L’inatteso bestseller di Kent Haruf
Il libro più letto del momento in Italia è di uno scrittore americano semi-sconosciuto, pubblicato da una piccola casa editrice fondata due anni fa
La mattina in cui sono andati in casa editrice per festeggiare il loro primo posto in classifica, quelli di NNEditore hanno scoperto che qualcuno nel weekend aveva rubato tutti i computer. Hanno festeggiato lo stesso. È raro che in testa alle classifiche dei libri più venduti in Italia ci sia un romanzo straniero pubblicato da un piccolo editore, e che non sia un giallo, un thriller, un fantasy, un romanzo di genere. Invece il libro più venduto in libreria nell’ultima settimana è Le nostre anime di notte di Kent Haruf, pubblicato da NNEditore, una casa editrice di Milano, nata soltanto due anni fa, nel 2015. Il primo posto di Haruf riguarda solo le librerie, quindi la classifica Nielsen pubblicata da Tuttolibri della Stampa, non quelle di Repubblica e Corriere della sera che si basano su dati GfK e quindi tengono conto anche delle vendite in autogrill e supermercati, dove NN non è presente (qui si spiega Come si leggono le classifiche dei libri). Nella settimana dal 13 al 19 febbraio, Le nostre anime di notte ha venduto più di 5.900 copie, contro le 5.200 di Gamberale: non sono tantissime – febbraio è sempre uno dei mesi peggiori dell’anno per i libri – ma sono comunque abbastanza per farne un caso editoriale. Il successo del libro si deve a quello dei tre libri precedenti – la Trilogia della pianura composta da Benedizione, 30 mila copie, Crepuscolo, 20 mila, e Canto della pianura, 25 mila – ma avrà probabilmente un effetto retroattivo anche sui romanzi già usciti.
Kent Haruf è uno scrittore americano morto nel 2014 a 70 anni. Durante la sua vita non fu famosissimo – di lui esiste una solo foto pubblica, e NN non è ancora riuscita a procurarsene altre – ma vinse premi importanti e nel 1999 fu finalista del National Book Award. Alla pubblicazione arrivò tardi, dopo avere fatto molti mestieri – allevatore di polli, muratore, infermiere, bibliotecario, insegnante di inglese, anche all’università. Nel 1984 a 41 anni pubblicò il suo primo romanzo, The Tie That Binds, ancora inedito in Italia, ma il successo giunse solo nel 1999 con Plainsong, Il canto della pianura. Haruf fu insomma il classico scrittore laterale apprezzato da altri scrittori – per esempio da John Irving, che fu suo insegnante e lo aiutò a iniziare – e da un pubblico fedele ma non vastissimo. Il suo successo italiano è quindi uno di quei casi in cui il lavoro dell’editore è decisivo. Haruf nacque a Pueblo, in Colorado, nel 1943, figlio di un pastore metodista. Forse non è un caso che i suoi personaggi, paesaggi e il suo modo di raccontare ricordino – oltre a Faulkner, lo scrittore a cui Haruf si ispira, a Hemingway, a cui è stato paragonato, e a Carver, con cui condivide il rifiuto assoluto di qualunque affettazione stilistica e la pulizia dei dialoghi – quelli di Marilynne Robinson, grande scrittrice americana che però in Italia, nonostante Einaudi, non è mai arrivata alle prime posizioni di vendita.
Tutti i romanzi di Haruf si svolgono nell’immaginaria cittadina di Holt, in Colorado. Raccontano la vita quotidiana, l’amore o la morte di persone normali. La tradizione è quella del minimalismo di provincia. Non ci sono avventure, eventi soprannaturali o personaggi cattivi così cattivi da non meritare uno sguardo di comprensione da parte dell’autore e dei lettori. Anzi, colpisce che i protagonisti di Haruf siano persone buone, per quanto si possa essere buoni vivendo, senza per questo diventare monodimensionali o piatte, e colpisce il senso di pietà e di rispetto umano dello sguardo e della voce. Haruf è il primo autore acquisito da NNEditore alla fiera di Londra della primavera 2014. Quando le due editrici, Eugenia Dubini e Gaia Mazzolini, gli scrissero per comunicargli di avere comprato i diritti italiani di Benedizione, Haruf rispose con un’email augurandosi che i suoi libri potessero fare da contrappunto alle divisioni e alla violenza dei tempi. Sarebbe morto a novembre di una malattia ai polmoni, poco dopo avere consegnato il suo ultimo romanzo, appunto Le nostre anime di notte.
Benedizione, il primo libro pubblicato in Italia, ma il terzo della trilogia, racconta gli ultimi mesi di vita di Dad Lewis, insieme alla moglie, alla figlia e a una bambina di otto anni, l’attesa della fine e il senso di colpa per le cose non fatte o fatte male. Canto della pianura è la storia di una ragazzina, Victoria Roubideaux, che rimane incinta e viene accolta nel ranch dei fratelli McPherson. In Crepuscolo, il secondo romanzo, Victoria da adulta ritorna dai McPherson. Le nostre anime di notte, invece, è una storia di amore e di amicizia tra due anziani, Addie Moore e Louis Waters, che incomincia il giorno in cui lei si presenta da lui e lo invita, di punto in bianco, a passare le notti a casa sua, perché vuole avere qualcuno con cui parlare al buio e perché, da quando è rimasta vedova, non riesce a dormire bene. È una storia minima, fatta di sacchetti di carta con dentro pigiama e spazzolino da denti, di timidezza e rispetto, sull’imbarazzo dei corpi e sulla difficoltà con cui le persone, se lo vogliono, possono superare la distanza che li separa. Ci sono frasi semplici, molti dialoghi diretti, ma senza virgolette e trattini, come se le parole pronunciate siano un’estensione dell’ambiente in cui nascono.
