La Corte Suprema israeliana si sposta a destra
Il più alto tribunale israeliano – e principale contrappeso dei governi – ha quattro nuovi giudici, di cui tre conservatori
Mercoledì 22 febbraio quattro nuovi giudici sono stati aggiunti alla Corte Suprema israeliana: sostituiranno altrettanti membri della Corte che andranno in pensione a settembre. La Corte Suprema, che è formata da 15 giudici, è storicamente considerata il principale contrappeso delle politiche israeliane più controverse, come l’occupazione di territori palestinesi o le discriminazioni contro i palestinesi o gli arabi-israeliani. In futuro però il suo ruolo potrebbe cambiare: molti fanno notare che tre dei quattro nuovi giudici sono conservatori e che di conseguenza potrebbero essere meglio disposti con le politiche nazionaliste dell’attuale governo di destra, che è in carica da otto anni. Commentando la notizia in un editoriale in prima pagina, il direttore di Haaretz – il principale quotidiano progressista del paese – ha scritto che le nuove nomine sono «la più importante conquista della rivoluzione politica e sociale portata avanti dal governo del primo ministro Benjamin Netanyahu».
La Corte Suprema israeliana è uno degli organi più importanti dello Stato israeliano: è infatti la corte più alta per tutti i tribunali del paese – sia quelli civili che quelli militari, cioè quelli che presiedono i casi che hanno a che fare con l’occupazione militare della Cisgiordania – e le sue decisioni danno spesso un indirizzo preciso alla legislazione israeliana, che non ha una Costituzione. Soprattutto dagli anni Settanta in poi, la Corte Suprema è stata considerata una delle più solide istituzioni israeliane, e la sua autorevolezza paragonata alle corti equivalenti dei più affermati paesi occidentali; i suoi critici, soprattutto a destra, si sono lamentati del presunto “attivismo” della Corte, che a loro parere ha approfittato dell’assenza di una Costituzione per interpretare molto liberamente le leggi esistenti oppure per cercare di introdurre nuove politiche con le proprie decisioni.
Ancora in tempi recenti la Corte ha emesso sentenze molto importanti e discusse, come quando nel 1999 vietò l’uso della forza negli interrogatori compiuti dalle forze di sicurezza israeliane, o quando nel 2005 permise a una coppia di donne di adottare i figli della propria partner. Già da qualche tempo però, secondo i suoi critici, ha perso parte di questa autorevolezza: nel 2011, per esempio, permise ad alcune società israeliane di tenere attive delle cave di pietra in territorio palestinese nonostante la convenzione dell’Aia del 1907 imponga a una potenza occupante – come Israele – di “preservare i capitali” naturali del paese occupato (la Corte argomentò che le cave davano lavoro anche ai palestinesi, e che le società pagavano le tasse alle autorità locali). Nel 2012 invece fu nominato fra i giudici della Corte Noam Sohlberg, il primo colono israeliano nella storia a ricoprire questa carica.
Le nuove nomine non sono state definite “una rivoluzione” solo dagli ambienti di sinistra: “rivoluzione” è la stessa parola usata dal titolo in prima pagina di Israel Hayom, un tabloid di destra che da qualche anno è il giornale più letto del paese (soprattutto perché viene distribuito gratis, grazie ai costanti finanziamenti del potente e controverso israelo-americano Sheldon Adelson). Il valore positivo di queste nomine, in linea con le storiche critiche della destra israeliana alla Corte, è stato sottolineato anche dalla ministra della Giustizia Ayelet Shaked, una dei leader del partito nazionalista di destra “La Casa Ebraica”. In una recente intervista, Shaked ha spiegato che «il punto non riguardava la destra contro la sinistra, ma l’attivismo contro il tradizionalismo: l’obiettivo era promuovere giudici conservatori, ed è stato raggiunto».
La nomina dei nuovi giudici, oltre a garantire la presenza di una corposa fazione conservatrice negli anni a venire, potrebbe influire sulle decisioni della Corte già poco dopo l’insediamento: dei tre giudici che andranno in pensione, Elyakim Rubinstein era considerato “di sinistra”, Salim Joubran è di etnia araba e religione cristiana – dunque considerato poco sensibile ai problemi delle comunità di ebrei ultraortodossi, a cui è legata la destra israeliana – e infine Zvi Zilbertal “non sembra aver aderito a nessuna ideologia ben definita”, scriveva Haaretz; il quarto, Miriam Naor, era conservatore ma non particolarmente rigido.
I quattro nuovi giudici sono David Mintz, Yael Willner, Yosef Elron e George Karra. Quest’ultimo è arabo e cristiano, e sostituirà idealmente Joubran; Mintz invece è un colono, abita a Gush Etzion, un ampio quartiere di insediamenti vicino a Gerusalemme; Elron ha posizioni “molto conservatrici” (dice una fonte di Haaretz) mentre Yael Willner è un’ebrea ortodossa, e quindi probabilmente più sensibile di altri alle questioni religiose delle comunità di ultraortodossi. La loro nomina non è stata così agevole: sono stati scelti da un comitato di 9 persone di cui fanno parte due ministri, due parlamentari (di destra), tre giudici della Corte Suprema e due rappresentanti dell’ordine degli avvocati del paese. Mintz, Willner e Elron facevano parte della lista di nomi presentati dal governo, mentre il Times of Israel ha scritto che nessuno dei nomi presentati dai tre giudici della Corte Suprema è stato poi incluso nelle nomine. Sembra inoltre che la nomina di Elron sia stata apertamente osteggiata dagli altri tre giudici, che l’hanno accettata – secondo Haaretz – «solo come parte di un compromesso per rendere sicura la nomina di Karra» (cioè il giudice arabo e cristiano).
Alcuni commentatori hanno ipotizzato invece che sia troppo presto per giudicare se la Corte si sia effettivamente spostata a destra: Yedidya Stern, che insegna legge alla Bar-Ilan University di Tel Aviv e presiede un centro studi sulle istituzioni israeliane, ha spiegato che i quattro nominati sono “giudici bravi ed efficienti”, ma ha avvertito che «in assenza di una costituzione, il tradizionalismo può manifestarsi in un indebolimento dei diritti umani e di quelli delle minoranze».