Cosa faranno ora i fuoriusciti dal PD

Ieri hanno fondato un nuovo partito che si chiama "Democratici e progressisti", e per prima cosa si impegneranno per il Sì al referendum sui voucher (e in Parlamento?)

Da sinistra, Arturo Scotto, Roberto Speranza, Enrico Rossi e Massimiliano Smeriglio all'assemblea di presentazione di Articolo 1 - Movimento Democratici e Progressisti, il 25 febbraio 2017, a Roma (Fabio Cimaglia / LaPresse)
Da sinistra, Arturo Scotto, Roberto Speranza, Enrico Rossi e Massimiliano Smeriglio all'assemblea di presentazione di Articolo 1 - Movimento Democratici e Progressisti, il 25 febbraio 2017, a Roma (Fabio Cimaglia / LaPresse)

Il 25 febbraio si è tenuta a Roma la conferenza di presentazione del partito nato dalla fuoriuscita di alcuni membri della minoranza del Partito Democratico (PD): il nome completo della nuova formazione è Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti, ma sui giornali già lo si abbrevia con Democratici e Progressisti, o addirittura con MDP o DP (una sigla piuttosto buffa: dopotutto è il contrario di PD). All’assemblea di presentazione hanno parlato Roberto Speranza, deputato che nel PD faceva parte della minoranza cosiddetta “bersaniana”, il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e il deputato Arturo Scotto. Scotto è stato eletto con Sinistra Ecologia Libertà (SEL) e inizialmente si era candidato alla segreteria del partito che ne ha preso il posto, Sinistra Italiana (SI): poi però qualche giorno fa ha annunciato che avrebbe lasciato il gruppo di SI insieme ad altri parlamentari per entrare nella formazione politica dei fuoriusciti dal PD. Durante e dopo l’assemblea, i giornali hanno cercato di capire qualcosa in più sulle intenzioni e le prossime battaglie del nuovo partito.

All’assemblea non erano presenti né l’ex segretario del PD Pierluigi Bersani, né Massimo D’Alema: il primo era a Piacenza per il finesettimana, il secondo ad Assisi dove ha partecipato a una cena con molti politici umbri, usciti dal PD in passato o in procinto di farlo. Tutti i quotidiani hanno notato le assenze di Bersani e D’Alema: l’ipotesi del Corriere della Sera è che non ci fossero per lasciare che fossero politici più giovani a rappresentare il nuovo partito. All’assemblea c’erano però anche l’ex segretario della CGIL Guglielmo Epifani, il senatore bersaniano Miguel Gotor, il deputato Nico Stumpo, e l’ex responsabile organizzativo del PD Davide Zoggia. Tra gli ex membri di SEL presenti all’assemblea invece c’erano il vicepresidente della Regione Lazio Massimiliano Smeriglio e Alfredo D’Attorre (che fino al novembre 2015 era nel PD). C’era anche Stefano Fassina, uscito dal PD nel giugno del 2015 e da allora deputato di SEL e ora di Sinistra Italiana: rimarrà in SI, ma ha partecipato all’assemblea perché pensa che il suo partito dovrà collaborare con la nuova formazione politica.

Secondo i giornali, le prime battaglie in cui si impegnerà il nuovo partito saranno con tutta probabilità il Sì al referendum contro i voucher in programma per questa primavera e la questione dello ius soli, cioè il diritto alla cittadinanza per nascita a chi è nato in Italia da genitori stranieri. Su quest’ultima materia, c’è un disegno di legge che propone uno ius soli temperato bloccata in Parlamento dopo essere stato approvato dalla Camera nell’ottobre del 2015. Alla prima assemblea di Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti Rossi ha anche parlato di proporre una «una patrimoniale sulla grande ricchezza». Durante l’assemblea è anche stato detto – con tono scherzoso – che un’altra delle prime cose che faranno i Democratici e Progressisti sarà votare il ministro Andrea Orlando alle primarie per eleggere il segretario del PD il 30 aprile.

Cosa cambia in Parlamento

Secondo i calcoli dei giornali, i parlamentari Democratici e Progressisti sono 50 in totale: 12 al Senato e 38 alla Camera dei deputati. Tutti i membri di Democratici e Progressisti intervistati dai giornali dopo l’assemblea hanno detto che il nuovo partito sosterrà il governo di Paolo Gentiloni e si considera parte della maggioranza. Ma se anche decidessero di stare all’opposizione, al momento i loro numeri non metterebbero a rischio la maggioranza: al Senato, con 12 senatori in meno, la coalizione di governo conterebbe comunque 166 seggi, cinque in più della soglia di maggioranza. Alla Camera, con 38 deputati in meno, la coalizione di governo potrebbe fare affidamento su 359 deputati, cioè 43 in più della soglia.

Per quanto riguarda i sondaggi sul consenso del nuovo partito, ci sono percentuali molto diverse. Per un sondaggio del Corriere della Sera Democratici e Progressisti avrebbe un bacino potenziale di elettori intorno al 9 per cento, mentre secondo il sondaggio fatto dall’Istituto Piepoli per la Stampa i consensi del nuovo partito arriverebbero solo al 3 per cento e il consenso del PD non sarebbe calato più di tanto, passando dal 32 al 29 per cento.

La questione del nome

“Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti” è ispirato alla prima frase dell’Articolo 1 della Costituzione, cioè «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro». Durante l’assemblea Roberto Speranza ha spiegato che il nome del partito è dovuto al fatto che il tema più importante per la nuova formazione politica è quello del lavoro, e in particolare del lavoro per i giovani. La scelta dell’aggettivo “progressisti” pare anche individuare una sorte di legame con Campo progressista, il movimento dell’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, che sarà presentato ufficialmente l’11 marzo. La sigla DP invece è speculare a PD, come ha scritto Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, notando anche che il nome del nuovo partito «in comune al PD ha la parola democratico, al plurale, ma aggiunge “progressisti”» e ricordando che «oltretutto DP era anche la sigla di Democrazia proletaria, un cartello elettorale che doveva riunire a metà degli anni Settanta tutti i microgruppi che frastagliavano la sinistra extraparlamentare che voleva diventare parlamentare».

Sembra esserci un altro problema col nome del nuovo partito, ma non ha nulla a che fare con formazioni politiche del passato. Il fatto è che un gruppo chiamato Democratici Progressisti (senza la congiunzione “e”) esiste già: è una lista calabrese del Partito Democratico, peraltro sostenitrice di Matteo Renzi, che ha partecipato alle elezioni regionali del 2014 facendo eleggere tre consiglieri. La sigla e lo stemma della lista sono stati depositati dai deputati del PD Ernesto Carbone e Ferdinando Aiello insieme al consigliere regionale Giuseppe Giudiceandrea. Secondo Repubblica, Carbone ha lasciato intendere che potrebbe reclamare i diritti sulla sigla.

dp_calabria

Non c’è ancora un simbolo per il nuovo Articolo 1 – Movimento democratici e progressisti che però ha due pagine di programma. Il manifesto, pubblicato sull’Huffington Post, inizia così:

«Siamo donne e uomini che si impegnano in un movimento democratico e progressista con l’obiettivo di dare all’Italia un governo che corrisponda ai bisogni e gli interessi del nostro Paese. Un progetto di governo che si avvalga dell’esperienza delle donne per realizzare una società più equilibrata, accogliente, meno individualista, che si batta per sviluppare una coscienza dei diritti e delle libertà fondamentali. Pensiamo che l’Italia abbia urgente necessità di questo impegno per contrastare il populismo e l’avanzata delle forze antisistema e della destra isolazionista e reazionaria».