Nelle Hawaii si discute se bandire molte creme solari
Una legge vuole vietare due composti molto diffusi, sospettati di essere altamente tossici per le barriere coralline
Un senatore delle Hawaii ha proposto una legge per bandire dallo stato le creme solari che contengono ossibenzone e octinoxato (octil metoxicinamato), due filtri molto utilizzati per la protezione della pelle dai raggi solari e che secondo alcune ricerche causano seri danni alle barriere coralline. La proposta di legge è stata presentata al Congresso statale lo scorso 20 gennaio e ha il senatore Will Espero tra i suoi principali sostenitori; se ne sta discutendo molto, perché potrebbe avere conseguenze per i produttori di creme solari e più in generale per i milioni di turisti che ogni anno raggiungono le isole. I governi di altri stati insulari come Palau e le Isole Vergini britanniche stanno seguendo con interesse la vicenda: le barriere coralline sono tra le loro principali attrattive e ci sono quindi interessi non solo ambientali per proteggerle. L’esistenza stessa dei coralli negli ultimi anni è stata messa a dura prova dagli effetti del cambiamento climatico: l’aumento della temperatura dell’acqua causa la perdita delle minuscole alghe colorate che li ricoprono e che sono la loro prima fonte di energia, portando allo sbiancamento e alla morte dei coralli.
La proposta di legge è basata in larga parte sui risultati di una ricerca scientifica, realizzata da Craig Downs dello Haereticus Environmental Laboratory di Clifford (Virginia, Stati Uniti) e pubblicata nel 2016. Dai test di laboratorio eseguiti dal suo gruppo di ricercatori, Downs ha concluso che ossibenzone e octinoxato possono danneggiare la crescita dei coralli più piccoli. Lo studio ha anche messo in evidenza la tossicità dell’ossibenzone per almeno sette diverse specie di coralli.
Sulla base dei risultati ottenuti in laboratorio, Downs e colleghi sono andati alle Hawaii per alcune rilevazioni nelle acque intorno all’isola di Maui, una delle più conosciute e frequentate da turisti. Hanno rilevato una concentrazione di 4 parti per miliardo di ossibenzone, dieci volte superiore alla quantità minima necessaria per causare lo sbiancamento dei coralli in pochi giorni, almeno secondo i loro test. Per i ricercatori, la contaminazione avviene quando le persone si immergono in acqua dopo essersi spalmate la crema solare, portando i composti chimici a sciogliersi nell’acqua e in seguito a depositarsi sui coralli. Moltissimi turisti fanno snorkeling, usando maschera e boccaglio per osservare il corallo da vicino, esponendolo direttamente al composto.
Uno studio condotto una decina di anni fa, da un altro gruppo di ricerca, aveva messo in evidenza un ruolo dell’ossibenzone nello sbiancamento dei coralli, sia in laboratorio sia con osservazioni sul campo in alcune aree tropicali. Lo stesso composto chimico ricorre spesso in altre ricerche, come causa di problemi per lo sviluppo e la sopravvivenza di alcune specie di piccoli animali marini, come gamberetti e molluschi.
Nonostante i vari studi presenti in letteratura, per ora non è possibile dire con certezza se questi composti usati come filtri solari siano così dannosi per gli ecosistemi marini. Molti ricercatori sono più cauti di Downs e spiegano che le cause dello sbiancamento dei coralli possono essere molte, e che probabilmente concorrono tra loro a portare alla morte delle barriere. Il tema è molto dibattuto anche perché tocca importanti interessi commerciali, considerate le decine di miliardi di euro prodotte ogni anno dal mercato dei solari.
A fine 2015 era stata presentata una proposta di legge presso il Parlamento Europeo per la messa al bando dell’ossibenzone, impedendo ai produttori di utilizzarlo nelle creme solari e negli altri prodotti cosmetici. La proposta non ha però avuto molto seguito e non sembra ci siano possibilità di recuperarla e farla approvare. Lo stesso scetticismo è condiviso dal Congresso degli Stati Uniti, dove è ferma da un anno una proposta di legge per finanziare nuove ricerche da parte dell’Università delle Hawaii sugli effetti delle creme solari sulle barriere coralline.
La multinazionale francese L’Oréal, il più grande produttore di cosmetici al mondo, ha criticato l’iniziativa hawaiana, invitando a ulteriori approfondimenti e nuove ricerche scientifiche prima di mettere al bando un composto che da anni contribuisce alla tutela della salute di chi si espone al Sole, riducendo il rischio di sviluppare malattie della pelle come il melanoma. Marc Leonard, responsabile della ricerca presso la divisione che si occupa di tutela dell’ambiente di L’Oréal, ha spiegato a Nature che siamo ancora “molto lontani” dall’avere prove concrete circa i potenziali danni dell’ossibenzone sui coralli e gli ecosistemi marini in generale.
L’Oréal è comunque al lavoro per svolgere propri test e nel frattempo sta studiando l’impiego di composti sostitutivi, per non farsi trovare impreparata nel caso di una messa al bando. L’anno scorso ha presentato i primi risultati di una ricerca, condotta con la collaborazione del Centro Scientifico di Monaco, sull’avobenzone (butil metossidibenzoilmetano). Lo studio ha identificato effetti collaterali per i coralli sono nel caso di concentrazioni superiori a 5 parti per milione del composto, mentre al di sotto non sembra avere effetti rilevanti per i coralli: potrebbe essere quindi un valido sostituito per l’ossibenzone.
Diverse associazioni ambientaliste e parte dei politici delle Hawaii, a partire proprio dal senatore Espero, ammettono la necessità di nuovi studi su alcuni composti delle crema solari, ma invitano comunque ad applicare un principio di precauzione per tutelare una risorsa naturale così importante, per l’ambiente e per gli affari delle isole.