Chi ha vinto le primarie della sinistra francese
Benoît Hamon, un politico molto di sinistra, ha preso più voti di tutti al primo turno e si giocherà il ballottaggio con l'ex primo ministro Manuel Valls
Benoît Hamon ha vinto il primo turno delle primarie della sinistra francese: Hamon era uno dei candidati più di sinistra in corsa, sostenitore tra le altre cose del reddito di cittadinanza e della legalizzazione della marijuana, considerato da alcuni l’equivalente francese di Bernie Sanders e Jeremy Corbyn. Hamon ha preso circa il 36 per cento dei voti e andrà al secondo turno con Manuel Valls, primo ministro della Francia fino a qualche settimana fa, rappresentante dell’ala più moderata del partito, che ha preso il 31 per cento dei voti: è stato scrutinato circa l’80 per cento delle schede. Le primarie servono a scegliere il candidato alle elezioni presidenziali del prossimo 23 aprile. Il ballottaggio si svolgerà domenica prossima, il 29 gennaio.
Alle primarie hanno partecipato altri cinque candidati, oltre a Hamon e Valls: Arnaud Montebourg, ex ministro dell’Economia che dopo la crisi di governo del 2014 era stato sostituito, è arrivato terzo con circa il 17,5 per cento dei voti. Gli altri quattro candidati hanno ottenuto meno del 15 per cento delle preferenze: 6,8 per cento dei voti per Vincent Peillon, ex ministro della Pubblica Istruzione; 3,8 per cento François de Rugy, vice presidente dell’Assemblea nazionale e presidente di un piccolo partito ecologista; 1,97 per cento per Sylvia Pinel, unica donna candidata, ex ministra nei governi Ayrault e Valls tra il 2012 e il 2016 e presidente del Parti radical de gauche; 1 per cento per Jean-Luc Bennahmias, l’Union des démocrates et des écologistes.
Il candidato arrivato terzo, Arnaud Montebourg, ha invitato a votare per Hamon al ballottaggio. Sylvia Pinel ha dato invece il proprio sostegno a Valls. Vincent Peillon ha lanciato un appello agli elettori e alle elettrici di sinistra per andare a votare al secondo turno, ma non ha espresso alcuna preferenza sui candidati che vi parteciperanno. François de Rugy al momento non ha deciso chi scegliere tra Benoît Hamon e Manuel Valls dicendo che spera di incontrare entrambi per prendere una decisione.
Hamon, che ha 49 anni ed è stato ministro dell’Istruzione nel primo e brevissimo governo Valls nel 2014, ha detto che la sua vittoria è «un chiaro messaggio di speranza e rinnovamento» e la fine di un approccio della sinistra che non ha funzionato; Manuel Valls, invece, ha subito cominciato a presentarsi come l’unico candidato serio in grado di vincere alle presidenziali, descrivendo Hamon come un idealista senza vere possibilità di vittoria: «Ora c’è una chiara scelta tra la sconfitta certa e la possibilità di vittoria, tra le promesse impossibili e una sinistra credibile che vuole prendersi delle responsabilità». Le Monde scrive che la qualificazione di Valls al secondo turno (lui, che era dato invece come il candidato favorito) «ha un sapore amaro»: la sua strategia da qui al ballottaggio sarà dunque quella di attaccare frontalmente Hamon. Hamon e Valls non potrebbero essere comunque due candidati più lontani: molto di sinistra Hamon, di “destra” all’interno del Partito Socialista Valls.
Al primo turno delle primarie della sinistra, secondo i dati del comitato che organizzava le primarie stesse, hanno votato circa 1 milione e mezzo di persone: si tratta di una cifra al di sotto di quella che il Partito Socialista aveva annunciato prima del voto per dirsi soddisfatto e inferiore al dato del 2011 quando al primo turno parteciparono 2,6 milioni di persone. Questi dati rafforzano le preoccupazioni sulle reali possibilità di vittoria di un candidato socialista. La sinistra francese è da tempo in crisi e i sondaggi dicono che c’è un’alta probabilità che il candidato socialista non arrivi al ballottaggio delle presidenziali: il fatto che da queste votazioni potrebbe dunque non uscire il futuro presidente della Repubblica non ha contribuito né a renderle interessanti né a favorire la partecipazione.
Il tema principale della campagna elettorale di Benoît Hamon è stato il “reddito universale”, quello che da noi viene chiamato reddito di cittadinanza, cioè un reddito base mensile per tutti o per certe categorie di persone, indipendentemente dal fatto che abbiano un lavoro o meno. Quello proposto da Hamon – un politico cresciuto dentro al Partito Socialista dopo diversi anni da leader dei movimenti studenteschi francesi – in realtà non è un vero e proprio “reddito universale” per tutti i francesi, almeno all’inizio. Il candidato ha parlato per il 2018 di una Revenu de Solidarité Active (RSA) rinnovata. La RSA è un tipo di aiuto dato dallo stato francese che serve a completare uno stipendio troppo basso per certe categorie di cittadini in difficoltà e a incoraggiare l’attività professionale.
(Chi è e cosa pensa Benoît Hamon)
Tra gli altri temi principali della campagna di Benoît Hamon – che negli ultimi anni è stato parlamentare europeo e portavoce del Partito Socialista, prima della breve partecipazione al primo governo Valls dal quale fu cacciato per dissensi politici – ci sono una serie di riforme istituzionali e diversi interventi per l’ambiente. Sui temi sociali può essere considerato il candidato più di sinistra: è favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia attiva, alla procreazione medicalmente assistita per donne single e coppie omosessuali e alla legalizzazione della cannabis. In temi economici ha parlato di rottura rispetto al precedente governo di Hollande e Valls: vorrebbe per esempio abrogare la legge del lavoro, una delle riforme più contestate degli ultimi anni.