Cosa resta di Rio 2016, fotografato
A sei mesi dai Giochi una serie di importanti siti olimpici sono in stato di abbandono, compreso lo stadio Maracanã
Lo spreco delle infrastrutture che di solito si realizzano per le Olimpiadi nelle città che le organizzano non è un argomento nuovo, ma è puntuale quasi ogni volta che una nuova edizione dei Giochi si conclude. Il caso più eclatante è quello di Atene 2004: la quasi totalità delle strutture costruite è stata abbandonata, qualche altra è rimasta inutilizzata e i miliardi presi in prestito dalla Grecia hanno contribuito a portare il paese in una grave crisi finanziaria. Anche Torino, a dieci anni di distanza dalle Olimpiadi invernali, ancora oggi ha difficoltà a riconvertire il villaggio olimpico e parte delle strutture sportive. Per Rio 2016 la storia sembra ripetersi: a sei mesi dai Giochi una serie di importanti siti olimpici sono in stato di abbandono.
La situazione più grave è allo stadio Maracanã, che ha subito grossi lavori di ristrutturazione e di ampliamento e che ha ospitato le cerimonie di apertura e chiusura delle Olimpiadi. All’inizio di gennaio lo stadio è stato saccheggiato: il campo da gioco è secco e inutilizzabile, le finestre interne sono rotte, dalle pareti e dai soffitti sono stati rubati i fili di rame, sono spariti gli estintori, i televisori e anche il busto in bronzo di Mário Filho, il giornalista a cui è stata dedicata la struttura. Circa il 10 per cento delle sedute non c’è più e l’azienda locale che fornisce energia elettrica ha tagliato il servizio a causa delle bollette non pagate. Il quotidiano locale O Globo dice che i debiti accumulati con l’azienda Light da ottobre sono pari a 2,8 milioni di reais (circa 880 mila dollari).
Il problema principale sarebbe un contenzioso tra il Comitato Organizzatore dei Giochi Olimpici di Rio 2016 e il consorzio amministratore dello stadio, controllato quasi interamente dalla società di costruzioni Odebrecht che sta attraversando tra l’altro diversi problemi finanziari. Il contratto prevedeva che la gestione dello stadio venisse lasciata al Comitato dal 30 marzo al 30 ottobre 2016, per il tempo delle Olimpiadi, a condizione che una volta terminati i Giochi la struttura venisse restituita nello stato in cui era stata consegnata. Ora il gruppo si rifiuta di riprendere in gestione lo stadio, sostenendo che il Comitato organizzatore di Rio 2016 lo ha riconsegnato in cattive condizioni.
Un’altra situazione problematica riguarda anche l’Olympic Golf Course che è stato chiuso poiché non ci sono abbastanza giocatori che paghino per mantenere aperta e funzionante la struttura. Il campo avrebbe dovuto essere un punto di partenza per questo sport che in Brasile non è molto popolare. Cosa che però non è accaduta. Oltre al campo da golf, altre quattro sedi del parco olimpico – due arene, l’Olympic Tennis Center e il velodromo, costruito per ospitare le gare di ciclismo su pista – non sono riuscite ad attrarre un interesse sufficiente per rimanere aperte.
E poi: il futuro dell’area del Deodoro Stadium, dove si sono svolte le partite dei tornei di rugby e degli sport equestri, è molto incerto. Si trova nella zona occidentale di Rio ed era previsto che una volta terminate le Olimpiadi diventasse un’area ricreativa a disposizione dei cittadini. Lo scorso dicembre è stata però chiusa perché era terminato il contratto con la società che l’aveva presa in gestione: ora il Comitato che ha organizzato i Giochi cercherà di selezionare una nuova società nella speranza che l’area possa riaprire tra qualche mese.
Il villaggio atletico – più di 30 edifici fatti per ospitare più di 15mila persone – è rimasto invece aperto: nonostante non si sia dimostrato adeguato, però, alle esigenze e alle possibilità economiche dei residenti locali. Il villaggio di 800 mila metri quadrati – in cui il Comitato olimpico australiano aveva rifiutato di trasferirsi all’inizio dei Giochi – era stato progettato per essere trasformato in un quartiere di case popolari, ma sono poche le persone che stanno effettivamente comprando le case. Il nuovo sindaco di Rio Marcelo Crivella ha dunque pensato di risolvere la situazione fornendo dei prestiti a tasso agevolato per cercare di vendere gli alloggi alla marina o all’esercito.
Theresa Williamson, responsabile di un’organizzazione di Rio de Janeiro che si occupa di favelas, è stata intervistata dal Guardian e ha spiegato che circa 80 mila persone di Rio sono state trasferite dalle loro case per far posto alle infrastrutture dei Giochi: «La maggior parte di loro, ora, vive in una situazione peggiore di prima: erano già le persone più povere in una città molto disuguale». L’unica conseguenza positiva dei Giochi è stato qualche miglioramento del trasporto pubblico, soprattutto però nelle zone più ricche.