Andreste in vacanza in Arabia Saudita?
Gli investimenti nel settore stanno aumentando, ma la polizia religiosa e il controllo sui vestiti non sono un incentivo a visitare il paese
di Vivian Nereim e Glen Carey – Bloomberg
È la vigilia dell’inaugurazione di Shaden, un campeggio di lusso nel deserto dell’Arabia Saudita dove le tende hanno l’aria condizionata e si affacciano sulle rocce in arenaria. Sta arrivando una delegazione principesca, ma il campeggio non è ancora pronto. I pavoni per il giardino della suite reale da 10mila riyal a notte (circa 2500 euro) non sono arrivati. La mucca portata per rifornire di latte fresco il bar ha continuato a muggire per tutta la notte. «Non c’era verso di farla stare zitta», si lamenta Ahmed Al Said, l’imprenditore edile responsabile del progetto, mentre impartisce ordini sovrastando il rumore di martelli e pale. È l’Arabia Saudita nel suo insieme a non essere pronta ad accogliere turisti. I leader sauditi, però, sono determinati a rivoluzionare l’economia, e il turismo è tra le priorità: pensano che abbia il potenziale per creare posti di lavoro per la giovane popolazione saudita, far ottenere entrate che permettano di ridurre la dipendenza dal petrolio del paese e contribuire ad aprire il regno al mondo. Il piano potrebbe anche funzionare, a patto di riuscire a convincere qualcuno a visitare il paese.
Senza dubbio, l’Arabia Saudita attrae molti visitatori stranieri: l’anno scorso sono stati circa 18 milioni, il numero più alto nel mondo arabo. Ma erano quasi tutti pellegrini musulmani in visita alla Mecca. Il turismo tradizionale a malapena esiste e ci sono moltissimi ostacoli che fanno sì che immaginarsi un’Arabia Saudita invasa dai turisti sia difficile quanto immaginarsi che il paese interrompa la sua dipendenza dai combustibili fossili. L’Arabia Saudita non rilascia nemmeno visti turistici. Il divieto di consumare alcol, il rigido codice d’abbigliamento e le limitazioni alle interazioni tra le persone di genere diverso sono segnali d’allarme per molte persone che sarebbero invece felici di visitare le spiagge di Dubai o le piramidi d’Egitto. Oltre a questo ci sono anche la polizia segreta – che spesso controlla da vicino i visitatori stranieri – e la polizia religiosa, che punisce le violazioni alla morale. Persino molti sauditi preferiscono passare le vacanze a Dubai, dove possono vestirsi come vogliono o frequentare nightclub e cinema.
«Alcuni aspetti dei sauditi scoraggeranno le persone», ha detto Jarrod Kyte, responsabile del prodotto di Steppes Travel, un’agenzia di viaggi britannica. Non per tutti è così, però, e per questo il mese prossimo Steppes farà il suo primo tour organizzato in Arabia Saudita. Il viaggio – che costa circa 5600 euro – è stato difficile da organizzare per via della necessità di ottenere un visto su invito, ma ha attirato viaggiatori esperti che volevano spuntare un paese insolito dalla loro lista, ha raccontato Kyle, che spera di ripetere l’esperienza: «È chiaro che esiste una domanda nel paese», e il governo saudita vuole sfruttarla. Il piano dell’Arabia Saudita per superare la dipendenza dal petrolio, chiamato “Vision 2030“, include misure che hanno l’obiettivo di promuovere il settore dell’intrattenimento e lo sviluppo di coste e siti storici come Al Ula, dove sta sorgendo il resort di Shaden, nelle cui vicinanze sorgono le rovine di Mada’in Saleh, che risalgono a duemila anni fa e sono una testimonianza della stessa antica civiltà che costruì la più famosa città di Petra in Giordania.
Il principe Sultan bin Salman, capo della Commissione saudita per il Turismo e il Patrimonio Nazionale e figlio del re dell’Arabia Saudita, è il responsabile della campagna di promozione turistica. Il paese si sta finalmente accorgendo delle idee che il principe Sultan promuove da anni, ha raccontato lui stesso. «Ci sono stati molti investimenti: non nei siti turistici – come avremmo voluto – ma nelle infrastrutture di sostegno, come aeroporti, strade eccetera», ha detto durante un’intervista a Riyadh, la capitale saudita, respingendo le preoccupazioni secondo cui l’apertura del regno conservatore agli stranieri provocherebbe problemi. «Dicono che l’ambiente sociale non è quello giusto», ha detto, «e io continuo a rispondere: l’ambiente sociale arriverà dopo. E questo è quello che sta succedendo oggi». Il principe Sultan ha elencato una serie di musei che aprirà a breve e altri che ha intenzione di commissionare. Permetteranno ai musulmani di imparare nuove cose sull’Islam nel posto in cui la religione è nata, ha raccontato. La dimensione religiosa potrebbe contribuire a ottenere il sostegno della potente classe ecclesiastica dell’Arabia Saudita, che spesso si oppone al cambiamento.
