La Bosnia vuole che la Serbia sia condannata per genocidio
Il presidente musulmano farà ricorso contro una sentenza internazionale che assolveva il governo serbo per i massacri delle guerre jugoslave, ma in molti protestano
La Bosnia ed Erzegovina ha detto che farà ricorso contro una sentenza del 2007 della Corte Internazionale di Giustizia – con sede all’Aja, nei Paesi Bassi – che aveva stabilito che la Serbia non fu responsabile dei genocidi compiuti durante le guerre jugoslave degli anni Novanta. La Corte Internazionale di Giustizia decise che l’unico genocidio di quella guerra fu quello di Srebrenica, del luglio del 1995 (poco prima della fine della guerra), ma che non c’erano prove sufficienti per dimostrare una diretta responsabilità del governo serbo. A Srebrenica le truppe serbo-bosniache del generale Ratko Mladic (ora sotto processo all’Aja) uccisero ottomila bosniaci musulmani in quella che ancora oggi è considerata la strage più grave compiuta in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale.
Bakir Izetbegovic è uno dei tre presidenti bosniaci – ruotano ogni otto mesi e sono rappresentanti dei tre popoli che abitano il paese: uno serbo-bosniaco, uno croato-bosniaco e uno bosniaco musulmano (Izetbegovic) – e ieri ha detto che intende ricorrere in appello contro la decisione della Corte dell’Aja: il termine per farlo scade il prossimo 26 febbraio, quando saranno passati dieci anni dalla sentenza. I serbi-bosniaci hanno protestato, e la decisione potrebbe, come ha scritto BBC, «riaprire una nuova crisi politica». Izetbegovic ha detto: «Tutti hanno bisogno della verità, anche quelli che ci si oppongono. Una verità che sarà scritta da giudici internazionali, esperti e imparziali». Il primo ministro serbo –Aleksandar Vučić (in carica dal 2014) – ha descritto la decisione di Izetbegovic come «brutta e difficile» per le relazioni tra Serbia e Bosnia ed Erzegovina. Vučić ha detto anche che la Serbia «continuerà a dialogare con il governo della Bosnia ed Erzegovina, con lo scopo di assicurare una pace duratura nei Balcani».
In realtà non è chiaro se Izetbegovic potrà decidere di fare appello anche senza l’approvazione degli altri due presidenti. Izetbegovic sostiene ovviamente di sì, dicendo che è sufficiente che la richiesta sia fatta da un avvocato speciale nominato dalla presidenza del governo bosniaco nel 2002. Izetbegovic ha deciso di andare in appello perché ritiene che durante il processo all’Aja di Mladic (arrestato nel 2011, quindi dopo la sentenza del 2007) siano emersi nuovi elementi per provare una responsabilità serba. Mladic è incriminato per genocidio insieme a Radovan Karadžić, ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, che nel marzo 2016 è stato condannato a 40 anni di carcere. Mladic, ancora in attesa di giudizio, è accusato di genocidio e di numerosi crimini contro l’umanità, tra cui aver usato peacekeeper come ostaggi, di distruzione di luoghi sacri, di torture sui civili e di saccheggi.
Nell’ultimo anno della guerra iniziata nel 1992 – dopo che la Bosnia aveva dichiarato la sua indipendenza dalla Jugoslavia in seguito a un referendum – Mladic entrò a Srebrenica (vicino alla Serbia, in una regione che il presidente serbo Slobodan Milosevic voleva annettere) e disse che a nessun abitante di Srebrenica sarebbe stato fatto del male. In circa tre giorni i suoi uomini radunarono tutti i maschi in età militare e uccisero in tutto più di ottomila persone. Nei territori a maggioranza serba c’erano molte enclavi musulmane (è il caso di Srebrenica) contro cui i miliziani serbo-bosniaci e i regolari serbi si accanivano praticando quella che da allora è diventata famosa come la “pulizia etnica”, un termine che fu coniato dagli stessi leader serbi. I paesi musulmani venivano sistematicamente distrutti e i loro abitanti espulsi. Lo scopo era creare un territorio omogeneo, dove abitassero soltanto serbi e che sarebbe stato facile da annettere alla Serbia una volta arrivati al tavolo delle trattative.
A Srebrenica gli abitanti sono 15mila (erano 40mila prima della guerra), e da città industriale e turistica è diventata un piccolo centro dall’economia sostanzialmente ferma. Come prima della guerra, Srebrenica continua ad essere abitata sia da persone di etnia serba – il confine con la Serbia è a soli 15 chilometri – sia da musulmani bosniaci. L’appartenenza politica corrisponde ancora a quella etnica, come anche nella politica nazionale bosniaca. Lo scorso ottobre la città ha eletto inaspettatamente un sindaco serbo.