Cosa sappiamo dell’indagine su Virginia Raggi, in ordine
Cos'è un "invito a comparire"? Di che reati è accusata? Cosa succederà adesso?
Il 24 gennaio la sindaca di Roma Virginia Raggi ha fatto sapere di aver ricevuto un “invito a comparire” da parte della Procura di Roma. Da due giorni i giornali scrivono che Raggi è indagata, nonostante la stessa sindaca e i leader del Movimento 5 Stelle non stiano usando questa espressione. E dunque: è indagata o no? E a che punto sono le indagini?
Invito a comparire
L’invito a comparire – che secondo il codice di procedura penale si differenzia dal cosiddetto “avviso di garanzia” – è regolato dall’articolo 375 che dice che con questo dispositivo «il pubblico ministero invita la persona sottoposta alle indagini a presentarsi quando deve procedere ad atti che ne richiedono la presenza». L’avviso di garanzia è un atto che si può rivolgere sia alla persona indagata sia alla persona offesa e per cui è prevista la presenza di un avvocato difensore. L’invito a comparire si manda solo quando è necessario compiere un atto per cui è indispensabile la presenza della persona che, stando al codice di procedura penale, è “sottoposta a indagini” e dunque indagata. Tecnicamente l’invito a comparire si rivolge dunque a una persona che è indagata.
Il capogruppo del M5S al comune di Roma, Paolo Ferrara, commentando l’invito a comparire a Raggi ha invece dichiarato: «Non c’è nessun dubbio in merito alla sindaca. (…) Non mi risulta sia indagata».
Di che cosa stiamo parlando
L’invito a comparire riguarda l’inchiesta relativa alle modalità della nomina di Renato Marra – che era vicecapo della polizia Municipale – a capo del dipartimento Turismo del comune di Roma. Renato Marra è fratello dell’ex capo del personale del Comune Raffaele Marra, arrestato con l’accusa di corruzione lo scorso dicembre per questioni che, finora, non riguardano l’attuale giunta.
Le ipotesi di reato contestate a Raggi sarebbero due, secondo quando scrivono i giornali: abuso di ufficio e falso in atto pubblico. Secondo l’accusa Raggi non avrebbe fatto una comparazione dei curriculum e non avrebbe impedito a Raffaele Marra, a quel tempo capo dell’ufficio personale, di intervenire nella nomina del fratello. Inoltre la sindaca avrebbe mentito nel dichiarare alla responsabile anti-corruzione del comune, Mariarosa Turchi, di aver agito in autonomia.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) si era già occupata di questo caso e aveva giudicato “configurabile” il “conflitto di interessi” sia nel caso in cui Raffaele Marra avesse svolto un solo ruolo formale nella procedura, sia nell’eventualità di una sua partecipazione diretta nella valutazione e nella decisione. Dopo l’intervento dell’ANAC Raggi aveva annullato l’incarico. Con la promozione da vicecapo della Municipale a capo del dipartimento Turismo Renato Marra aveva avuto un aumento di stipendio pari a 20 mila euro.
I giornali ipotizzano che al centro delle indagini del pubblico ministero ci siano gli atti firmati dalla stessa Raggi e le conversazioni via Telegram con Raffaele Marra, fratello di Renato, acquisite dalla Procura di Roma dopo il sequestro del cellulare di Raffaele Marra. Al gruppo Telegram al quale si fa riferimento partecipavano Marra, Raggi, l’ex capo della segreteria della sindaca Salvatore Romeo e l’ex vicesindaco Daniele Frongia. Il nome della chat sarebbe stato “Quattro amici al bar”.
Secondo il Fatto Quotidiano in uno di questi scambi «Raggi chiedeva notizie sullo stipendio che Renato avrebbe percepito da capo dipartimento: sarebbe la prova che l’ex capo del personale gestì la nomina in conflitto di interessi». E ancora: «In un altro scambio di messaggi, anche questo acquisito dalla procura, Raggi si lamenta con Marra per l’aumento di stipendio garantito al fratello in seguito alla promozione. “Perché se c’era un aumento di stipendio tu non me lo hai detto?”, chiede la sindaca al suo fidatissimo capo del personale. Uno scambio che, a detta degli inquirenti, smentisce il fatto che la sindaca possa aver deciso da sola».
E ora?
Scrive ANSA: «La sindaca verrà sentita il prossimo 30 gennaio. In base a quanto si apprende da fonti giudiziarie l’iscrizione nel registro degli indagati è avvenuta dopo Natale sulla base della relazione dell’ANAC sulla nomina di Renato Marra inviata in Procura il 21 dicembre». Repubblica dice in modo più generico che l’interrogatorio sarà “la prossima settimana”. Attraverso il suo difensore, Virginia Raggi ha detto di essere «pronta a chiarire ogni passaggio».
Fiorenza Sarzanini sul Corriere di oggi dice che «dopo l’interrogatorio, i pm potrebbero chiedere il giudizio immediato, ritenendo evidenti le prove». Circolano anche diverse ipotesi su cosa potrebbe decidere Raggi: le principali sono due. In base alla prima potrebbe riconoscere di aver mentito dichiarando all’autorità anticorruzione di aver fatto tutto da sola, e potrebbe patteggiare per il solo reato di falso concordando una pena inferiore a due anni. Oppure potrebbe decidere di andare a processo per entrambe le accuse (falso e abuso di ufficio) rischiando di essere condannata a una pena che probabilmente supererebbe i due anni.
La durata della condanna è fondamentale: la legge Severino, all’articolo 11 sulla “sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizione di incandidabilità”, impone la sospensione di un sindaco se c’è una condanna, anche in primo grado, che superi la pena di 2 anni. Questo non vale però per l’abuso di ufficio, per il quale la sospensione è automatica indipendentemente dai limiti temporali della condanna stessa.
Tutto quello detto finora vale dal punto di vista giudiziario, poi c’è la questione politica. Scrive Carlo Bonini su Repubblica di oggi: «Entrambe le strade comportano evidentemente un prezzo politico. In un caso, avere una sindaca che ammette di essere una bugiarda e ne paga penalmente il conto. Nell’altro, lasciare che si difenda sapendo perfettamente che la fine è nota (condanna e sospensione), ma scommettendo che i tempi della giustizia consentiranno di scavallare l’eventuale appuntamento elettorale anticipato. La scelta tra l’una e l’altra strada dovrà misurarsi con il grado di autonomia (al momento ignota) della Raggi rispetto alle decisioni e agli umori del vertice del Movimento».