Questa è una scena, scelta quasi a caso:
«Addie mise i bicchieri nel lavandino e lui la seguì su per le scale. Louis andò in bagno, si mise il pigiama e ripiegò i vestiti nell’angolo. Quando entrò in camera, lei era a letto, in camicia da notte. Gli scostò la scoperta e lui si sdraiò.
La volta scorsa non hai lasciato qui il pigiama. Anche per questo credevo che non saresti più tornato.
Ho pensato che poteva sembrare presuntuoso. Come se stessi dando tutto per scontato. In realtà non ci eravamo ancora detti molto.
Be’, d’ora in poi puoi lasciare qui il pigiama e spazzolino, disse la donna.
Così evito di consumare i sacchetti di carta, commentò lui.
Sì. Proprio così. Hai in mente qualcosa di cui hai voglia di parlare? chiese lei».
Purtroppo per NNEditore, Kent Haruf non scrisse moltissimo. A meno di sorprese e ritrovamenti, restano da tradurre due romanzi – The Tie That Binds del 1989 e Where You Once Belonged del 1990, entrambi ambientati ad Holt – e una serie di racconti usciti su riviste letterarie. Tutti i romanzi di Kent Haruf già usciti sono stati tradotti in italiano da Fabio Cremonesi.
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Il primo capitolo di Le nostre anime di notte
E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Waters. Era una sera di maggio, appena prima che facesse buio.
Vivevano a un isolato di distanza in Cedar Street, nella parte più vecchia della città, olmi e bagolari e un solo acero cresciuti sul ciglio della strada e prati verdi che si stendevano dal marciapiede fino alle case a due piani.
Era stata una giornata tiepida, ma di sera aveva rinfrescato. Dopo aver camminato sotto gli alberi, la donna svoltò all’altezza della casa di Louis.
Quando Louis le aprì la porta, lei disse, Posso entrare a parlarti di una cosa? Sedettero in salotto. Vuoi qualcosa da bere? Un tè? No, grazie. Non so se mi fermerò abbastanza per berlo. Si guardò intorno. È graziosa la tua casa. Diane l’ha sempre tenuta bene. Un po’ ci provo anch’io. È ancora graziosa, disse lei. Erano anni che non ci venivo. Guardò fuori dalla finestra verso il cortile laterale, la notte si stava accomodando fuori e dentro la cucina, una luce illuminava il lavandino e il bancone. Tutto sembrava pulito e ordinato. Lui la stava guardando. Era una donna attraente, l’aveva sempre pensato. Quando era più giovane aveva i capelli scuri, ma ormai erano bianchi e li portava corti. Era ancora in forma, solo un po’ appesantita in vita e sui fianchi.
Probabilmente ti stai chiedendo cosa ci faccio qui, disse lei.
Be’, non penso tu sia venuta per dirmi che casa mia è graziosa.
No. Volevo suggerirti una cosa.
Eh?
Sì. Una specie di proposta.
Okay.
Non di matrimonio, disse lei.
Non pensavo neppure questo.
Però c’entra con una specie di matrimonio. Ma ora non so se ci riesco. Ci sto ripensando. Fece una risatina. In un certo senso è un po’ come un matrimonio, non ti pare?
Che cosa?
L’indecisione.
Può darsi.
Sì. Insomma, adesso te lo dico.
Dimmi, disse Louis.
Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me.
Cosa? In che senso?
Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare.
Lui la fissò, rimase a osservarla incuriosito, cauto.
Non dici nulla. Ti ho lasciato senza parole? chiese lei.
Penso proprio di sì.
Non parlo di sesso.
Me lo stavo chiedendo.
No, non intendo questo. Credo di aver perso qualsiasi impulso sessuale un sacco di tempo fa. Sto parlando di attraversare la notte insieme. E di starsene al caldo nel letto, come buoni amici. Starsene a letto insieme, e tu ti fermi a dormire.
Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?
Sì. Credo di sì.
Alla fine per addormentarmi devo prendere delle pastiglie, leggo fino a tardi e poi il giorno dopo mi sento intontita. Totalmente inutile per me stessa e per gli altri.
È successo anche a me.
Eppure, se ci fosse qualcuno a letto con me, credo che ricomincerei a dormire bene. Una persona carina, un senso
di intimità. Parlare di notte, al buio. Rimase in attesa. Cosa ne pensi?
Non so. Quando vorresti cominciare?
Quando vuoi. Ammesso che tu ne abbia voglia, rispose lei. Questa settimana.
Dammi un po’ di tempo per pensarci.
Va bene. Ma chiamami prima, se e quando deciderai di venire. Così saprò che ti devo aspettare.
D’accordo.
Spero proprio di sentirti.
E se poi russo?
Vorrà dire che russi, oppure imparerai a non farlo.
Louis scoppiò a ridere. Sarebbe una novità.
Addie si alzò e uscì per tornare a casa, lui rimase sulla porta a guardarla, una donna di settant’anni di corporatura media, con i capelli bianchi, che si allontanava sotto gli alberi, passando attraverso le chiazze di luce proiettate dal lampione all’angolo della strada. Ma che diavolo, si disse. E adesso cerca di non essere precipitoso.
© 2015 Kent Haruf
© 2017 Enne Enne Editore, Milano