Stavolta il Sei Nazioni sarà diverso?
Domenica l'Italia di rugby giocherà la sua prima partita del Sei Nazioni 2017, con una buona squadra e fra la curiosità di molti
Se non è l’anno della Coppa del Mondo, una nazionale di rugby come quella dell’Italia gioca più o meno una decina di partite a stagione, fra amichevoli e incontri ufficiali. Anche per questo il Sei Nazioni, oltre a essere uno dei tornei più prestigiosi al mondo e l’unico vero impegno ufficiale dell’anno per l’Italia, ha un valore così grande per tutti quelli che seguono e frequentano il rugby: è il periodo dell’anno in cui si può capire che aria tira per il rugby italiano e quanti progressi sono stati fatti dalla precedente edizione. Ed è anche l’occasione, trattandosi di rugby, di godersi uno sport diverso da quelli che siamo abituati a vedere più frequentemente: le partite si guardano in modo differente, le sconfitte e le vittorie hanno anche altri significati e la pazienza è molto importante, perché le squadre migliorano solo col tempo e non si vince per fortuna o senza aver giocato meglio degli avversari. Nel caso dell’Italia ce ne vuole ancora più di pazienza, perché qui si gioca a rugby da meno tempo rispetto alle altre cinque nazioni e nel corso degli ultimi anni sono stati fatti probabilmente alcuni errori che hanno frenato lo sviluppo dello sport a livello nazionale.
Il Sei Nazioni di quest’anno inizierà ufficialmente sabato 4 febbraio, e domenica l’Italia giocherà la sua prima partita del torneo contro il Galles allo Stadio Olimpico di Roma. Il Sei Nazioni durerà più di un mese e si concluderà domenica 18 marzo: qui c’è il calendario completo. Rispetto all’ultima edizione, quest’anno l’Italia inizierà il torneo in una situazione molto diversa; in generale attorno alla squadra circolano curiosità e un certo ottimismo. C’è un nuovo allenatore e la squadra è quasi al completo: le altre nazionali però sono migliorate ancora.
L’Italia un anno dopo
L’anno scorso per l’Italia fu probabilmente il peggior Sei Nazioni di sempre: ci arrivò male, con molti infortunati, alcuni giocatori a fine carriera, altri fuori forma e molti esordienti, e anche quelli bravi non poterono fare granché in quelle condizioni. Giocatori fondamentali come Andrea Masi, Simone Favaro, Joshua Furno, Tommaso Allan, Luca Morisi e Andrea Manici vennero lasciati fuori perché infortunati o non utilizzati abbastanza nei propri club (scelta che allora fu molto contestata). Inoltre l’allenatore Jacques Brunel era già sicuro di lasciare l’incarico in estate. Solo nel primo incontro, a Parigi con la Francia, l’Italia era stata all’altezza degli avversari per tutta la partita, cosa che nascose i tanti problemi che vennero fuori tutti nelle partite successive, tutte perse.
Da allora sono cambiate molte cose. L’allenatore ora è l’irlandese Conor O’Shea. Poi non ci sono più gli esperti Marco Bortolami e Andrea Masi, che si sono ritirati dopo aver messo insieme più di duecento presenze con la nazionale, e O’Shea ha portato molti giocatori nuovi e sperimentato inoltre nuove posizioni in campo per alcuni di loro. Contro gli All Blacks, nel primo test-match d’autunno, ha esordito come titolare Giorgio Bronzini, che appena cinque mesi prima giocava in Eccellenza con Rovigo. Contro la Nuova Zelanda ha giocato titolare anche Maxime Mbandà, terza linea delle Zebre che ha esordito con l’Italia in estate. Le altre novità hanno riguardato i ruoli: in seconda linea hanno giocato per la prima volta insieme Andries Van Schalkwyk e Marco Fuser mente Luke McLean, uno dei giocatori più esperti dell’Italia, ha esordito nel ruolo di primo centro insieme al compagno di squadra alla Benetton Tommaso Benvenuti. Hanno giocato titolari, inoltre, anche i tre giocatori più esperti della rosa, ossia Sergio Parisse, Tommaso Ghiraldini e Lorenzo Cittadini. Dopo alcuni problemi fisici è tornato stabilmente nel giro della nazionale anche Simone Favaro, uno dei rugbisti italiani più forti in circolazione, e probabilmente il giocatore che più entusiasma a vederlo giocare.
Che cosa aspettarsi da questo Sei Nazioni
Avere una “base” più ampia è uno degli obiettivi principali di O’Shea. Nel rugby le partite sono molto dispendiose e gli infortuni frequenti, per questo una squadra che vuole essere competitiva dovrebbe trovarsi nelle condizioni di schierare anche due formazioni completamente differenti, ma di livello simile. Finora questo non è mai stato possibile all’Italia, e gli anni in cui il Sei Nazioni è andato particolarmente bene sono quasi sempre coincisi con l’assenza di infortuni. Non sarà così nemmeno quest’anno, ma ci si sta provando: e di infortunati, per ora, non ce ne sono molti. Come ha detto recentemente il capitano Sergio Parisse, l’ambiente della nazionale è molto più sereno e ambizioso rispetto ai tempi di Brunel. O’Shea, inoltre, ha portato con sé alcuni dei migliori preparatori in circolazione, come Brendan Venter, rispettato allenatore sudafricano, che si occuperà di allenare la difesa della nazionale fino al 2019.
