Il piano dell’Australia per liberarsi delle carpe con un virus
Sono diventate il 90 per cento dei pesci presenti nei fiumi australiani, con conseguenze dannose per tutti gli ecosistemi: il nuovo progetto però ha ricevuto diverse critiche
La storia dell’Australia è piena di casi di specie animali invasive che dopo essere state portate dagli europei nel paese hanno prosperato danneggiando o addirittura portando all’estinzione specie autoctone impreparate a difendersi o competere per le stesse risorse. L’esempio più famoso è quello dei conigli: nel 1859 24 conigli selvatici inglesi furono liberati in natura, in pochi anni si riprodussero a dismisura invadendo gli habitat di molti altri animali, e mettendo a rischio la sopravvivenza di numerose specie locali, anche vegetali. Nel caso dei conigli la situazione si è risolta grazie alla diffusione – in parte accidentale, in parte per volontà delle autorità australiane – del virus della mixomatosi, una malattia che causa lesioni ai polmoni e al fegato dei conigli e che in molti casi porta alla loro morte. Ora l’Australia sta pensando di fare qualcosa di simile anche con un’altra specie invasiva: le carpe.
Nel 2016 il governo australiano ha stanziato l’equivalente di 14 milioni di euro per finanziare la diffusione di un tipo di Herpesvirus nel principale sistema fluviario del paese (il bacino Murray-Darling, a sud-est) e così sterminare la popolazione di carpe comuni (Cyprinus carpio), che sono state introdotte nell’Ottocento e oggi rappresentano il 90 per cento dei pesci presenti nei fiumi dell’Australia. Il virus da usare nel piano di sterminio delle carpe è il Cyprinid herpesvirus 3, che provoca una malattia nelle carpe e che, secondo i test del Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), l’istituto di ricerca nazionale australiano, non dovrebbe avere nessun effetto sulle altre specie che vivono nell’ecosistema fluviale.
Alcuni scienziati britannici hanno però espresso dei dubbi sul progetto australiano. Con una lettera pubblicata questa settimana sulla rivista Nature Ecology and Evolution, i ricercatori dell’University of East Anglia Jackie Lighten e Cock van Oosterhout hanno criticato il piano australiano dicendo che diffondere l’Herpesvirus potrebbe sconvolgere l’ecosistema fluviale, mettere a rischio la sicurezza alimentare e non essere una soluzione a lungo termine. Per Lighten e van Oosterhout non si otterrebbero delle conseguenze analoghe a quelle del caso dei conigli e del virus della mixomatosi perché l’ambiente acquatico è diverso da quello terrestre e i test fatti in laboratorio non possono escludere possibili trasmissioni dell’Herpesvirus ad altre specie. Inoltre secondo i ricercatori britannici i cadaveri in decomposizione delle carpe che sarebbero uccise in massa dal virus farebbero diminuire molto la quantità di ossigeno nell’ecosistema fluviale, provocando danni per le altre specie che lo abitano. Lighten e van Oosterhout temono anche che il virus potrebbe diffondersi agli animali di allevamento, creando grossi danni economici.
Il capo del Piano nazionale per il controllo delle carpe Matt Barwick (soprannoninato “The Carpinator” dal ministro dell’Agricoltura) ha detto al Guardian che tutti i timori di Lighten e van Oosterhout sono o già stati presi in considerazione dalle autorità australiane oppure sono infondati. Da un lato perché è stato fatto uno studio sui possibili rischi dell’introduzione dell’Herpesvirus e altri test saranno fatti in futuro, prima dell’effettiva messa in atto del piano. Dall’altro perché nei trentatré paesi in cui l’Herpesvirus è diffuso, non si è mai trasmesso ad altre specie, nemmeno quelle con una stretta parentela con le Cyprinus carpio e che in tutti i paesi in cui si allevano le carpe il virus è già presente (l’allevamento dell carpe, peraltro, non è particolarmente sviluppato in Australia). L’ecologa della Latrobe University Susan Lawler ha spiegato che per quanto riguarda il problema del calo di ossigeno nei fiumi causato dalla morte in massa delle carpe, il rischio che altri animali muoiano c’è, ma che comunque la presenza delle carpe è una minaccia maggiore. E anche se è vero che il Piano nazionale per il controllo delle carpe non porterà probabilmente alla morte di tutte le carpe, non significa che non sarà una soluzione a lungo termine: secondo le stime del progetto, dopo un primo forte calo della popolazione, le carpe superstiti dovrebbero riuscire a riprodursi generando una nuova popolazione grande quanto il 30-40 per cento di quella attuale; per questo il piano prevede anche delle misure di controllo che verranno introdotte in seguito per mantenere basso il numero delle carpe.