Che cos’è GeMS, il secondo editore italiano
È nel gruppo Messaggerie, il più grande distributore di libri in Italia, e ha molte case editrici, tra cui Guanda, Garzanti, Salani e Longanesi
di Giacomo Papi – @giacomopapi
L’editoria italiana è una lista di cognomi, una specie di elenco telefonico: Baldini & Castoldi, Bollati & Boringhieri, Bompiani, Cairo, Carocci, Castelvecchi, De Agostini, Donzelli, Garzanti, Giunti, Guanda (che in verità si chiamava Guandalini), Einaudi, Fabbri, Fanucci, Feltrinelli, Hoepli, Laterza, Longanesi, Mondadori, Passigli, Salani, Sellerio, Sonzogno, Rizzoli, Vallecchi, Vallardi, Zingarelli e Zanichelli. Dare il proprio cognome alla propria casa editrice è una scelta di praticità e vanità, che dura nel tempo perché quasi sempre i cognomi rimangono anche quando le case editrici passano di proprietà, come è successo a Mondadori e Rizzoli. C’è una sola famiglia dell’editoria italiana che – per indole e strategia – ha scelto da sempre di apparire il meno possibile. Al di fuori del mondo dei libri in pochi hanno sentito nominare i Mauri, e i loro soci alleati, gli Spagnol. Invece, dopo la fusione Mondadori-Rizzoli, il Gruppo GeMS – Gruppo editoriale Mauri-Spagnol, appunto – è diventato il secondo editore italiano, un acronimo quasi ignoto nella cui pancia sopravvivono molti dei cognomi editoriali del Novecento: Garzanti, Longanesi, Bollati Boringhieri, Salani, Vallardi, a cui vanno aggiunte altre case editrici come Tea, Corbaccio, La Coccinella, Ponte alle Grazie, Nord, oltre al 49 per cento di Chiarelettere. Se poi si considera anche distribuzione, ingrosso, promozione, vendita online e di libri usati, la Scuola per librai e Il Libraio, inteso come rivista, l’importanza della famiglia Mauri è ancora maggiore. Il gruppo si basa su un’architettura complicata e flessibile, unica nel suo genere – «una piattaforma», dice il presidente e amministratore delegato di GeMs e vice presidente di Messaggerie Italiane Stefano Mauri – che copre ogni fase del processo editoriale, per sfruttare i vantaggi di scala dell’editoria industriale senza perdere in velocità e attenzione.
«Abbiamo cercato di conservare dinamiche da editore indipendente, con Pro Libro, Geamco, e GeMs, cioè il reparto commerciale, una società di gestione contabile e i servizi di holding a fare da collettore», dice Mauri, «Ma abbiamo lavorato perché la parte editoriale rimanesse autonoma e separata, cioè totalmente dedicata al libro. L’aspetto centrale, quello che per me fa differenza, è la continuità. L’azienda diretta da un manager fa scelte di medio-breve periodo e, se quotata, privilegia spesso il brevissimo. L’azienda diretta dagli azionisti ha più agio a orientarsi sul medio e lungo periodo. Questo vale per noi come per Sellerio o e/o». Ogni casa editrice di GeMS ha un direttore editoriale dedicato e un amministratore delegato che segue anche altre due o tre case editrici. «Abbiamo messo in piedi procedure di budgeting e controllo semplificate», dice Mauri, «per essere veloci nelle decisioni e avere una buona circolazione dei flussi informali di informazione. È un cambiamento organizzativo che abbiamo deciso nel 1999, dopo la morte di Mario Spagnol, che aveva guidato la casa editrice come una sorta di teocrazia, ma lui era indiscutibilmente il Maestro e se un dio c’è, la teocrazia va benissimo». Mario Spagnol è l’uomo che, dopo una vita in Bompiani, Feltrinelli e Rizzoli, nel 1979 diventò direttore editoriale e socio di Longanesi, appena acquisita dai Mauri, e incominciò a costruire un grande gruppo editoriale sulla base di Messaggerie, che era allora ed è tutt’ora il più grande distributore italiano di libri (l’altro grande distributore italiano è Mondadori, che dopo la fusione con Rizzoli ha raggiunto più o meno le dimensioni di Messaggerie Libri). Luigi Spagnol, figlio di Mario, è oggi vicepresidente di GeMS e presidente di Salani e Vallardi.
