La Russia sta per depenalizzare la violenza domestica
La camera bassa ha approvato a larghissima maggioranza una legge per alleviare le pene su alcuni abusi commessi in famiglia
La camera bassa del parlamento russo (la Duma) ha approvato in terza e ultima lettura un disegno di legge per depenalizzare alcune forme di violenza domestica, “declassando” da penali ad amministrativi i reati che riguardano le violenze commesse in famiglia e che causano lesioni considerate non gravi: nella logica della legge si tratta di quelle lesioni che non necessitino di cure ospedaliere o che non costringano la persona che le ha subite a chiedere un congedo dal lavoro.
La proposta era stata approvata in prima lettura mercoledì 11 gennaio con 368 voti favorevoli: un solo deputato aveva votato contro e un altro si era astenuto. Mercoledì 25 gennaio c’era stata la seconda lettura, sempre favorevole, con 385 sì, due no e un astenuto. Oggi, venerdì 27 gennaio, il testo è stato approvato in terza lettura: 380 deputati hanno votato a favore e tre hanno votato contro. Prima di diventare definitivamente legge la proposta dovrà passare alla Camera alta e poi essere sottoscritta dal presidente Vladimir Putin, ma l’esito favorevole di questi passaggi è dato per scontato.
La legge modifica l’articolo 116 del codice penale russo e vale per il rapporto di entrambi i genitori nei confronti dei figli, e per il rapporto tra coniugi. Secondo la bozza, l’unica aggravante per la violenza domestica sarebbe la recidiva commessa entro un anno dal primo reato: la prima volta che una persona dovesse essere riconosciuta colpevole di un abuso domestico che non causa lesioni considerate gravi non verrebbe dunque condannata in base al codice penale, ma dovrebbe semplicemente pagare una multa o prestare un servizio socialmente utile. Nel caso in cui la violenza in famiglia dovesse ripetersi entro un anno dal primo episodio, allora diventerebbe reato penale.
La proposta è stata fatta, tra gli altri, dalla parlamentare Yelena Mizulin, estremamente conservatrice e già sostenitrice della legge contro i gay approvata nel 2013. Mizulin – che promuoveva la proposta dallo scorso luglio – ha detto che le persone non dovrebbero essere messe in prigione e considerate delle criminali «per uno schiaffo» (da qui la definizione della sua proposta come “legge sugli schiaffi”). Durante il dibattito parlamentare i sostenitori della proposta hanno dichiarato che le attuali leggi sono «contro la famiglia» e che le pene non dovrebbero essere in contraddizione con il sistema di valori della società: in Russia, ha detto Mizulin, «nella cultura tradizionale le relazioni padre-figlio sono costruite sull’autorità dei genitori. Le leggi dovrebbero sostenere queste tradizioni familiari».
Il presidente della Duma, Vyacheslav Volodin, considerato molto vicino a Vladimir Putin, aveva detto che l’iter legislativo avrebbe tenuto in considerazione l’opinione pubblica spiegando poi ai giornalisti che i sondaggi avevano dimostrato come il 59 per cento degli intervistati sostenesse la proposta. Olga Batalina, un’altra sostenitrice della legge, ha poi detto che «un numero significativo di intervistati ha detto che il provvedimento avrebbe portato a una riduzione del numero di aggressioni in famiglia».
Dopo l’approvazione in prima lettura c’erano state molte proteste di attivisti e femministe. La settimana scorsa Amnesty International aveva lanciato un appello al parlamento russo perché non facesse passare il disegno di legge, che l’organizzazione aveva condannato come un «tentativo nauseante di banalizzare la violenza domestica». Sempre la settimana scorsa le autorità cittadine di Mosca avevano negato il permesso per una manifestazione che aveva come slogan «Stop alla violenza domestica: i mostri dovrebbero andare in prigione».
I dati ufficiali sulla violenza domestica in Russia sono molto limitati e basati su stime condotte a livello regionale e non centrale: non ci sono dunque dati recenti e affidabili sul numero di donne uccise in contesti di violenza domestica. Diversi giornali parlano di 14.000 donne uccise ogni anno, ma il dato è probabilmente molto vecchio e di provenienza non certa (lo cita anche un documento dell’ONU del 1999, senza indicarne la provenienza). Uno studio più recente condotto nel 2003 dalla ONG russa Moscow Helsinki Group parla di 9.000 donne uccise ogni anno, ma anche in questo caso il numero è da prendere con le molle per la difficoltà di raccogliere dati certi. Secondo le statistiche di un centro di aiuto per le donne, il 40 per cento dei reati gravi commessi in Russia avviene in famiglia: ma tra il 60 e il 70 per cento delle vittime non cerca aiuto, e il 97 per cento dei casi di violenza domestica non arriva a processo. Nel 2015 le Nazioni Unite avevano raccomandato al governo russo di affrontare questo fenomeno così vasto con l’introduzione di una legge a difesa delle donne e con l’apertura di rifugi e centri di supporto.