uomini il suo personaggio fosse realmente innamorato.
In Casablanca ci sono altre famosissime frasi – «avremo sempre Parigi», «fermate i soliti sospetti» e soprattutto, «here’s looking at you, kid» (che viene pronunciata diverse volte, e ogni volta fu tradotta diversamente in italiano) – una trama complessa, una grande prova di recitazione di Bogart e Bergman e questo finale, con «Louis, forse oggi noi inauguriamo una bella amicizia».
Nel 1942 Bosley Crowther scrisse nella sua recensione per il New York Times: «Hanno usato la personalità di Bogart, così ben definita da altri brillanti film, per trasmettere l’idea di una ferma e fredda resistenza alle forze malvagie che ci sono ora in Europa. E sono riusciti a combinare i sentimenti, l’umorismo, il pathos al melodramma e agli intrighi, ottenendo come risultato un film molto interessante e persino stimolante». Concluse scrivendo: «Casablanca è uno dei film più vivaci e acuti dell’anno». Occhio: non il migliore in assoluto, e non uno dei migliori del secolo, nemmeno fino a quel momento.
Al tempo i film di quel tipo – storia d’amore, magari impossibile, in tempo di guerra – erano parecchi. Nonostante Bogart e Bergman fossero già attori di primissimo livello, il film non sembrava avere particolari ambizioni. Pare anche che si scelse il titolo per sfruttare un precedente e discreto successo del film del 1938 Algeris, che in Italia è noto come Un’americana nella Casbah. A quel tempo i film, soprattutto ad Hollywood, erano quasi sempre visti come un prodotto da portare a termine nel minor tempo possibile, e quasi mai come una forma d’arte.
Quando Casablanca divenne qualcos’altro
Non c’è un momento, un periodo o una ragione ben definita, ma col tempo Casablanca iniziò a piacere sempre di più. Il pubblico, semplicemente, ci si affezionò molto. Noah Isenberg – autore del libro (appena uscito) We’ll Always Have Casablanca: The Life, Legend and Afterlife of Hollywood’s Most Beloved Movie – ha scritto che nel 1957, quando morì Bogart, un teatro di Cambridge, in Massachusetts, ne organizzò alcune proiezioni e «alla quarta o alla quinta proiezione gli spettatori iniziarono a ripetere tutte le battute». In più cambiò anche l’approccio al cinema: come ha scritto Miller su Slate, si iniziavano ad apprezzare registi come Federico Fellini, Ingmar Bergman e Michelangelo Antonioni e fu il momento in cui «i film iniziarono a essere presi sul serio come forma d’arte». Casablanca non è mai stato considerato un capolavoro artistico, ma chi puntava a fare film d’autore lo guardò come un importante esempio di un cinema precedente e diverso rispetto a quello commerciale. Nel 1969 la critica Pauline Kael scrisse addirittura che era l’esempio perfetto di «quanto potesse piacere un film brutto».
Verso la fine degli anni Cinquanta Casablanca iniziò a essere proiettato in molti cinema: al Brattle, il teatro di Cambridge in cui venne proiettato alla morte di Bogart, rimase per moltissimi giorni e ancora oggi è una tradizione che Casablanca venga proiettato almeno una volta l’anno. Negli anni Settanta il film divenne il più trasmesso dalle televisioni statunitensi e nel 1992, anno del suo cinquantesimo anniversario, Bob Strauss ne parlò sul Los Angeles Times apprezzando la «purezza del suo essere un film dell’epoca d’oro di Hollywood», capace di «bilanciare quasi alla perfezione la suspense, il romanticismo e la commedia». Roger Ebert, il più noto critico cinematografico di sempre, disse che «era probabilmente il film in più classifiche sui “migliori film di sempre”», anche più di Quarto potere. Spiegò Ebert: «Quarto potere è generalmente considerato un film migliore, ma Casablanca è più apprezzato». Se ne occupò anche Umberto Eco, che scrisse: «Due cliché ci fanno ridere; cento ci fanno commuovere».
Intanto, dagli anni Sessanta in poi, Casablanca è stato citato in vario modo in decine di film: in Provaci ancora Sam di Woody Allen, in Ma papà ti manda sola? di Peter Bogdanovich, in Gatto nero, gatto bianco di Emir Kusturica e in Harry ti presento Sally di Rob Reiner.
