Il Parlamento britannico ha iniziato a discutere la legge per innescare Brexit
La proposta del governo dovrebbe passare senza problemi, anche perché i laburisti non si opporranno (ma litigano)
Aggiornamento delle 21.00 – I deputati della Camera dei Comuni del parlamento britannico stanno discutendo da circa 7 ore il disegno di legge che permetterà al governo di invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona per l’uscita dall’UE. Il clima generale, ha scritto il Guardian, è di poco entusiasmo e di preoccupazione. Anche chi ha parlato a favore di Brexit l’ha fatto senza trionfalismi e con toni di prudenza e umiltà. Nel suo intervento, il responsabile del governo per l’Uscita dall’Unione Europea, David Davis, ha chiarito che l’oggetto del dibattito «non è decidere se il Regno Unito debba lasciare o no l’Europa e come debba farlo (…) Si è raggiunto un punto di non ritorno. Una decisione è già stata presa, si tratta solo di renderla esecutiva». Davis non ha però chiarito se il governo farà delle concessioni ai deputati dell’opposizione, che hanno presentato 85 pagine di emendamenti al disegno di legge. Keir Starmer, segretario ombra dei Laburisti per Brexit, ha difeso la decisione del suo partito di votare a favore dell’invocazione dell’articolo 50. Diversi parlamentari laburisti hanno però già dichiarato che non rispetteranno queste indicazioni: il Guardian dice che i probabili ribelli potrebbero essere 25.
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Oggi la Camera dei Comuni del parlamento britannico ha cominciato a discutere la legge che permetterà al governo guidato da Theresa May di invocare l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, quello che prevede l’uscita di uno stato membro dall’Unione Europea. L’approvazione di una legge per uscire dall’UE era stata imposta da una sentenza della Corte Suprema del Regno Unito pronunciata lo scorso 24 gennaio: la Corte aveva stabilito che il governo britannico non poteva invocare l’articolo 50 senza l’autorizzazione del Parlamento, visto che il referendum su Brexit aveva solo un valore consultivo. Dopo il passaggio alla Camera dei Comuni, la legge dovrà essere approvata anche dalla Camera dei Lord e tutto il procedimento dovrà concludersi entro marzo 2017, il limite massimo entro il quale il Regno Unito potrà invocare l’articolo 50 e negoziare la sua uscita dall’Unione Europa con gli altri stati membri.
Rispetto a qualche settimana fa, sembra oggi meno probabile che i parlamentari che si oppongono all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea riescano a far approvare degli emendamenti sostanziali alla legge in discussione in parlamento. Il Guardian ha scritto che la legge dovrebbe passare alla Camera dei Comuni senza problemi, e per diverse ragioni. I parlamentari conservatori moderati, quelli che vorrebbero mantenere comunque rapporti stretti con l’UE, non sembrano più avere intenzione di sostenere gli emendamenti annunciati da alcuni parlamentari laburisti e dalle opposizioni; sembra che siano stati rassicurati dalle ultime dichiarazioni della prima ministra Theresa May e in particolare dalla sua promessa di pubblicare un documento (chiamato “white paper”) che indicherà il piano che il governo ha intenzione di perseguire durante i negoziati con l’Unione Europea. Gli ultimi sviluppi hanno costretto diversi parlamentari laburisti e liberaldemocratici a cambiare la loro strategia, non potendo più contare su un eventuale appoggio dei conservatori più scettici sull’approvazione di grossi emendamenti. Le opposizioni si stanno quindi concentrando sul fare pressioni al governo affinché faccia delle concessioni volontarie, per esempio mantenere costantemente aggiornato il parlamento sullo stato dell’arte dei negoziati con la UE.
La posizione più difficile è quella del Partito Laburista, che è molto diviso. Giovedì scorso Jeremy Corbyn, leader del Partito Laburista, aveva deciso per la “three line whip”: cioè aveva imposto ai parlamentari dei suo partito di non opporsi alla legge sull’invocazione dell’articolo 50. L’annuncio di Corbyn, tuttavia, aveva creato alcune discussioni e disaccordi, anche perché da tempo il segretario del Partito Laburista è accusato di essere sostanzialmente d’accordo con Brexit, e di non essersi opposto con forza durante la campagna prima del referendum. Dopo la decisione sulla “three line whip”, si sono dimessi dal governo ombra laburista sia Tulip Siddiq, che in una lettera a Corbyn aveva scritto «sento che il ruolo dal quale posso contrastare più efficacemente la “Hard Brexit” di Theresa May è quello di deputato senza incarichi di governo», sia Jo Stevens, segretario di stato ombra per il Galles, che aveva detto di credere che lasciare l’Unione Europea fosse un «terribile errore». Corbyn, che ha detto che sosterrà la legge anche in assenza di sostanziali emendamenti, potrebbe costringere altri ministri ombra a lasciare il loro incarico nel caso in cui votassero contro la decisione del partito e si opponessero alla legge sull’invocazione dell’articolo 50.
Il piano del governo britannico su Brexit era stato in parte presentato da Theresa May lo scorso 17 gennaio a Londra, anche se non aveva chiarito tutti i dubbi su come intenderà muoversi il Regno Unito durante i negoziati con l’Unione Europea. In quell’occasione May aveva detto che il Regno Unito non cercherà di restare nel mercato unico europeo, la cui permanenza richiederebbe al paese di accettare altre condizioni sulla libera circolazione delle persone, come specificato più volte dalle autorità europee. L’obiettivo del governo del Regno Unito sarà recuperare il controllo dei suoi confini, non essere più soggetto alle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione Europea e modificare la gestione della circolazione delle merci. Secondo quanto previsto dall’articolo 50 del Trattato di Lisbona del 2009, il Regno Unito deve comunicare formalmente al Consiglio europeo la sua intenzione di lasciare la UE, facendo appello alla procedura di recesso. A seguito della notifica presentata dal Regno Unito e alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio europeo, inizierà una serie di negoziazioni tra le due parti per definire le modalità del recesso. L’articolo 50 prevede che le trattative si concludano entro due anni: se questo non succede, l’appartenenza dello Stato membro alla UE decade automaticamente, a meno che il Consiglio europeo e gli altri Stati membri non decidano insieme di estendere il periodo delle negoziazioni.