Continua a esserci una guerra in Ucraina
Nelle ultime settimane è aumentata l'intensità degli scontri tra soldati ucraini e ribelli filo-russi, forse anche per l'elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti
Nelle ultime settimane gli scontri in Ucraina orientale tra esercito ucraino e ribelli separatisti filo-russi si sono fatti più intensi: solo a dicembre sono rimasti uccisi 17 soldati ucraini e una quindicina di ribelli. Nonostante se ne parli poco, la guerra che si sta combattendo in Ucraina, iniziata quasi tre anni fa, non si è ancora conclusa. Dall’inizio del 2015 è in vigore una tregua, che fu accettata dalle parti durante i colloqui di pace che si tennero a Minsk, la capitale bielorussa, e che coinvolsero anche alcuni leader europei e la Russia. Da allora le violenze sono diminuite ma la guerra non si è mai fermata, e l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti potrebbe essere uno dei motivi della rinnovata intensità degli scontri delle ultime settimane.
I recenti scontri tra soldati ucraini e separatisti filo-russi sono cominciati nella zona di Donetsk, la più importante città ucraina finita sotto il controllo dei ribelli. Non è chiaro chi abbia preso l’iniziativa militare: l’esercito ucraino ha detto che i ribelli hanno attaccato Avdiivka, a circa 20 chilometri da Donetsk, usando razzi e colpi di artiglieria; i ribelli hanno accusato a loro volta l’esercito, e il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che i soldati ucraini hanno intrapreso delle “azioni aggressive” dopo avere tentato di riconquistare alcuni territori della regione di Donetsk. Martedì il dipartimento di Stato americano, che durante l’amministrazione Obama aveva fornito diversi aiuti militari e sostegno politico al governo ucraino, ha diffuso un comunicato chiedendo un’immediata fine degli scontri, senza però accusare nessuna delle due parti di avere preso l’iniziativa. Intanto stanno andando avanti le operazioni di evacuazione di Avdivka: molti civili stanno lasciando le loro case per spostarsi nelle città vicine ed evitare le violenze.
Uno dei pochi giornalisti occidentali che si occupano con continuità della guerra in Ucraina è Christopher Miller, ex giornalista del Kyiv Post e di Mashable. Due giorni fa Miller ha raccontato sul sito di Radio Free Europe un pezzo degli scontri degli ultimi giorni, dopo avere parlato con alcuni membri del 46esimo battaglione dell’esercito ucraino, impegnato nella guerra contro i ribelli separatisti. Il comandante Vyacheslav Vlasenko ha raccontato che la sua unità è riuscita a conquistare una piccola cittadina di 4mila abitanti in pieno giorno nascondendosi in alcuni camion simili a quelli usati nelle fattorie che allevano maiali: «Abbiamo usato camion civili e una sorta di “maskirovka”», cioè un inganno militare che di solito si basa su tattiche di guerra psicologica e d’informazione ma che include anche un tipo di guerra combattuta in maniera non convenzionale, camuffando l’identità dei soldati, come quella adottata dalla Russia durante l’invasione in Ucraina nel 2014 (invasione ammessa dallo stesso Putin diversi mesi dopo). L’episodio raccontato da Vlasenko è parte di quello che molti chiamano “guerra strisciante”, ha scritto Miller, con la quale l’esercito ucraino sta cercando di guadagnare qualcosa sul campo per anticipare l’eventualità di un avvicinamento tra Trump e il presidente russo Vladimir Putin, che potrebbe danneggiare il governo ucraino e cambiare le carte in tavola anche in Ucraina.
Negli ultimi mesi il governo ucraino ha espresso più volte la sua preoccupazione per l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Trump non ha mai nascosto la sua volontà di collaborare con la Russia, che è considerata dall’Ucraina un paese aggressore, e ha accennato alla possibilità di eliminare le sanzioni che la precedente amministrazione aveva imposto alla Russia per l’annessione della Crimea, avvenuta in maniera illegale. La scorsa settimana Trump ha preso tempo: ha detto che era ancora presto per parlare di un’eventuale sospensione delle sanzioni, ma ha aggiunto che la questione è sotto esame dalla sua amministrazione. Una decisione degli Stati Uniti in questo senso potrebbe avere delle conseguenze rilevanti per il governo ucraino: come hanno scritto Roman Olearchyk e Kathrin Hille sul Financial Times, potrebbe spingere anche l’Unione Europea a mettere in discussione le sue sanzioni alla Russia, come più volte richiesto da alcuni paesi tra cui Italia, Grecia, Bulgaria e Slovacchia.