Ogni casa editrice si occupa di un genere abbastanza definito. Guanda, diretta da Luigi Brioschi dal 1986, fa soprattutto narrativa letteraria e ha autori come Luis Sepulveda e Jonathan Safran Foer; Longanesi punta sulla narrativa di genere e mainstream, i suoi autori più venduti sono Tiziano Terzani, Massimo Gramellini, e da quest’anno Chiara Gamberale e tra gli stranieri Clive Cussler e Patrick Süskind; Garzanti oggi pubblica con successo narrativa prevalentemente femminile, da Cristina Chiperi a Clara Sanchez, ma ha in catalogo anche Truman Capote, saggisti come Claudio Magris, Vito Mancuso, Tzvetan Todorov e Pedrag Matvejevic, oltre a una grande collana di classici; Vallardi si è specializzata in manuali di varia, come La dieta della longevità e Il magico potere del riordino; Salani è la più importante casa editrice italiana di romanzi per ragazzi, con un catalogo che va da Roald Dahl a Astrid Lindgren e Daniel Pennac, fino alla serie di Harry Potter di J. K. Rowling; Nord fa thriller noir e affini, tipo Glen Cooper; Bollati Boringhieri pubblica saggi; Chiarelettere, che ha delle quote del Fatto quotidiano, fa inchieste e pamphlet. Molte delle sigle hanno un posto centrale nella storia dell’editoria italiana – per dire: Garzanti, che nel 1936 aveva rilevato la Fratelli Treves, è la casa editrice di Gadda e Pasolini e delle famose Garzantine, Guanda quella di Attilio Bertolucci – ma quando furono acquistate erano in crisi. Il metodo – acquisire, risanare e ingrandirsi – è ancora lo stesso. Come scrive il presidente di Messaggerie Italiane Achille Mauri nell’introduzione al libro Cento anni di futuro, Storia delle Messaggerie italiane di Vittore Armanni, l’idea fu costruire «un nuovo gruppo editoriale che andasse incontro alla case editrici in difficoltà». Se alla fine degli anni Settanta, Luciano Mauri, il padre di Stefano, decise di entrare in editoria fu anche per dimostrare agli editori distribuiti da Messaggerie che si poteva pubblicare e prosperare con i servizi e le condizioni che Messaggerie offriva a tutti.
Dice Stefano Mauri: «Il nostro Dna è quello del distributore, ma abbiamo costruito una piattaforma moderna, anche se è nata cent’anni fa con l’intento di collocarsi tra editori e librai». L’architettura e la forza nella distribuzione danno al gruppo un’assoluta centralità strategica rispetto al mercato del libro, anche se le condizioni di cui godono le case editrici sono identiche a quelle degli altri editori distribuiti. Al centro c’è una holding – Messaggerie italiane – che oltre a GeMS e ad altre partecipazioni minori in case editrici come Laterza e Carocci, controlla insieme a Feltrinelli, ma al 70 per cento, il più grande distributore italiano (Messaggerie Libri), il più grande grossista (Fastbook), uno dei due più grandi distributori in autogrill, aeroporti e supermercati (Opportunity, l’altro si chiama Mach2), il secondo servizio di vendita online dopo Amazon (IBS) e l’unico grande database italiano dei titoli in commercio (Informazioni editoriali – Arianna) che è fondamentale per ogni libraio e per ogni editore sul mercato. In più sono soci del Libraccio, la maggiore catena di libri usati, possiedono società di vendita di eBook e di Print on demand, e la Scuola per librai Umberto ed Elisabetta Mauri, creata e finanziata dalla fondazione di famiglia. Significa che la strada che un libro deve percorrere in Italia per arrivare dall’editore al lettore, attraverso la libreria, la vendita online o il supermercato, deve passare quasi sempre dalla piattaforma controllata da Messaggerie italiane.
Dice Stefano Mauri: «Un distributore per funzionare deve rimanere neutrale. È la prima cosa. Messaggerie Libri non è un canale di GeMS, per questo GeMS non ha alcun vantaggio particolare da Messaggerie Libri. L’unico vantaggio di un gruppo editoriale è poter fare economia di scala sui costi industriali, e avere una priorità con gli agenti letterari perché si vedono tutte le novità. Capita spesso che case editrici indipendenti si offrano, con l’idea che basti avere come socio un grande gruppo per raddoppiare il loro fatturato, invece non funziona così. Funziona se trovi i libri giusti, e li lavori con cura. Se oggi in cima alla classifica ci sono editori come NN e Exorma è anche perché Messaggerie Libri garantisce a tutti un accesso efficiente alle librerie». Lo svantaggio dell’editoria industriale è la facilità nel fare salire i costi di gestione, soprattutto editoriali, rallentare i processi decisionali e perdere in qualità. Non è un caso, forse, che negli ultimi anni in Italia la quota di mercato dei piccoli e della stessa GeMs sia cresciuta. Nel 2016 le seicento case editrici distribuite da GeMS sono cresciute dell’8 per cento rispetto all’anno precedente.
