La Camera dei Comuni ha approvato Brexit
Ora il 20 febbraio dovrà votare la Camera dei Lord, ma ci sono stati problemi tra i Laburisti
Mercoledì 8 febbraio la maggioranza dei deputati della Camera dei Comuni del parlamento britannico ha approvato in terza e ultima lettura il disegno di legge che permetterà al governo di invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’uscita dall’Unione Europea: il prossimo 20 febbraio voterà la Camera dei Lord. Il disegno di legge è passato senza alcuna modifica: tutti gli emendamenti presentati sono stati respinti e alla fine i voti favorevoli sono stati 494, mentre i contrari 122.
Tra gli emendamenti che sono stati bocciati c’erano anche quelli che avevano l’obiettivo di fissare a priori alcuni impegni del governo per tutelare in futuro i cittadini dell’Unione Europea residenti nel Regno Unito e per rendere “significativo” il voto del parlamento senza ridurlo (come invece di fatto è avvenuto) a una semplice approvazione del piano proposto dalla prima ministra Theresa May. In aula è stata respinta anche una proposta dei laburisti che avrebbe obbligato il parlamento a un voto vincolante sui contenuti dell’accordo con l’Unione Europea dopo i due anni di negoziato previsti. La necessità del voto del parlamento per confermare o meno il risultato del referendum su “Brexit” – che tecnicamente aveva solo valore consultivo – era stato deciso dalla Corte Suprema a fine gennaio.
Il passaggio del disegno di legge alla Camera dei Comuni è stato commentato ovviamente in modo positivo dai sostenitori di Brexit. L’ex leader dell’UKIP, Nigel Farage, ha detto che non avrebbe mai pensato di vedere un’approvazione così «schiacciante» e il ministro di Brexit David Davis ha parlato di un «voto storico». Le conseguenze politiche dell’approvazione si sono invece fatte sentire nel Partito Laburista. Il ministro ombra del Commercio, Clive Lewis, si è dimesso subito dopo il voto: aveva detto che se alla terza lettura non fossero passati alcuni emendamenti proposti dalle opposizioni lui non avrebbe seguito la linea del partito, cioè di non impedire il passaggio di Brexit. Lewis – che alcuni indicano come possibile futuro leader dei Laburisti – rappresenta Norwich South, un collegio elettorale che al referendum dello scorso anno aveva votato per rimanere nell’UE.
Big thank you to all the kind words & love shown tonight.Hell of a week. Now let's get on with taking the fight to the Tories #A50Bill pic.twitter.com/TMU91aqPpX
— Clive Lewis MP (@labourlewis) February 8, 2017
Jeremy Corbyn, leader del Partito Laburista, aveva deciso per la “three line whip”: cioè aveva imposto ai parlamentari dei suo partito di non opporsi alla legge sull’invocazione dell’articolo 50. L’annuncio di Corbyn aveva creato alcune discussioni e disaccordi, anche perché da tempo il segretario del Partito Laburista è accusato di essere sostanzialmente d’accordo con Brexit, e di non essersi opposto con forza durante la campagna prima del referendum. Dopo la decisione sulla “three line whip”, si erano dimessi dal governo ombra laburista sia Tulip Siddiq, che in una lettera a Corbyn aveva scritto «sento che il ruolo dal quale posso contrastare più efficacemente la “Hard Brexit” di Theresa May è quello di deputato senza incarichi di governo», sia Jo Stevens, ministro ombra per il Galles, che aveva detto di credere che lasciare l’Unione Europea fosse un «terribile errore». Prima dell’inizio del voto alla Camera dei Comuni e l’imposizione di una linea di partito si erano dimesse dal governo ombra anche Rachael Maskell e Dawn Butler.
Secondo quanto previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona del 2009, il Regno Unito deve comunicare formalmente al Consiglio europeo la sua intenzione di lasciare la UE, facendo appello alla procedura di recesso. A seguito della notifica presentata dal Regno Unito e alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, inizierà una serie di negoziazioni tra le due parti per definire le modalità del recesso. L’articolo 50 prevede che le trattative si concludano entro due anni: se questo non succede, l’appartenenza dello Stato membro alla UE decade automaticamente, a meno che il Consiglio europeo e gli altri Stati membri non decidano insieme di estendere il periodo delle negoziazioni.