Lo Yemen si è arrabbiato con Trump
Ha ritirato il permesso alle forze speciali americane di fare attacchi di terra nel paese, dopo la controversa operazione antiterrorismo della scorsa settimana
Il governo dello Yemen ha ritirato il permesso agli Stati Uniti di compiere operazioni speciali di terra nel paese dopo la prima operazione antiterrorismo in Yemen decisa dall’amministrazione di Donald Trump, ha scritto il New York Times citando genericamente “funzionari americani”. La notizia non è stata confermata – i governi coinvolti potrebbero anche decidere di non parlarne pubblicamente – ma i due giornalisti del New York Times che hanno dato la notizia si occupano spesso di sicurezza nazionale e operazioni americane all’estero e sono sempre ben informati. La decisione sarebbe stata presa dopo l’operazione compiuta domenica scorsa da un commando del SEALs Team Six, l’unità di élite della Marina americana, contro al Qaida in Yemen (AQAP) in una provincia centrale del paese. Nell’attacco, che l’amministrazione Trump ha definito più volte “un successo”, è stato ucciso un soldato americano, alcuni membri di al Qaida e diversi civili yemeniti tra cui una bambina di 8 anni, la figlia del leader di al Qaida Anwar al Awlaki, ucciso a sua volta in un attacco americano coi droni nel 2011.
Nonostante le parole trionfanti della Casa Bianca, l’operazione della scorsa settimana era stata definita da diversi analisti un “fallimento”. L’attacco era in pianificazione da diversi mesi, ma la precedente amministrazione stava temporeggiando per raccogliere quante più informazioni possibili e limitare i rischi che comporta un attacco con soldati americani in una zona particolarmente ostile e pericolosa. Trump era stato accusato di avere accelerato l’operazione, che dalle ricostruzioni successive dei giornali americani sarebbe stata compromessa fin dalle sue prime fasi. La decisione del governo yemenita, ha scritto il New York Times, riguarda comunque solo le operazioni speciali di terra, che a quanto se ne sa Obama aveva usato con grande cautela. Non sarebbero invece coinvolti gli attacchi aerei compiuti con i droni contro i membri di AQAP – che è la divisione più potente di al Qaida e quella responsabile dell’organizzazione degli attacchi alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo del gennaio 2015 – e l’azione dei consiglieri militari americani che forniscono informazioni di intelligence agli yemeniti.
La decisione del governo yemenita sembra essere un colpo piuttosto duro per Trump, che ha più volte detto di voler adottare un approccio più aggressivo rispetto a Obama nei confronti dei gruppi estremisti islamisti, anche se non è ancora chiaro cosa intenda fare con precisione. Non è nemmeno chiaro se la decisione del governo yemenita sia stata condizionata in qualche modo dal cosiddetto “muslim ban”, che include anche lo Yemen. Non è la prima volta comunque che lo Yemen reagisce a operazioni americane antiterrorismo andate male sul suo territorio: nel 2014 aveva bloccato temporaneamente gli attacchi dei droni dopo l’uccisione di diversi civili.
Le operazioni antiterrorismo americane in Yemen sono un tema da sempre molto delicato per gli Stati Uniti. Negli ultimi anni alle difficoltà di compiere attacchi mirati in un paese profondamente instabile si sono aggiunti nuovi problemi. Il più grosso è stato la guerra cominciata nel marzo 2015 tra i ribelli Houthi, che controllano tra le altre cose la capitale Sana’a e che sono appoggiati dall’Iran, e le forze del governo yemenita, sostenute dagli Stati Uniti e dall’Arabia Saudita. Con l’avanzata degli Houthi nel marzo di due anni fa, il governo americano era stato costretto a ritirare dallo Yemen 125 consiglieri per le operazioni speciali, indebolendo la sua capacità di fare operazioni antiterrorismo nel paese.
Stando a quello che ha scritto qualche giorno fa Foreign Policy, citando alcune fonti dell’amministrazione, l’intenzione di Trump sarebbe aumentare l’intensità degli sforzi americani in Yemen contro i ribelli Houthi, allo scopo di colpire indirettamente l’Iran. Nelle prime due settimane di governo, Trump ha già mostrato di voler adottare un approccio nei confronti dell’Iran molto diverso rispetto a quello di Obama, che invece era stato il principale promotore dell’accordo sul nucleare che aveva portato all’eliminazione di alcune delle sanzioni che erano state imposte all’Iran anni prima. Oltre ad avere inserito l’Iran tra i paesi del “muslim ban”, l’amministrazione Trump ha approvato nuove sanzioni in risposta ad alcuni recenti test missilistici iraniani, provocando molta preoccupazione tra coloro che pensano che un atteggiamento così aggressivo finirà solo per rafforzare la retorica anti-americana dello schieramento più conservatore e intransigente della politica iraniana, e per indebolire la posizione dei moderati guidati dal presidente Hassan Rouhani.