Storicamente, l’andamento dell’Italia nel Sei Nazioni dipende molto dal calendario. Con la Francia, per esempio, ci sono più probabilità di vincere, o almeno di giocarsela alla pari, se ci si gioca contro in casa. Lo stesso vale per il Galles: al Millenium Stadium di Cardiff è molto difficile giocare. Quest’anno si può dire che l’Italia abbia un calendario favorevole, e le partite più alla sua portata le giocherà in casa. Domenica giocherà in casa la prima contro il Galles, che non è il miglior Galles degli ultimi tempi, e la settimana successiva ospiterà all’Olimpico l’Irlanda, contro cui le probabilità di vittoria sono molto basse. Il 26 febbraio andrà a giocare Twickenham contro l’Inghilterra più forte degli ultimi anni, che nel 2016 non ha mai perso e viene da 14 vittorie consecutive. Le probabilità di vittoria si alzeranno nelle ultime partite: la penultima in casa contro la Francia e l’ultima a Murrayfield contro la Scozia, che però non è più la squadra contro cui l’Italia era abituata a vincere spesso.
Riassumendo, un buon risultato per l’Italia sarebbe vincere una partita, più probabile contro una fra Francia, Galles e Scozia, e giocare bene le altre, anche le più difficili, senza commettere errori grossolani e prestando attenzione ad alcuni precisi aspetti del gioco, a partire dalla difesa fino alla costanza nelle prestazioni. Un risultato oltremodo soddisfacente invece sarebbe ottenere due vittorie e nessuna sconfitta “pesante”. Intervistato pochi giorni fa, O’Shea ha detto: “Come gruppo dobbiamo pensare al breve, medio e lungo termine. Essere competitivi al Sei Nazioni è il primo, diventare la squadra che nessuno vuole affrontare ai prossimi Mondiali deve essere il secondo, contribuire ai cambiamenti per dare un grande futuro ai nostri giovani è il terzo ed il più importante”.
I motivi per cui essere ottimisti
Abbiamo una buona squadra, praticamente tutti i migliori giocatori sono disponibili e alcuni di loro in questa stagione stanno confermando il loro valore anche all’estero. Altri invece si trovano in un periodo particolarmente positivo.
Sergio Parisse, il capitano, nonostante si stia avvicinando alla fase conclusiva della sua carriera è ancora considerato uno dei migliori giocatori d’Europa, e per l’Italia al Sei Nazioni sarà come avere in campo un fuoriclasse. In questo Sei Nazioni inoltre diventerà il giocatore europeo ad aver giocato di più con la propria nazionale. L’altro giocatore di cui si può stare tranquilli è Leonardo Ghiraldini, tallonatore, che negli ultimi tre anni ha giocato con due delle squadre più forti d’Europa, i Leicester Tigers e il Tolosa. Simone Favaro invece non è fra i giocatori più esperti, ma a 28 anni si trova in un buon momento della sua carriera. Gioca con i Glasgow Warriors, che nel 2016 hanno disputato una delle loro migliori stagioni. Favaro è uno dei migliori placcatori d’Europa ed è stato inserito nella lista dei convocati dell’Italia per le prime due partite: per un infortunio alla spalla però ha saltato le ultime quattro settimane di attività, ma potrebbe tornare in forma a torneo in corso. Recentemente è tornato a giocare anche il pilone del Leicester Michele Rizzo, non convocato da O’Shea per le prime due partite, anche se potrebbe tornare utile per gli ultimi incontri del torneo.
Un giocatore che potrebbe sorprendere nel Sei Nazioni di quest’anno è Michele Campagnaro, trequarti 23enne che gioca in Inghilterra con gli Exeter Chiefs. Nelle ultime due partite disputate con la sua squadra ha segnato cinque mete (due contro l’Ulster e tre contro i London Wasps) ed è stato il migliore in campo. Alla luce di questo O’Shea potrebbe decidere di sfruttare al massimo la sua buona condizione.
I motivi per cui essere pessimisti
Le altre nazionali sono tutte migliorate molto negli ultimi tempi. L’Inghilterra viene da un’annata pressoché perfetta e non perde da 14 gare; a novembre l’Irlanda è riuscita a battere gli All Blacks e sta beneficiando degli ottimi risultati delle sue squadre di club in Europa; dalla Francia quest’anno ci si aspetta molto. La Scozia – e questa è la vera brutta notizia per l’Italia – è migliorata moltissimo negli ultimi due anni, conseguenza degli ottimi risultati che i club scozzesi stanno ottenendo in questa stagione. La nazionale scozzese è da sempre l’avversaria meno difficile da battere, ma già l’anno scorso vinse 36 a 20 all’Olimpico di Roma.