Quando Casablanca ha smesso (forse) di piacere così tanto
Secondo Miller, tra gli anni Novanta e oggi, Casablanca ha iniziato a scendere dalle prime posizioni delle classifiche dei film più amati: «Puoi davvero chiamarlo “il film preferito di Hollywood?” No, se si guarda la posizione del film nella classifica di IMDb dei migliori film di sempre». Fino a poco prima del 2000 era al quarto posto, ora è al 33esimo (e non solo perché l’hanno superato film usciti negli ultimi 15 anni). Davanti a Casablanca ci sono, tra gli altri, Il buono, il brutto, il cattivo, Interstellar, Star Wars (il primo) e La parola ai giurati.
Nel 2013 la rivista Sight and Sound chiese a 2013 tra critici ed esperti vari di fare la lista dei 50 migliori film di sempre: Casablanca non ci entrò. Secondo Miller, quello che è cambiato «è il più potente e intangibile aspetto di ogni prodotto culturale: la sua capacità di mostrarsi come qualcosa in grado di parlare a ogni singolo spettatore» di fargli sembrare che quella storia lì parli proprio di lui e soprattutto a lui. Secondo Miller, negli anni Settanta Casablanca parlava a chi si opponeva alla guerra, ma anche a chi ne era a favore (sfruttando diverse sfaccettature della trama o del personaggio di Bogart). Sempre secondo Miller, in Rick Blaine «si incontrano e si incastrano apparentemente inconciliabili tratti di aspro individualismo ed eroismo altruista». Casablanca, insomma, piaceva perché riusciva a comunicare qualcosa a moltissimi spettatori di estrazione e provenienze diverse.
Negli anni Ottanta poi il film (e il personaggio di Bogart) sono diventati «la celebrazione di un certo tipo di mascolinità», forse un po’ vecchio stampo, e in più «l’amaro stoicismo di Bogart che colpiva certi spettatori potrebbe oggi sembrare autocommiserazione». In sintesi, sono cambiati i tempi: e a differenza dei protagonisti di Harry ti presento Sally, gli adulti di oggi non sono cresciuti guardando film come Casablanca, ma quelli della generazione successiva.
Negli ultimi anni sono anche cambiati gli attori – il fascino serio, autorevole e maturo “alla Bogart” va sempre meno di moda – e sono ovviamente cambiati anche i tempi e i modi del cinema. Già quando iniziò a piacere negli anni Cinquanta e Sessanta Casablanca era visto e apprezzato come esempio (secondo alcuni il migliore) di un cinema vecchio stile, che già allora “non esisteva più”. Casablanca, così come altri film di quel cinema di cui è uno dei simboli, è ora percepito come troppo lontano: non solo per i temi e le possibilità di immedesimazione di cui parla Miller, ma anche per una questione di modi. Un esempio: negli anni Ottanta uno sceneggiatore mandò per scherzo la sceneggiatura del film a diverse case di produzione, cambiando però il titolo. Pare che un quarto delle case di produzione si accorse della cosa, altri ignorarono la sceneggiatura e molti la rifiutarono ritenendola poco interessante o dicendo che, per esempio, c’erano troppi dialoghi. O che la trama non era convincente. C’è poi il problema (problema solo per alcuni, ovviamente) della recitazione, molto più calcata e artificiosa di quella a cui siamo abituati oggi.
Bonus: Casablanca e La La Land
Di Casablanca si è riparlato recentemente grazie a La La Land, che sembrava avesse vinto l’Oscar per il Miglior film e poi invece no. Bill Desowitz ha scritto su IndieWire che «di tutti i riferimenti contenuti in La La Land, quelli a Casablanca sono i più evidenti. Mia – la protagonista di La La Land interpretata da Emma Stone – ha in camera una grande immagine di Bergman in Casablanca e, come dice nel film, lavora di fronte a una delle finestre usate nel film. Desowitz ha anche fatto notare che certe cose della trama di La La Land ricordano quella di Casablanca. Potrebbe essere una prova del fatto che Casablanca sia ancora molto amato; o invece un segno del fatto che sia ormai considerato un film da citare in un musical che parla di sogni e della nostalgia per un passato che non c’è più.
(Da La La Land)