La decisione di avviare un’attività editoriale vera e propria rientra nell’attitudine ad adattarsi e intercettare le trasformazioni della tecnologia e del mercato, che caratterizzò Messaggerie italiane fin dalle origini, permettendogli di sopravvivere, ingrandirsi e durare cent’anni. La storia incominciò prima dei Mauri, nel 1918 quando Giulio Calabi fondò a Bologna la Società Generale delle Messaggerie italiane, ispirandosi alla Messaggeries Hachette di cui assunse la rappresentanza per l’Italia. Calabi pensava che il distributore non dovesse soltanto distribuire libri e giornali, ma mediare tra produzione e vendita, cioè tra editore e libraio, o edicola. Per riuscirci creò una rete che copriva l’intero territorio nazionale e uno strumento che teneva sotto controllo l’intera produzione di libri in Italia. Nel 1919 Messaggerie entra nel consorzio Lir, le Librerie italiane riunite, per costruire un rapporto diretto con i librai; e nel 1922 nasce Il catalogo dei cataloghi del libro italiano, che rappresenta l’antenato del database Arianna, di cui si serve oggi ogni libraio italiano per sapere che cosa c’è in commercio e cosa entra ed esce dalla libreria, l’unico database aggiornato sui dati reali di vendita dei libri. (Qui si spiega meglio come funziona). Durante il fascismo Calabi, nonostante fosse ebreo e considerato dal regime «elemento di scarsa fede», collaborò alla diffusione del libro italiano nelle colonie insieme ad Arnoldo Mondadori, Umberto Mauri e Valentino Bompiani. Ma fin dal 1930 la sua intenzione era vendere. Nel 1938, preoccupato per le leggi razziali, riuscì a vendere ad Hachette e trasferirsi con la famiglia a Parigi e poi a New York. (Il marito di una delle sue figlie sarebbe diventato ricco inventandosi un procedimento chimico per congelare le mele, il marito dell’altra era Franco Modigliani, e avrebbe vinto il Nobel per l’economia nel 1985). Nel 1938, su incarico di Hachette e Mondadori, Umberto Mauri diventa consigliere delegato e direttore generale di Messaggerie in cambio di un pacchetto azionario, di cui nel dopoguerra acquisirà la maggioranza.
Mauri e Bompiani erano amici e cognati (Umberto aveva sposato Maria Luisa Bompiani, sorella di Valentino) e avevano lavorato insieme in Mondadori, di cui Valentino, prima di fondare la propria casa editrice nel 1929, era stato direttore editoriale, e di cui Umberto fu direttore commerciale dal 1934 al 1938, dopo essere stato l’agente letterario di Pirandello. Negli anni della guerra, il ruolo di Messaggerie si consolidò. Negli anni Cinquanta Fabio Mauri, il primo dei cinque figli di Umberto, fece conoscere un suo amico di Lerici a suo zio Valentino. Era Mario Spagnol che nel 1955, a venticinque anni, entrò in casa editrice. Mentre Messaggerie italiane cresceva, aprendo per esempio nel 1961 la vendita negli autogrill, Spagnol faceva carriera nell’editoria: diresse la collana Universale Economica di Feltrinelli, rilanciò gli Oscar Mondadori e prese la guida dei Libri Rizzoli. Quando Umberto Mauri morì nel 1963, a 55 anni, gli subentrò suo figlio Luciano, il padre di Stefano. La sua idea, già nel 1970, era che «le possibilità di sviluppo dell’azienda sono attuabili solo attraverso una netta differenziazione delle attività», rendendo ognuna autonoma e indipendente. Nel 1979, a sessant’anni dalla fondazione, Messaggerie decise così di entrare nell’editoria vera e propria, cioè nella pubblicazione di libri, acquistando la maggioranza di Longanesi. A dirigere la casa editrice fu chiamato Mario Spagnol, con un accordo che prevedeva la cessione del 30 per cento delle azioni in caso di risanamento, che avviene nel 1986. Nei decenni successivi fu avviata una grande campagna di acquisizioni di grandi marchi editoriali in difficoltà: Guanda (1986), Salani (1987), TEA (fondata con UTET nel 1987), Corbaccio (1993) e Ponte alle Grazie (1993). Nel 2002 furono comprate Garzanti e Nord, nel 2007 nacque Chiarelettere, nel 2009 furono acquisite La Coccinella, Bollati Boringhieri, la catalana Duomo Ediciones e il 35 per cento di Fazi. Intanto, nel 2005, il Gruppo Longanesi si è trasformato in GeMS. Dal 2000 al 2010 l’incidenza delle case editrici sui ricavi totali del Gruppo passò dal 7 al 22 per cento. Oggi è più o meno la stessa, ma solo perché la quota della distribuzione nel frattempo è cresciuta grazie alla fusione, avvenuta nel 2014, tra Messaggerie e PDE, il secondo distributore italiano acquisito da Feltrinelli nel 2008.
