In Romania le proteste continuano
La criticatissima legge sulla corruzione è stata ritirata, ma domenica centinaia di migliaia di persone hanno manifestato lo stesso: ora per il governo si mette male
Domenica sera centinaia di migliaia di persone hanno manifestato in diverse città della Romania contro il governo guidato dai Social Democratici del PSD. Le proteste, che vanno avanti da quasi una settimana, sono state organizzate nonostante il governo avesse votato lo stesso pomeriggio il ritiro della criticatissima legge che prevedeva la riduzione delle pene previste per i casi di corruzione e abuso di potere, e di cui avrebbero potuto beneficiare diversi politici tra cui il leader del PSD Liviu Dragnea. Le ultime mosse del governo, tuttavia, non sono state considerate sufficienti: nelle manifestazioni di domenica molte persone hanno chiesto le dimissioni del governo o almeno la rassicurazione che non ci sarebbero stati altri tentativi di approvare una legge che depenalizzasse la corruzione, uno dei problemi più gravi della Romania.
Le manifestazioni dell’ultima settimana sono state le più grandi proteste di piazza dalla caduta del comunismo, nel 1989. Hanno avuto anche diverse conseguenze sul governo guidato da Sorin Grindeanu, che inizialmente aveva difeso la legge: il 2 febbraio, tre giorni dopo l’inizio delle proteste, si era dimesso il ministro per gli Affari e il Commercio, Florine Jianu, parlando di “motivi etici” e di disaccordi con il governo. Domenica lo stesso Grindeanu ha chiesto un rapporto dal ministro della Giustizia, Florin Iordache, per spiegare cosa fosse andato male nella comunicazione sul contenuto della legge, ma in molti hanno visto questa mossa come un tentativo di scaricare le colpe su una sola persona. Il New York Times ha scritto che i passi indietro fatti finora dal governo sono stati percepiti come troppo piccoli e tardivi da molti manifestanti, che non hanno più fiducia nella capacità di governare del PSD.
Da decenni la corruzione è un problema enorme in Romania, che è uno dei paesi più corrotti dell’Unione Europea, di cui fa parte dal 2007. Secondo uno studio del 2016, il 15 per cento dei parlamentari eletti nel 2012 era sotto indagine per corruzione, lo era stato o si era già dimesso in passato per accuse di questo tipo; negli ultimi anni, inoltre, centinaia di funzionari e politici sono stati arrestati per abuso di potere e corruzione. Da qualche tempo si erano visti però i primi sforzi per limitare il fenomeno, guidati soprattutto dal procuratore capo dell’agenzia nazionale anticorruzione Laura Codruta Kovesi. È anche per questo che il provvedimento del governo è stato accolto con tanta opposizione, perché è stato visto come un modo per colpire quanto di efficace era stato fatto negli ultimi anni.
Non è nemmeno la prima volta in tempi recenti che un governo rumeno viene messo sotto pressione dalle proteste di piazza. Nel novembre 2015 l’allora primo ministro rumeno Victor Ponta, anch’egli dei Social Democratici, si dimise dal suo incarico dopo che migliaia di persone protestarono dopo un incendio in un locale di Bucarest nel quale erano rimaste uccise 64 persone, lamentandosi della corruzione del governo e della scarsa supervisione sulla sicurezza: Ponta era già sotto processo per un caso di corruzione.. Dopo le dimissioni di Ponta, in Romania si era insediato un governo tecnico, in vista delle nuove elezioni di dicembre 2016, vinte poi dai Social Democratici. Il leader del partito, Liviu Dragnea, non divenne però primo ministro, visto che era ineleggibile a causa delle condanne a suo carico per frode elettorale.