Donald Tusk è preoccupato da Donald Trump
Il presidente del Consiglio Europeo dice che la nuova «amministrazione sembra mettere in discussione gli ultimi settant'anni di politica estera americana»
Martedì 31 gennaio il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk ha pubblicato la lettera di convocazione dell’incontro informale che si svolgerà tra i capi di governo dei 27 stati membri venerdì 3 febbraio a La Valletta, Malta. Nella lettera ci sono molti riferimenti all’immigrazione, che sarà uno degli argomenti all’ordine del giorno del summit, e anche al presidente degli Stati Uniti Donald Trump che il 27 gennaio ha firmato un ordine esecutivo per bloccare per 90 giorni gli ingressi di persone provenienti da sette paesi a maggioranza islamica.
Nella lettera, Tusk parla di tre minacce che l’Unione Europea si trova ad affrontare:
«La prima minaccia, di natura esterna, è connessa alla nuova situazione geopolitica nel mondo e intorno all’Europa. Una Cina sempre più, diciamo così, risoluta, specie sui mari, la politica aggressiva della Russia nei confronti dell’Ucraina e dei paesi limitrofi, le guerre, il terrore e l’anarchia in Medio Oriente e in Africa, dove l’Islam radicale svolge un ruolo importante, come pure le dichiarazioni preoccupanti della nuova amministrazione americana sono tutti elementi che riempiono il nostro futuro di incognite.
Per la prima volta nella nostra storia, in un mondo esterno sempre più multipolare, assistiamo a un numero crescente di persone che si dichiarano apertamente antieuropeiste o, nella migliore delle ipotesi, euroscettiche. In particolare, è il cambiamento verificatosi a Washington che pone l’Unione Europea in una situazione difficile, dato la nuova amministrazione sembra mettere in discussione gli ultimi settant’anni di politica estera americana».
La seconda minaccia è invece definita «interna». Tusk scrive dell’aumento «di sentimenti anti-UE, nazionalisti e sempre più xenofobi all’interno della stessa UE». La terza minaccia «è rappresentata dall’atteggiamento delle élite proeuropee che dimostrano, in modo sempre più manifesto, di nutrire minor fiducia nell’integrazione politica, di accettare passivamente le tesi populiste e di dubitare dei valori fondamentali della democrazia liberale».
A un certo punto, Tusk parla di “orgoglio europeo”:
«Mostriamo il nostro orgoglio europeo. Se fingiamo di non sentire le parole e di non fare caso alle decisioni dirette contro l’UE e il nostro futuro, i cittadini smetteranno di considerare l’Europa la propria patria allargata. E i nostri partner globali smetteranno di rispettarci, il che è altrettanto pericoloso. Oggettivamente non vi è alcun motivo per cui l’Europa e i suoi leader debbano assecondare le potenze esterne e i relativi governanti. So che in politica non è opportuno abusare del tema della dignità, in quanto spesso conduce a conflitti ed emozioni negative. Ma oggi dobbiamo difendere apertamente la nostra dignità, la dignità di un’Europa unita, indipendentemente da chi sia il nostro interlocutore: Russia, Cina, Stati Uniti o Turchia».
La lettera si conclude con un invito agli Stati Uniti:
«Dobbiamo ricordare ai nostri amici americani il loro stesso motto: United we stand, divided we fall (uniti si vince, divisi si perde)».