In Arabia Saudita sono in corso anche investimenti nel patrimonio culturale, per sono stati accantonati 5 miliardi di riyal (circa 1,2 miliardi di euro). Il governo sta incoraggiando investimenti privati da parte di aziende come Al Jazirah Safari, che ha sede a Gedda e sta costruendo il resort di Shaden, un progetto da 100 milioni di riyal (circa 25 milioni di euro). Alcuni sauditi che vivono nella zona aspettano con ansia le nuove opportunità. Ahmed Al Masoud, che fa il contadino, ha intenzione di convertire il suo aranceto in un resort in cui spiegherà ai turisti come funziona l’agricoltura tradizionale; l’imprenditore Faras Al Harby , invece, sta importando souvenir dalla Cina. Aspettano tutti l’arrivo dei turisti.
In un recente pomeriggio, la 56enne Birgit Mitchell, un’insegnante americana che vive in Arabia Saudita, era praticamente l’unica persona al resort di Shaden. Era arrivata in pullman, suonando la sua chitarra per le donne musulmane nelle aree di sosta durante il viaggio. «Wow, non posso credere che stiamo camminando in questo posto», ha detto mentre entrava e usciva dalle tombe scolpite. La maggior parte dei visitatori sono residenti in Arabia Saudita, come Mitchell, o cittadini di altri paesi del Golfo Persico che non hanno bisogno di visti. Il governo saudita non ha ancora detto quando inizierà a rilasciare visti turistici. «I visti sono l’elemento che determinerà il numero dei turisti», ha detto Ahmad Al Fadhel, coproprietario di un altro campeggio nelle vicinanze. Per Al Fadhel, però, il piano del governo ha un problema simile a quello dell’uovo e della gallina: «Gli investitori non vogliono venire qui perché non ci sono turisti e i turisti non vogliono venire perché non ci sono servizi».
Le agitazioni in Medio Oriente hanno tenuto i turisti lontano anche da destinazioni affermate come l’Egitto. Nonostante sia più stabile di molti paesi della regione, nemmeno l’Arabia Saudita è immune dal problema: nel 2007 quattro francesi di ritorno dalla città saudita di Mada’in Saleh furono uccisi da alcuni miliziani. Questo è uno dei motivi per cui Ahmed Al Imam, un insegnante locale che fa anche la guida turistica part-time, non ha intenzione di lasciare il suo lavoro principale anche nel caso in cui vengano rimosse le limitazioni ai visti e inizino ad arrivare molti turisti. «Pensate a cosa accadrebbe se smettessi di insegnare», ha detto schioccando le dita, «e poi una notte un pazzo facesse qualcosa di sbagliato. Il turismo si fermerebbe». Forse il potenziale maggiore sta nel convincere i sauditi a spendere i loro soldi nel loro paese invece che all’estero. Secondo le previsioni in Arabia Saudita il turismo nazionale crescerà del 7,4 per cento raggiungendo 66 milioni di visite entro il 2020, spinto dai viaggi religiosi e per svago, stando a un rapporto di Colliers International di questo mese. «Ci sono prospettive positive per il turismo in Arabia Saudita, con una forte previsione di crescita e una serie di investimenti in corso», si legge nel rapporto.
Dal momento che in Arabia Saudita non ci sono cinema, durante la settimana dell’inaugurazione del campeggio di Shaden ad Al Ula sono stati proiettati dei film sauditi su una rupe. In passato alcune persone si erano lamentate per l’influenza dannosa di uno spettacolo del genere. Durante l’evento uomini e donne si sono riuniti in auto per guardare i film, mentre degli ambulanti vendevano té sotto le stelle. «Il paese ha delle risorse magnifiche da dedicare al turismo», ha detto, un analista che lavora a Control Risks a Dubai, aggiungendo però che i sauditi faticheranno a ottenere un ritorno economico dai loro investimenti «se non si apriranno».
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