Giorni complicati per il PD

L'ipotesi della scissione, sventolata per mesi dai giornali, ora viene discussa anche dentro il partito, ingarbugliato tra congresso, primarie e voto anticipato

(LaPresse - Guglielmo Mangiapane)
(LaPresse - Guglielmo Mangiapane)

Quella appena finita è stata una settimana complicata per il Partito Democratico: in primo luogo perché alcuni suoi dirigenti hanno parlato di scissione – ipotesi continuamente minacciata dai giornali, ma fin qui sempre smentita dagli interessati – se non ci sarà un congresso prima delle prossime elezioni; un po’ perché in molti – ministri del governo, piccoli partiti della maggioranza e l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – si sono espressi contro la possibilità di andare a votare prima della fine della legislatura, scenario preferito invece dal segretario del PD Matteo Renzi. A questa storia è collegato anche il ritorno di una vecchia bufala sui vitalizi dei parlamentari.

La questione del congresso
Il congresso per il PD è l’equivalente di un ciclo elettorale per il resto del paese: una serie successiva di votazioni di circolo, comunali, regionali e nazionali che possono culminare nelle primarie, in cui iscritti ed elettori del partito scelgono i componenti dell’Assemblea Nazionale (una sorta di “parlamento” del partito) e il segretario. L’attuale segretario del partito è Matteo Renzi, che terminerà il suo mandato il prossimo autunno. Il problema è che, dopo la sconfitta alle amministrative dello scorso giugno e quella al referendum costituzionale di dicembre, molti chiedono che Renzi apra un congresso anticipato. La concretezza dell’eventualità che si vada a votare prima della fine della legislatura ha aumentato l’urgenza delle richieste, anche perché il segretario del PD – per una norma dello statuto, a cui si può anche derogare – anche il candidato indicato dal partito alla presidenza del Consiglio.

Al momento Renzi e la maggioranza del partito sembrano disposti a organizzare delle primarie prima delle eventuali elezioni anticipate, ma non è chiaro né di che tipo sarebbero (per scegliere il segretario o solo per decidere il candidato presidente del Consiglio?) e non è chiaro nemmeno se i leader della minoranza del partito che minacciano la scissione – che non sono tutti i dirigenti della minoranza – siano disposti ad accontentarsi di questa concessione. La questione sarà chiarita al più tardi il prossimo 13 febbraio, quando è convocata la direzione nazionale del partito.

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