È iniziata una strana conferenza di pace sulla Siria
È stata organizzata da Russia e Turchia, invece che dall'ONU: è la prima volta in sei anni che governo e ribelli trattano, ma non si sa cosa ne uscirà
Da lunedì è in corso ad Astana, la capitale del Kazakistan, una nuova conferenza di pace sulla guerra in Siria, che è iniziata nel 2011. Nel corso degli anni ci sono stati diversi tentativi per risolvere il conflitto fra il regime di Bashar al Assad e le varie forze ribelli che lo combattono, tutti falliti. La conferenza di Astana però ha alcune peculiarità che la rendono diversa dai negoziati precedenti.
Prima di tutto è stata organizzata “privatamente”, cioè senza l’appoggio esplicito dell’ONU, da Russia e Turchia, due paesi che dall’inizio della guerra appoggiano fazioni opposte – la Russia il regime di Assad, la Turchia i ribelli – ma che si sono progressivamente avvicinati; inoltre è la prima volta da quasi sei anni che governo e ribelli partecipano insieme a un negoziato, anche se stanno trattando indirettamente (in pratica, rimangono in due stanze diverse e parlano attraverso intermediari). Nei precedenti negoziati, inoltre, l’opposizione al regime di Assad era stata rappresentata da leader politici ed ex funzionari governativi, e mai dai ribelli che stanno materialmente combattendo il regime. Nonostante queste premesse apparentemente incoraggianti, il primo giorno di trattative non ha portato a molto: dopo uno scambio iniziale molto agitato ci si è concentrati sull’obiettivo minimo della conferenza, cioè la prosecuzione del cessate il fuoco in vigore da dicembre – ripetutamente violato in alcune zone della Siria da parte di alcuni gruppi – ma finora non è stato annunciato nessun accordo. La conferenza si concluderà oggi, martedì 24 gennaio: la Russia spera di ottenere almeno nuove garanzie sul cessate il fuoco, ma al momento non è chiaro cosa uscirà dai negoziati.
Alla conferenza sono stati invitati per il governo siriano una serie di funzionari militari e governativi che fanno capo a Bashar Jaafari, l’ambasciatore della Siria all’ONU, mentre per i ribelli sono state invitate varie fazioni di ribelli moderati tranne quelle vicine allo Stato Islamico e al Jabhat Fateh al Sham (prima conosciuta come Jabhat al Nusra, la divisione siriana di al Qaida), cioè gli stessi gruppi che non stanno rispettando il cessate il fuoco di dicembre. Non è stato invitato nemmeno il Syrian Democratic Council, cioè il gruppo di ribelli appoggiato dagli Stati Uniti, probabilmente perché composto in larga parte da soldati curdi.
Gli Stati Uniti hanno deciso di assumere un ruolo marginale, forse anche per via della transizione politica in corso fra Barack Obama e il nuovo presidente Donald Trump: non hanno inviato una delegazione e sono rappresentati solamente dal loro ambasciatore in Kazakistan. L’inviato dell’ONU in Siria, Staffan de Mistura, aveva inizialmente limitato il suo ruolo a quello di osservatore, ma ha accettato all’ultimo momento di fare da mediatore.
La diffidenza di Stati Uniti e ONU si deve probabilmente al fatto che la convergenza fra Russia e Turchia è causata da obiettivi che vanno nella direzione opposta a quelli perseguiti fino a pochi mesi fa dalla comunità internazionale, cioè sostanzialmente la caduta del regime di Assad e una forma di riconoscimento politico per le varie fazioni di ribelli moderati coinvolti nel conflitto. La Russia è entrata in guerra per difendere il regime di Assad, con cui è legata da storici rapporti diplomatici e commerciali, mentre la Turchia si è probabilmente decisa ad avvicinarsi alla Russia quando ha ritenuto che i ribelli curdi siriani appoggiati dagli Stati Uniti che stavano combattendo l’ISIS stessero guadagnando troppo terreno. In tutto questo lo Stato Islamico, nonostante stesse perdendo territori sia in Siria sia in Iraq, è riuscito ad attirare le attenzioni degli stati occidentali per via degli attentati in Europa o negli Stati Uniti, organizzati o anche solo ispirati da loro. Per tutte queste ragioni, da qualche mese a questa parte diversi stati occidentali hanno iniziato ad accettare l’idea che Assad – che grazie al sostegno russo si trova in una posizione migliore rispetto anche solo a un anno fa – possa mantenere un ruolo anche dopo la fine della guerra: cosa che però ancora oggi viene formalmente esclusa dagli Stati Uniti e da buona parte della comunità internazionale.
Non sembra esserci chiarezza nemmeno fra i partecipanti all’incontro: secondo il Wall Street Journal, in un primo momento Turchia e Russia hanno insistito sul fatto che la conferenza avrebbe potuto stabilire una base comune per un futuro accordo di pace – assieme ad Assad, ovviamente – ma di recente hanno abbassato le loro aspettative. Le fazioni dei ribelli sono interessate innanzitutto al rispetto del cessate il fuoco da parte del regime di Assad, che spesso utilizza gli attacchi dei ribelli più radicali per accusare tutta l’opposizione siriana e giustificare nuove violenze. De Mistura spera che questi negoziati possano porre le basi per trovare accordi più incisivi nella nuova conferenza di pace indetta dall’ONU per febbraio: ma, probabilmente, sa bene che in caso di successo Russia e Turchia cercheranno di consolidare il loro ruolo di mediatori, magari organizzando altre conferenze di questo genere, rendendo sempre più marginale il ruolo dell’ONU.
Durante il primo giro di incontri, intanto, non sono stati fatti dei significativi passi avanti, come ha raccontato il New York Times:
Nel suo discorso iniziale, il rappresentante dei ribelli Mohammad al Alloush – capo di un gruppo islamista moderato – ha descritto il governo siriano come “un regime dispotico e sanguinario”, appoggiato da “milizie settarie e vendicative”, e ha chiesto il rilascio di 13mila donne che secondo lui sono state catturate come prigioniere politiche, oltre che la fine degli assedi militari alle città. La dichiarazione di al Alloush ha provocato una reazione scomposta, tanto che i funzionari kazaki hanno dovuto richiamare alla calma, hanno riferito alcuni partecipanti. Parlando coi giornalisti dopo la sessione iniziale, al Jaafari ha reagito definendo la delegazione dei ribelli dei “gruppi terroristi armati” e accusandoli di aver tenuto un comportamento “impertinente” e “provocatorio”.
I negoziati sono comunque proseguiti, e il Guardian ha scritto che sta già circolando una bozza di dichiarazione congiunta che formalmente impegna le due fazioni a mantenere il cessate il fuoco, e a proseguire le trattative alla conferenza ONU di febbraio. Sembra però che al momento l’ostacolo più rilevante sia la creazione di una commissione speciale che dovrebbe controllare il rispetto del cessate il fuoco. La commissione dovrebbe essere composta da Russia, Turchia e Iran: il problema è che l’Iran finanzia e sostiene le milizie sciite di Hezbollah, che ormai da diversi anni combattono dalla parte di Assad. I ribelli quindi ritengono che l’Iran non dovrebbe sovrintendere una commissione di questo tipo. Dalla conferenza verrà comunque fuori una dichiarazione di qualche tipo: stamattina lo ha detto lo stesso de Mistura parlando con alcuni giornalisti, fra cui Dylan Collins di al Jazeera.
De Mistura tells press that delegations are working to come out with a final declaration on the ceasefire by the end of the day #AstanaTalks
— Dylan Collins (@collinsdyl) January 24, 2017