Negli ultimi anni GeMS si è ulteriormente rafforzata. Una delle ragioni è il rallentamento provocato dalla fusione di Mondadori e Rizzoli. Ma al centro del gruppo Messaggerie rimane un settore, quello della distribuzione, che è ancora novecentesco ed è il più esposto alle trasformazioni della tecnologia e del mercato del libro, e in cui negli ultimi dieci anni è entrato un nuovo grande predatore: Amazon. «Amazon ha eroso il fatturato della librerie in tutto il mondo», dice Stefano Mauri. «La quota dell’ecommerce ed ebook in Gran Bretagna è ormai sopra il 60 per cento, mentre nell’Europa è sul 12-15 per cento. Credo che arrivare a una situazione del genere anche in Italia rappresenterebbe un grosso fallimento per il pluralismo». Il secondo venditore di libri online, però, è IBS, acquistato dal gruppo Messaggerie già nel 1998. Alla crescita della vendita online, corrisponde il crollo della grande distribuzione. «Infatti io vedo in difficoltà la narrativa di genere maschile, che negli ultimi anni è scesa del 20 per cento, e del 40 per cento nella grande distribuzione», dice Mauri. «È che un certo tipo di lettori, quello più abituato a comprare libri in autogrill o al supermarket, occupa il tempo in un altro modo, sui telefonini o sui computer. Per questo mi sembrano interessanti novità come l’audiolibro liquido che permette di allargare i modi di fruizione, per esempio a quando si guida». Un’altra tendenza del mercato, intuita e anticipata per tempo, è la crescita di alcuni settori editoriali specifici, come il libro per ragazzi, che è l’unico oggi in crescita in tutto il mondo. Anche su questo, con l’acquisizione di Salani nel 1987, la famiglia Mauri si è mossa per tempo. «Luigi Spagnol e Donatella Ziliotto partirono subito con l’idea di applicare all’editoria per ragazzi i criteri dell’editoria per adulti, cioè di fare libri che piacessero direttamente ai ragazzi senza passare dall’intermediazione dei genitori e della scuola».
La verità è che il libro è capace di trasformarsi e di adattarsi e anticipare le trasformazioni del mercato, quindi della società. «Il libro ha dimostrato una resilienza ovunque», dice Mauri, «al contrario dell’ebook che negli ultimi tempi ha perso colpi. È ancora molto importante, perché grazie alla sua versatilità può accogliere il nuovo, come dimostrano le vendite degli youtuber, e in alcuni casi può anche determinarlo, come dimostra Harry Potter, che è il primo bestseller globale dopo la caduta del Muro di Berlino». Il successo di un editore dipende alla fine dai libri che sceglie, e non c’è dubbio che il libro da pubblicare negli ultimi vent’anni sia stato proprio Harry Potter. Come andò? «La Rowling non conosceva nessuno nel mondo dell’editoria, quindi incominciò a cercarsi un agente. Lo scelse in base al nome, Little. Ora, l’agente Little era amico della nostra scout londinese, che lo lesse e ne parlò con Donatella Ziliotto, Luigi Spagnol e Maria Grazia Mazzitelli di Salani. Non fu una decisione ovvia perché non rientrava nella linea della collana gli Istrici, ma decisero di pubblicarlo lo stesso, fuori collana, con una prima tiratura di 20 mila copie, che erano tante visto che Roald Dahl ne fa 10 mila. Le rese furono 8 mila. Un buon risultato. Ma l’esplosione in Gran Bretagna arrivò con il terzo libro e da lì arrivò anche da noi. A oggi Harry Potter in Italia ha venduto 20 milioni di copie».
La storia di Messaggerie e del gruppo GeMS è basata in fondo su una considerazione molto pragmatica del libro, che è un oggetto da distribuire, comunicare e vendere. Il dubbio è che, per funzionare, un gruppo editoriale debba considerarlo come una merce uguale a tutte le altre. Stefano Mauri non è d’accordo: «No, non credo. Chi ha letto Harry Potter all’epoca in cui è uscito, oggi legge il doppio dei suoi coetanei. Un libro sul bene e sul male che viene letto da mezzo miliardo di persone è una base comune per una intera generazione di umani. Ripeto sempre che i valori di Harry Potter sono gli stessi dello sport: amicizia, lealtà, coraggio, gioco di squadra». L’unico grande Paese nel quale JK Rowling è sempre stata pubblicata dallo stesso editore è l’Italia.