A Genova il sindaco Doria non si ricandida
Dopo molte proteste martedì il consiglio comunale aveva bocciato un'importante delibera sui rifiuti, anche col voto di parte della maggioranza di centrosinistra
Marco Doria, sindaco di Genova a capo di una giunta di centrosinistra, ha annunciato che non si ricandiderà alla fine del suo mandato, che scadrà comunque tra qualche mese. Doria, che si era candidato con Sinistra Ecologia Libertà, aveva vinto le primarie del centrosinistra e ora fa parte di Sinistra Italiana, la sera di martedì 7 febbraio si era visto bocciare dal consiglio comunale una delibera che aveva a che fare con i criteri della fusione tra AMIU, la società controllata dal comune che gestisce la raccolta dei rifiuti, e IREN Ambiente Spa, una società per azioni multiservizi quotata in borsa. Di fatto la delibera avrebbe permesso l’ingresso di soci privati nell’azienda comunale. Contro la delibera aveva votato anche parte della maggioranza di centrosinistra.
Dall’inizio
AMIU Genova SpA è nata nel 1986 come Azienda municipalizzata di Igiene Urbana. Nel 2002 è diventata una società per azioni, controllata al cento per cento dal comune di Genova. Il gruppo gestisce l’intero ciclo dei rifiuti a Genova, ma anche in alcune zone della provincia: dalla raccolta al riciclo allo smaltimento. Nel 2014 era stato avviato un nuovo piano industriale che, per adeguarsi alle nuove normative in materia, prevedeva tra le altre cose un aumento della raccolta differenziata, la costruzione di nuovi impianti e l’adeguamento della discarica di monte Scarpino: Scarpino 1, cioè la discarica “storica” operativa dagli inizi degli anni Sessanta e poi chiusa definitivamente nel 1995, e Scarpino 2, avviata negli anni Novanta e chiusa nell’ottobre del 2014 a seguito di un’inchiesta per esaurimento dei volumi autorizzati che aveva avuto come conseguenza dover trasferire tonnellate di rifiuti da smaltire in Piemonte. Il piano industriale è stato avviato ma la crisi finanziaria di AMIU non rendeva possibile il completamento degli interventi necessari.
Nel 2016 il comune aveva dunque emesso un bando di manifestazione di interesse per una «aggregazione societaria e industriale di AMIU» e IREN era stata l’unica società che aveva risposto. A quel punto erano state avviate le prime trattative per la fusione. I termini dell’operazione su cui il comune e i dirigenti di IREN si erano accordati prevedevano due fasi: la prima consisteva in un aumento di capitale da parte di IREN e che avrebbe dato alla società il controllo del 49 per cento delle quote di AMIU. La seconda prevedeva che IREN mettesse a disposizione una serie di impianti per lo smaltimento dei rifiuti o che ne finanziasse la costruzione sul territorio. Questo avrebbe portato il controllo di IREN a oltre il 51 per cento di AMIU.
Il sindaco e le proteste
L’ingresso di IREN in AMIU era stato sostenuto dal sindaco Doria come unico modo per salvare la municipalizzata e i suoi lavoratori, e far uscire Genova dall’emergenza rifiuti dovuta soprattutto alla chiusura della discarica di Scarpino: «Noi abbiamo la necessità di realizzare impianti per il trattamento dei rifiuti e, per farli, ci serve qualcuno che aumenti il capitale di AMIU, perché non abbiamo le risorse necessarie. Con questa operazione diamo una prospettiva ad AMIU, anche perché, con le norme attuali, solo con l’aggregazione si può prorogare il contratto di servizio fra l’azienda e il comune che, altrimenti, scadrebbe nel 2020. Con la proroga, la riapertura di Scarpino e i nuovi impianti, entro il 2019 AMIU può essere di nuovo autonoma nella gestione del ciclo dei rifiuti», aveva spiegato Doria.
Doria aveva spiegato anche che senza proroga, fra tre anni sarebbe stato necessario bandire una gara per affidare a terzi la gestione di una serie di servizi e per far costruire da privati i nuovi impianti necessari. Nel frattempo i lavoratori di AMIU e i diversi sindacati si erano opposti ai termini delle trattative del comune con IREN, organizzando scioperi, proteste, firmando un accordo (lo scorso 26 gennaio) che poi non era stato approvato dall’assemblea dei lavoratori e infine dividendosi: il punto principale del dissenso riguarda il mancato mantenimento della maggioranza pubblica di AMIU. In questa situazione molto complicata, il voto in aula della delibera era stato rimandato di una settimana e si è svolto ieri, martedì 7 febbraio.
La bocciatura della delibera
Il consiglio comunale di ieri è stato piuttosto agitato: sono stati presentati più di 60 emendamenti e la discussione è durata molte ore, mentre un gruppo di lavoratori protestava fuori dal comune. I molti emendamenti comunque approvati in aula inizialmente avevano fatto pensare che il testo riuscisse a passare, ma quando in serata si è arrivati al voto, la delibera è stata respinta con 19 voti contrari, 14 favorevoli e 6 astensioni. Tra i diciannove voti contrari ci sono anche quelli di due consiglieri della “Lista Doria” che lo accusano di aver tradito il suo programma, due della sinistra di Federazione della sinistra e quattro di consiglieri dell’UdC e del Gruppo misto che in passato avevano invece sostenuto la maggioranza di Doria. Tra gli astenuti ci sono tre fuoriusciti del PD e il consigliere di Possibile. Hanno votato contro, in modo compatto, il M5S e il centrodestra che ha sempre detto di essere favorevole all’ipotesi di ingresso dei privati, ma che ha deciso di seguire la linea del presidente della Liguria Giovanni Toti.
Subito dopo il voto, la giunta si è incontrata per una riunione straordinaria durata quasi due ore. Il sindaco Marco Doria ha convocato una riunione di giunta anche oggi, mercoledì 8 febbraio, alle 12. Tecnicamente il consiglio comunale ha respinto una delibera per «definire i criteri operativi con cui aggregare la società partecipata per la raccolta dei rifiuti, AMIU a IREN», ma la decisione ha chiuso di fatto la strada alle ipotesi di privatizzazione ritenute necessarie dal sindaco e ha dunque un peso politico importante.
Su Facebook il sindaco aveva scritto che ora «i cittadini genovesi dovranno sopportare nel 2017 un aumento della TARI che sarà molto pesante». E ancora: «L’assemblea ha bocciato una proposta seria dell’amministrazione su AMIU che, con la partecipazione di IREN, avrebbe permesso investimenti in impianti, una prospettiva di lavoro per l’azienda e quindi garanzie per i suoi dipendenti. Ricordo a tutti che IREN è una società italiana controllata da comuni italiani; è dunque una società pubblica. Sarebbe stato possibile con questa soluzione contenere i costi della tariffa a carico dei cittadini e dilazionare negli anni gli aumenti che sono necessari – e obbligatori per legge – per la messa in sicurezza della discarica di Scarpino».